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Alessandro Siani a Palermo e a Catania con "Extra libertà tour" tra pandemie, guerre e schiavitù del cellulare

L'attore e regista sarà al cinema il 1° gennaio con il film “Succede anche nelle migliori famiglie” girato in Sicilia. Il 20 a Ragusa firma la regia di “Mare fuori musical”

Ombretta Grasso

16 Novembre 2023, 12:20

siani

Alessandro Siani è  il re della risata all’italiana colorata di commedia romantica. Lo sfigato un po’ guascone ma sempre buonista che conquista il grande pubblico. E’ il povero che diventa principe,  il manager che salva la parrocchia, il fannullone trasformato per equivoco nel mental coach di una  campionessa, perfino il teatrante che eredita un bambino con i superpoteri.

Ora, il re delle favole a lieto fine, protagonista del cinema per famiglie, fa un tuffo nella realtà,  cerca risate più amare, sbatte contro la crisi, inciampa in errori che ti cambiano la vita. Dal film “Tramite amicizia” dello scorso febbraio fino al carcere minorile di “Mare fuori” in musical, all’esordio a dicembre.

Siani - sorriso da scugnizzo e battuta fulminante - torna ora in scena con la stand up comedy “Extra Libertà live tour”, versione aggiornata del suo ultimo live show del regista e attore comico tra pandemia, guerre e cellulari, che sarà giovedì 16 novembre al Teatro Biondo di Palermo - «è la prima volta dopo 25 anni, una tappa fondamentale», commenta - e il 17 al Metropolitan di Catania. «Venire in Sicilia è come giocare in casa, ho passato l’estate sul set nell’Isola, il dialetto mi è ormai familiare».

A dicembre debutterà a Napoli con “Mare fuori musical”, di cui firma la regia (il 20 gennaio sarà al teatro Duemila di Ragusa), mentre il 1° gennaio sarà sul grande schermo con “Succede anche nelle migliori famiglie”, commedia (con cadavere) girata tutta in Sicilia, a Milazzo, Cefalù e alle Eolie, che racconta la storia di Davide Di Rienzo (Siani), pecora nera di una famiglia all’apparenza perfetta sconvolta dalla morte del padre. Colpi di scena e segreti daranno a Davide l’occasione per dimostrare il proprio talento. Nel cast Cristiana Capotondi, Dino Abbrescia, Antonio Catania, Anna Galiena, Euridice Axen e Sergio Friscia.

Dopo il successo di “Felicità tour”, è arrivato il “Libertà tour”. Perché parlare di libertà?

«Mi interessa soprattutto la libertà di quello che si può dire e si può fare. Il politicamente corretto ci ha cambiato. Prima il comico era quello che poteva dire tutto quello che gli altri non potevano dire, oggi invece solamente chi sta sui social può dire tutto quello che vuole».

La comicità è ingabbiata?

«Il comico era amato per la sua imprevedibilità, per essere irriverente. E’ sbagliato essere offensivi e non seguire la sensibilità sociale, i cambiamenti di costume, ma ora si esagera, troppi paletti. Fra un po’ non si potrà più ridere di niente! La libertà è anche quella che ci regala lo smartphone: siamo convinti di tenere il mondo in mano e invece è lui che ci schiavizza. Il telefonino ha segnato un passaggio epocale, esistono due mondi: A. C. e D.C., avanti cellulare e dopo il cellulare. Nello spettacolo racconto il giorno in cui per poche ore non funzionavano social e whatsapp, un ragazzino che teneva sempre la testa bassa sul telefono in quell’occasione alzò gli occhi e vide un signore. Disse: “Tu chi sei?” E lui: “Sono tuo padre”.... Racconterò i social, le cose che guardiamo  su TikTok”.

Frequenta i social?

«No, lo so che dovrei stare al passo con i tempi, ma ho cercato di non farmi influenzare da questa sorta di ipnosi... Parli con qualcuno e tiene il telefono in mano, vai a cena con gli amici e tutti hanno lo smartphone sul tavolo e fotografano il cibo che devono mangiare… Una volta si mangiava subito per non farlo raffreddare! Il gioco è anche quello di portare gli spettatori a teatro a concentrarsi su qualcosa di diverso. Perché oggi basta un attimo e il pubblico si distrae, così sono aumentati il ritmo, il coinvolgimento. Non si passa più una serata tra comico e spettatore, ma una serata in comitiva!».

A Catania venne con Christian De Sica alcuni anni fa con “Il principe abusivo”. Il film incassò più di 14 milioni.

«I tempi oggi sono un po’ diversi, al di là di qualche piacevole sorpresa come il debutto di Paola Cortellesi. Sono stati periodi complessi per il cinema, tra covid ed economia. Prima la media di attenzione e di spettatori era molto più alta. Ma non mi lamento, l’ultimo film “Tramite amicizia” è uscito per San Valentino. I produttori sono stati contenti, e sono come mamma e papà… se va bene a loro…. Però c’è bisogno di tornare a stare insieme, in teatro, al cinema».

Il suo trionfo è arrivato con “Benvenuti al Sud” nel 2010.

«Ancora oggi ci sono persone che quando mi incontrano mi raccontano le battute».

Nella sua Napoli bella e dannata, l’anno scorso è intervenuto pubblicamente dopo la morte di Giogiò, musicista 24enne ucciso in una lite fuori da un pub.

«Mi ha scioccato profondamente. Il mio vero cognome è Esposito, Siani è un omaggio al giornalista ucciso a Napoli dalla Camorra nel 1985. Passa il tempo e ti rendi conto che delle cose che non dovrebbero mai più capitare, una frase che può sembrare retorica, banale, invece capitano ancora. Le parole valgono a poco, è importante che ci siano leggi e non le possiamo fare noi comici. Ma da cittadino senti il desiderio di esprimere un  pensiero sulla tua città.  Napoli, però, in questo momento vive un rinascimento nel teatro, nel cinema, nella musica. C’è fermento… Sono andato a fare una passeggiata in centro poco tempo fa e la città è stracolma di turisti… Sono tornato casa, mi sono levato la maglietta e sono usciti tre tedeschi…».

Perché ha deciso di portare “Mare fuori”, serie cult di Raidue, in palcoscenico?

«Per “Mare Fuori” c’è stato un affetto da parte del pubblico che non vedevo da anni. Una storia meravigliosa che racconta la realtà di Napoli, con le ombre e le luci. Con gli autori della serie abbiamo scritto una trasposizione in musical. Ma la storia è un po’ cambiata: com’è nel mio stile, mi piaceva il lieto fine, dare un filo di speranza. E’ un esperimento. È importante creare qualcosa di nuovo che possa interessare il pubblico. Anche con il musical: la melodia, la musica appartengono a noi italiani, non c'è bisogno di anadre all'estero».

Si è ispirato in qualche modo a “Scugnizzi”, il musical dal film di Nanni Loy?

«Anche lì c’erano minorenni in carcere a Nisida. Ma il linguaggio è cambiato, i ragazzi parlano in modo molto più veloce, immediato. L’esperimento è provare a portare i giovani - che seguono le storie sul cellulare - a teatro. Molti magari non ci sono mai stati. Una scommessa».

Teatro, cinema e tv, come si divide?

«Il teatro è il mio primo amore. Quasi tutti gli anni cerco di fare uno spettacolo. Per me è fondamentale, mi aiuta a sentire il “sentiment” del pubblico. Quello reale».