Infermiere killer al Cannizzaro, per i consulenti «non è certa la correlazione tra la morte e il cocktail di farmaci»
In corte d'assise il processo all'uomo accusato dopo essere stato sentito dai suoi psicologi
La consulenza dei tre periti nominati dalla Corte d’Assise nel processo per omicidio che vede imputato l’infermiere Vincenzo Villani Conti è stata depositata. Ai professori Alberto Salomone, Fortunato Stimoli e Cataldo Raffino il collegio ha chiesto di analizzare la documentazione clinica inerente ai decessi delle due pazienti, che secondo l’accusa sarebbero morte a causa della somministrazione di un cocktail rivelatosi fatale di farmaci che furono rubati dalle scorte dell’ospedale Cannizzaro, che si è costituito parte civile nel processo con l’avvocato Eleonora Baratta.
Le accuse
L’infermiere, durante il turno di notte, avrebbe iniettato alle due donne una dose massiccia di Diazepam e Midazolam per vendetta nei confronti dell’Azienda ospedaliera da cui si sarebbe sentito maltrattato. Villani Conti, difeso dall’avvocato Salvatore Liotta e Francesco Calabrese, avrebbe fatto una sorta di confessione agli psicologi. Proprio da quelle rivelazioni partì l’inchiesta che portò all’arresto dell’imputato.
Il prossimo 2 luglio il medico legale, il docente di chimica dell’Università di Torino e l’anestesista riferiranno su quanto hanno messo nero su bianco nella relazione di quasi 200 pagine che è già a disposizione delle parti processuali.
Cosa dice la perizia
«La causa della morte delle due pazienti - si legge nella perizia - si ricava solo dagli elementi di natura documentale in atti, non rinvenendosi alcun dato macro-microscopico necrosettorio da potersi utilizzare inclusivamente nella formulazione di una razionale causa della morte». Che per la prima sarebbe da «ricondursi a uno scompenso cardiaco» e per la seconda a «una cachessia con disfunzione multiorganica». Uscendo dal gergo medico-legale i tre consulenti riconducono la morte a delle patologie.
Partendo «dalle risultanze delle analisi tossicologiche», i tre consulenti scrivono che «nessuna conclusione può essere raggiunta su quale sia stata la quantità somministrata di Diazepam e Midazolam».
Ma andiamo al tema centrale dei quesiti posti dall’Assise. E cioè la causa della morte. Che per i consulenti «non è possibile attribuirla con un livello di probabilità vicino alla certezza alla somministrazione nelle ore immediatamente precedenti di quindici milligrammi di Diazepam e Midazolam, pur tenendosi in debita ponderazione le condizioni di salute in cui versavano entrambe le pazienti, dei tempi di insorgenza dell’effetto atteso e del sopraggiungere dell’evento morte».
A ostacolare l’accertamento della correlazione tra le morti e il cockail di farmaci ci sarebbero alcuni fattori: l’impossibilità di conoscere tempo e modalità di somministrazione. «Non è possibile affermare con criterio di probabilità logica e di credibilità razionale, che la dose (X) somministrata, la modalità (X) e il tempo di somministrazione (in bolo?, in flebo? e in quanto contenuto residuo di flebo?) siano da porre in correlazione causale diretta con il decesso delle pazienti perché elementi non possibili da ricavare con consapevolezza scientifica e precauzione del dato tecnico», concludono Salamone, Stimoli e Raffino.