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Pd, il “passo di lato” di Sammartino «Faraone in Sicilia segretario ideale»

Di Mario Barresi |

Catania – Luca Sammartino, mancano appena cinque giorni. Domenica 18 novembre scade il termine per presentare le candidature alla segreteria regionale del Pd. E lei non ha ancora sciolto la riserva sulla “pazza idea” di Crisafulli. Può essere che non ha ancora deciso?

«Ho deciso».

Si candida?

«No, non mi candiderò alla segreteria regionale del Pd. Sono lusingatissimo della “pazza idea” di Mirello Crisafulli. So di dargli un dispiacere, non soltanto per il rifiuto, ma siamo talmente amici che capirà. Così come capiranno i tantissimi altri che in queste settimane mi hanno amichevolmente compulsato per la candidatura».

Perché ha preso questa decisione?

«Perché ho un impegno da rispettare, da deputato regionale e da presidente della commissione Lavoro, con 33mila persone che si aspettano che io svolga al meglio questi ruoli».

Quindi si defila: no, grazie. E arrivederci a tutti…

«Non è così. Per tante ragioni. La prima è che ho in testa un nome forte, anzi fortissimo, per storia personale, capacità e prospettiva. Il nome migliore per guidare il Pd siciliano in questo momento».

Fuori il nome. E il cognome.

«Davide Faraone».

Proprio il leader dei renziani siciliani che, dicono a Palermo, stava remando contro la sua candidatura? Complimenti, bel colpo!

«Non è così. Lei cita voci infondate: io e Davide siamo davvero uniti. Ma, al di là del rapporto di amicizia, c’è la stima. Ritengo che sia il segretario giusto per un Pd siciliano che deve essere riformista, aperto ai moderati, radicato sul territorio, ma soprattutto attrattivo rispetto a nuove energie, famiglie, associazionismo, giovani talenti e società civile».

Certo, un iper-renziano non è il massimo per unire un partito che in Sicilia sembra un’accozzaglia di tribù…

«E invece no. Faraone proviene da un passato con i Ds, e oggi, sia per la sua storia personale sia per la sua esperienza politica e di governo, è il segretario che meglio può esprimere il Pd. Come può essere e come può diventare».

Resta il rischio che, se Faraone dovesse essere della partita, le primarie si trasformino in una resa dei conti con la dialettica renziani contro resto del mondo.

«Questa è una domanda che mi aspettavo… Allora le dico che anche chi oggi è nel cosiddetto “resto del mondo” ha sostenuto Renzi all’ultimo congresso. E allora, per tutti, è il momento di uscire dall’ambiguità. In Sicilia si vuole un congresso che rilanci il Pd puntando sull’allargamento di una classe dirigente di qualità o l’ennesimo congresso basato sui posizionamenti personali di nani in perenne guerra? Vogliamo un partito aperto con l’ambizione maggioritaria o un partito di mezze calze?».

A proposito: cos’è, secondo lei, il Pd siciliano in questo momento?

«Un partito che negli ultimi anni, in Sicilia, è stato un mezzo per raggiungere fini personali, laddove gli incarichi e i ruoli a molti sono serviti spesso soltanto per garantire piccole rendite personali e curare orticelli. Un partito che però ha tante energie e altrettante persone pronte a spendersi per una causa molto più nobile. Un partito che si trova davanti a una svolta epocale. E spero che, a questo bivio, imbocchi la strada giusta».

Questo approccio ci spalanca anche lo scenario del congresso nazionale. In cui lei non sembra certo uno che voterà per Zingaretti…

«In questo momento è fondamentale essere protagonisti nel dopo-Martina. Non vedo l’ora che Minniti sciolga la riserva e si candidi a guidare il Pd, per poterlo sostenere per ciò che rappresenta per me, che sono entrato anche grazie a lui nell’area renziana e nel partito, ma anche per tutti quelli che vogliono un partito autorevole, aperto e di respiro più lungo. E non un partito di nani, come dicevo prima».

A proposito di aperture. Lei è ritenuto, soprattutto dai nemici di partito, il dem più “collaborazionista” con il centrodestra all’Ars. Sarà così anche il Pd siciliano che lei auspica?

«Io dialogo con tutti. Ho imparato che ascoltare i punti di vista degli altri è un segno di forza e non di debolezza. Ma, detto ciò, manca l’oggetto del presunto dialogo. Magari arrivassero in aula delle riforme proposte dal governo e dal centrodestra per poterle discutere. Musumeci non ha capito che la campagna elettorale è finita: è assente, senza una visione di Sicilia. Allora, inizi a fare il presidente della Regione ed esca da un film che sembra già visto, quello degli slogan senza sostanza. E poi, visto che sembra indeciso fra la destra populista di Salvini e i derivati sovranisti della Meloni, gli do un consiglio: scelga i siciliani».

Torniamo alla casella di partenza: cosa si aspetta che risponda Faraone a questo suo inequivocabile endorsement?

«Mi aspetto soltanto che dica di sì. Come lo sperano tutti quelli che hanno a cuore il futuro del Pd siciliano. E della nostra terra, massacrata dai disastri del governo grillo-leghista».

Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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