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Catania, così il rampollo degli Ercolano comunicava coi detenuti: le videochiamate del figlio del boss

I carabinieri durante le indagini che hanno portato al blitz Leonidi hanno intercettato le call con i compagni di cella del padre ergastolano

Laura Distefano

04 Gennaio 2024, 17:53

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Salvatore Gurrieri sarebbe stato investito del ruolo di “intermediario” per le comunicazioni urgenti da dare ai detenuti. E grazie a un cellulare - anzi a uno smartphone con connessione dati - sarebbe riuscito a far avere messaggi ai “colleghi” degli istituti penitenziari dove di volta in volta era recluso. E così il rampollo Sebastiano Ercolano gli avrebbe chiesto di mandare ambasciate al padre, ergastolano, Mario. Mentre Davide Finocchiaro, considerato il numero 1 del gruppo di Cosa nostra del Villaggio Sant’Agata, gli avrebbe affidato il compito di metterlo in contatto con Salvatore Battaglia (fratello del più noto capomafia Santo) in persona.

Gurrieri, detto il “puffo”, è una vecchia guardia della cellula degli Ercolano. In piena pandemia gli arrivò un’ordinanza per mafia e pizzo ai titolari di alcuni hard discount.

Il 22 ottobre 2023, alle 12.17 a Salvatore Gurrieri, detenuto all’epoca nel carcere di Tempio Pausania, in Sardegna, arriva la videochiamata di Seby Ercolano. I carabinieri, nell’ambito delle indagini culminate con il blitz Leonidi eseguito poco prima di Natale, hanno captato le videocall di Seby Ercolano con il compagno di carcere del padre. Guerrieri nella concact list del cellulare dell’indagato era salvato come “nataleplus” con la foto di copertina del film Scarface (guarda foto in alto).

La sparatoria

Il tema della telefonata è la sparatoria avvenuta in via Poulet dopo una serie di tensioni con Pietro Gagliano, considerato elemento del clan Cappello. Il figlio del boss di Cosa nostra racconta a Gurrieri l’intera vicenda («Ah… ieri è successo un manicomio») lamentandosi del fatto di non potere rispondere al fuoco non avendo armi a disposizione («Mpare… mi devi dire dove me ne devo andare perché mi giova»). Dalle immagini estrapolate (altra foto) gli investigatori hanno notato un gesto fatto con la mano sinistra che ritengono l’indicazione di una pistola. La richiesta quindi sarebbe chiara: dove recuperare una pistola per poter “vendicare” lo sgarro subito da un cappelloto che avrebbe usato sparare contro gli Ercolano? E la cosa singolare è che invece di rivolgersi a “picciotti” a piede libero, fa pressing con un detenuto per ottenere suggerimenti direttamente dal padre. Forse anche per avere l’autorizzazione alla prova muscolare che il giovane rampollo scalpita di mettere in atto.

Le spese legali

Ma non è finita. Quasi un anno fa, Gurrieri era detenuto nel carcere di Asti assieme a Turi Battaglia, entrambi della casacca mafiosa del “Villaggio”. Il 6 marzo 2023 Davide Finocchiaro, anche lui coinvolto nel blitz Leonidi, chiama Gurrieri «affinché chiedesse a Battaglia» il benestare «per consegnare» 1.500 euro a Salvatore Zito, alias Turi Malavita, per sostenere le spese legali. «Ma con il cugino ci si può parlare?», chiede Finocchiaro. «Per adesso siamo chiusi, vediamo se più tardi ci aprono, verso le quattro», risponde. Finocchiaro insiste: «Se mi ci fai parlare perché io non so cosa cavolo devo fare… ora lo accenno a te… magari glielo vuoi dire o fai finta di niente… Ha mandato a dire Turi Zeta … per mille e cinquecento euro per i continuati. Ma a questa persona già i continuati non glieli hanno fatti? Ma questi e mille e cinquecento euro dove cavolo li dovrei andare a prendere fammi capire?». «Cugino ora glielo dico e più tardi ti do la risposta…», afferma dall’altra parte della cornetta il detenuto.

Il cellulare d'occasione

Ma alcune volte le esigenze sono state al rovescio. E cioè dal carcere verso l’esterno. Il 14 marzo 2023 alle 15.05 Gurrieri chiama Davide Finocchiaro. La telefonata viene subito passata a Turi Battaglia che spiega a Finocchiaro di «non aveva più il cellulare» e che «aveva bisogno subito di 700 euro per poterne comprare un altro in carcere». Battaglia fa ben comprendere che c’è una sorta di «occasione da non perdere». E gli anticipa che «il pagamento del telefonino doveva avvenire attraverso un bonifico» e per concludere l’affare doveva informare «Samuele», indicato dagli investigatori come Antonino Razza, un altro fermato del blitz. «Mi servono… mi servono… però subito… per prendermi questo coso… c’è un’opportunità… eh… settecento euro mi servono», dice Battaglia al telefono. E aggiunge: «Mi raccomando non mi fare fare brutta figura». La parola di un boss è la parola di un boss. Anche dietro le sbarre.