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"Bello stare qui al caldo", la prozia illusa dalla nipote che voleva soltanto i suoi soldi

Paola Pepe è la 58enne catanese accusata di circonvenzione di incapaci e dell’omicidio aggravato di Maria Basso

Francesca Aglieri Rinella

24 Febbraio 2024, 11:10

Paola Pepe, accusata dell'omicidio della prozia Maria Basso

Paola Pepe, accusata dell'omicidio della prozia Maria Basso

È stata una strategia «palesemente predatoria» per «abusare dello stato di infermità» dell’anziana prozia quella messa in atto da Paola Pepe, la 58enne catanese, accusata di circonvenzione di incapaci e dell’omicidio aggravato di Maria Basso.

Lo scrive il Gip di Catania, Sebastiano Di Giacomo Barbagallo nel provvedimento con cui ha disposto gli arresti domiciliari con l’obbligo dell’uso del braccialetto elettronico nei confronti di Pepe.
La vittima sarebbe così «stata indotta a revocare la procura originaria e il rilascio di quella in favore dell’indagata e allo stesso modo, del testamento, con l’eredità che era prima devoluta per intero ai Salesiani di Torino» ma di cui Paola Pepe sarebbe stata la finale destinataria.
Le indagini - avviate nel 2022 dopo due esposti, uno dal direttore pro tempore di una banca veneta di Asiago e l’altra dalla direttrice della casa di riposo di Asiago dove l’anziana era ricoverata - hanno fatto emergere particolari inquietanti e fatto luce sulla morte in circostanze misteriose della vittima, avvenuta il 16 dicembre del 2022 in una Rsa di Aci Castello dove la pronipote da Asiago l’avrebbe trasferita. Secondo l’accusa, alcuni giorni prima del decesso l’indagata avrebbe invitato Maria a pranzo fuori, con l’80enne che avrebbe mangiato spaghetti e un dolce, nonostante una malattia invalidante la obbligasse a ingerire soltanto cibo omogenizzato. E questo ne avrebbe «cagionato la morte per polmonite ab ingesti», sostiene la Procura che le contesta l’omicidio aggravato per «conseguire il profitto legato alla circonvenzione di incapaci».

Una ricostruzione contestata dall’indagata che - difesa dagli avvocati Carmelo Peluso e Lino Rovetta - si professa innocente e anzi - sostiene - le avrebbe dato «le cure di cui aveva bisogno» e da mangiare solo «cibo spezzettato, come le era somministrato nella casa di riposo in cui era ospite».
«Non desiderava altro che si verificasse la morte dell’anziana» - scrive ancora il Gip nel provvedimento cautelare - per «potere raggiungere l’obiettivo finale», ovvero «appropriarsi di tutti i suoi beni», essendo stata nominata «sua unica erede universale». Dall’ordinanza emerge poi che l’80enne aveva firmato il 5 dicembre del 2022 la procura generale in favore di Paola Pepe e un primo testamento in favore di una familiare della 58enne, ma quattro giorni dopo avrebbe formalizzato un altro testamento indicando l’indagata come erede universale. Maria Basso (figlia di un imprenditore edile che aveva a lungo lavorato all’estero) era una dipendente in pensione della Farnesina e aveva girato diversi Paesi esteri per lavoro. Non aveva figli e aveva messo da parte denaro contante, per oltre 300mila euro e gioielli che custodiva in un istituto di credito dove aveva anche una cassetta di sicurezza. Da pensionata era tornata ad Asiago ad assistere gli anziani genitori. Per i suoi 80 anni, il 4 settembre 2022, era stata organizzata una festa a cui erano stati invitati anche dei lontani parenti, compresa la madre dell’indagata, ma si era presenta la pronipote. Dal quel giorno è cominciata la vicenda che ha portato all'apertura di un'inchiesta, prima a Vicenza e poi, per competenza territoriale, a Catania.

«Sto bene» qui, ad Asiago «mi trovavo male, gli infermieri erano maleducati» e «i miei parenti venivano a farmi visita pochissimo» diceva Maria Basso il giorno prima di morire, sentita come persona offesa dai carabinieri che erano andata a trovarla nella casa di riposo di Aci Castello dopo le sue dimissioni dall’ospedale Cannizzaro di Catania. Alla domanda sul perché si fosse trasferita nel Catanese, l’80enne disse ai militari dell’Arma «perché c’è Paola Pepe la figlia di mia cugina» che «viene a trovarmi tutti i giorni». Era stata lei a proporle il trasferimento ad Aci Castello, ha spiegato e «io ho accettato subito». «Ad Asiago - ha aggiunto l’80enne - non mi trovavo tanto bene, non mi facevano visite». E su Catania, dove ha confermato di essere arrivata in auto con la pronipote e suo marito («viaggio improvvisato senza consentirle di portare con sè gli effetti personali» scrive il Gip) ha affermato: «Voglio stare qui, ad Asiago fa troppo freddo». L’inchiesta è coordinata dal gruppo “fasce deboli-codice rosso” della procura di Catania con il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Michela Maresca che avevano chiesto per Paola Pepe la misura cautelare in carcere. Ma il Gip ne ha disposto i domiciliari con braccialetto elettronico ritenendo possibile l’ipotesi di reiterazione del reato nei confronti di «altre persone vulnerabili». Per mercoledì è fissato l’interrogatorio di garanzia.