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Intese con camorra e Sacra Corona unita: tutti gli affari dei Placenti, “padroni” di Lineri

Di Concetto Mannisi |

CATANIA – Una cosa a Carmelo Placenti bisogna riconoscerla: ha il cervello che funziona. Alla fine ha dovuto segnare il passo davanti a un’attività investigativa imponente, nel corso della quale è stato letteralmente accerchiato da più Procure, finendo inevitabilmente arrestato assieme ai suoi fratelli Enzo e Giuseppe Gabriele, ma per anni “Melo Testina”, così come viene chiamato negli ambienti da lui frequentati, è riuscito a mantenersi lontano dalla patrie galere ed a curare magnificamente i propri affari. Quali? Ce n’è per tutti i gusti, secondo gli elementi acquisiti da chi indaga. Ciò anche se le contestazioni riguardano principalmente – oltre all’associazione mafiosa, è chiaro – l’attività illecita nel settore delle scommesse online. Quindi bische clandestine, corse di cavalli e poi, per rimanere nel lecito, o giù di lì, vendita e noleggio di autovetture, parcheggio e rimessaggio di imbarcazioni grandi e piccole, la palestra per i “combattenti dell’Etna” (l’Etna’s Fighters di Misterbianco, per intenderci) e infine, probabilmente a perdere – ma poco importa, in questi contesti – anche la squadra di calcio Psv Misterbianco Lineri, attualmente sotto sequestro e comunque ben piazzata in classifica nel girone C del campionato di Promozione.

Testa fina, si diceva. Quella che gli ha permesso di far scattare la “duranza”, ovvero la lunga permanenza ai vertici del gruppo dei “Santapaola Ercolano” di Lineri, a dispetto di altri soggetti che, magari, entravano e uscivano dal carcere e in qualche caso, con suo grande sdegno, avviavano la collaborazione con la giustizia. «Sai come ho fatto a mantenere la “duranza”? Quando vedevo la “volante” mi mettevo il camice, mi ‘nsivavo e me ne andavo a lavorare. Venti giorni, un mese, fino a quando questi non pensavano che non facevo altro e se ne andavano».

Certo, per lui come per gli altri c’era sempre il pericolo che qualche collaboratore potesse raccontare “questioni riservate”, ma anche in questo caso Carmelo Placenti aveva il suo modo di prendere precauzioni: «Odio fari ruppu (fare gruppo, ndc), lasciatemi solo, non voglio stare con nessuno. Niente confidenza…». «Certo – aggiungeva – in alcuni affari non puoi permetterti di stare solo, la confidenza la devi dare, ma senza esagerare». «E, soprattutto – precisava – è importante uscire da casa “comu ‘n viddranu”: la macchina sporca e niente lussi. Così quando vengono gli puoi rispondere: “Io mafioso? Io sto morendo dalla fame: non ho niente”. Loro ti dicono che tuo fratello ci ha l’agenzia? E quante ce ne sono a Catania agenzie?! Ventimila…. Tutti ricchi sono? Che ci campi una famiglia intera con un’agenzia? No, no…. Per questo dico di stare attenti: basta dare un po’ di confidenza e sì cunsumatu».

Eppure, come da lui stesso chiarito, Carmelo Placenti la confidenza, nel settore dell’affare delle scommesse, è stato costretto a darla. Anzi, in qualche caso ha pure dovuto cercarla, entrando in contatto con esponenti di spicco della criminalità organizzata di altre città. Il suo nome fa capolino di continuo, ad esempio, nelle carte del blitz sulle scommesse online della Procura di Bari: è lui in contatto con i fratelli Martiradonna, figli di Vito (“Vitin l’Enel”, condannato per associazione mafiosa poiché considerato il cassiere del clan Capriati, Sacra corona unita), che curano in prima persona l’affare delle scommesse in Puglia, con agganci anche in altre regioni del Paese, Sicilia compresa. I due filano d’amore e d’accordo, si chiamano “fratelli”, ma a un certo punto qualcosa si rompe e i Martiradonna, già in contatto con Fabio Lanzafame (oggi pentito), impongono ai Placenti di farsi da parte e di lasciare ad altri posto nel territorio. Ciò, secondo quanto si legge nelle carte del Gip, con la scesa in campo di Gaetano Loria (a Bari soprannominato “ ‘u sicilian”), personaggio di spicco del clan dei Carcagnusi, che prima di finire in gattabuia trova il modo di risolvere la questione con una certa decisione.

E’ un passaggio, questo, anche alla luce dei nomi che Lanzafame sponsorizza e che Martiradonna recepisce, che sembra aprire all’ingresso dei Cappello di “Massimo ‘u carruzzeri” Salvo in questo settore. Fra i potenziali punti di riferimento a Catania, oltre a tali Barbagallo e Valenti, ci sono i due Castiglia e Domenico Camiglia, arrestati proprio pochi giorni fa.

Dei fratelli Placenti si trova traccia anche nelle carte del blitz “Anno Zero”, scattato nell’aprile scorso nella Sicilia occidentale. E in questo caso il reticolo di amicizie sembra portare fino alla testa dell’acqua, ovvero fino al boss latitante Matteo Messina Denaro. I Placenti, specialmente Enzo, dialogano con Francesco Guttadauro, nipote del boss di Castelvetrano (è il figlio della sorella), nonché con Carlo Cattaneo, l’uomo che, sfruttando gli strettissimi rapporti con Guttadauro, sarebbe diventato il re delle scommesse in quella parte di isola. Sono rapporti che risalgono addirittura al 2011, quando Carmelo Placenti chiede al nipote del boss una intermediazione per poter aprire nuove agenzie a Palermo. L’affare in trasferta durerà poco, ma i Placenti avranno modo di trovare sfogo anche a Messina, in virtù dei rapporti di parentela con Enzo Romeo, come loro legato da vincoli di sangue alla famiglia del boss Nitto Santapaola. I Placenti, che collaborano con Romeo e i suoi compari nell’allestire la rete di scommesse nel Messinese, lasciano trasparire interessi anche verso Malta, isola in cui attualmente hanno sede una serie di società che, secondo gli investigatori, potrebbero essere legate a doppio filo con le organizzazioni criminali di casa nostra. Specialmente per quel che riguarda scommesse online e gioco d’azzardo. Proprio un affare a Portomaso, dove vengono organizzati tornei e tavoli da poker reali, sembra interessare sia a Romeo sia ai Placenti. E’ M. L., arrestato nell’operazione “Beta”, ad avvicinare l’oggi collaboratore di giustizia Fabio Lanzafame prima che entrasse in rotta con i Placenti e ad avvisarlo: «Il mio socio è Enzo Romeo, nipote di Nitto Santapaola; tu sei con Carmelo Placenti, quindi siamo dello stesso gruppo. Tu con le tue iniziative stai rischiando di farmi perdere il contratto con Portomaso». Lanzafame recepisce il messaggio e non soltanto compie un passo indietro, ma si mette pure a disposizione.

Così come pare che i Placenti fossero a disposizione e, comunque, in rapporti, con la famiglia camorristica dei Nuvoletta di Marano. Enzo Placenti viene monitorato mentre si reca a Napoli con Alfio Saitta e Rosario Caruso per un affare poi non meglio chiarito. Di certo c’è che incontra Simone Liparulo, cognato di Gianni Nuvoletta, e che a distanza di tempo lo stesso Enzo Placenti si recherà nella sede di una ditta attiva nel settore della distribuzione dei videoterminali per i giochi online, a Catania, che avrebbe avuto delle pendenze proprio con della gente di Marano. Nell’occasione sarebbe stato intimato ai due titolari di versare 130.000 euro, ma i due, che pagavano il “pizzo” al gruppo dei “santapoliani” del Villaggio Sant’Agata chiesero protezione. «Scendete al Villaggio», suggerirono agli esattori le potenziali vittime, appositamente industriate dai loro amici: l’incontro ci fu veramente, ma a questo ne fu fatto seguire un altro proprio con il titolare dell’attività: «Troviamo una soluzione – disse il loro protettore – il credito degli amici di Napoli va onorato». Già, storie di mafia e di camorra….

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