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Caso Banca Base, adesso salta fuori la stranezza di due e-mail private…

Di Vittorio Romano |

CATANIA – Dopo che il gip del Tribunale di Catania ha concesso alla Procura una proroga di sei mesi per le indagini sul crack di Banca Base, alla vicenda si vanno ad aggiungere altri tasselli. Il più importante riguarda il sequestro delle e-mail dell’ex presidente dell’istituto di credito, Pietro Bottino, e dell’ex presidente del collegio sindacale, Isidoro Cutuli. La corrispondenza tra questi ultimi, che entrambi si erano affrettati a cancellare dai propri computer, è stata recuperata sui server del provider. Sono stati il Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma e il Nucleo speciale di polizia giudiziaria frodi tecnologiche della Guardia di Finanza di Roma a presentarsi presso il provider Tiscali per provvedere al sequestro di tutto il contenuto delle caselle ecutuli@tiscali.it e pietrobottino@tiscali.it.

La stranezza dell’esistenza di queste due caselle di posta è saltata subito all’occhio degli investigatori sia perché ne era stato cancellato il contenuto, sia perché non era chiaro come mai Bottino e Cutuli, pur potendo utilizzare le proprie e-mail istituzionali bancarie (cosa logica e doverosa trattandosi di soggetti diametralmente opposti all’interno del sistema bancario), avevano preferito comunicare attraverso due caselle postali private, tra l’altro create quasi in contemporanea. Cosa avevano da dirsi e da scriversi controllante e controllato? E, ancor prima, perché si scrivevano visto che in una normale logica societaria il Collegio sindacale (rappresentato dal Cutuli) avrebbe dovuto controllare gli organi di amministrazione della banca comunicando, se necessario, solamente per vie ufficiali e pubbliche?

Questo è quello che stanno cercando di capire gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Catania, Fabio Regolo, il quale sta agendo a tutto campo per cercare di far luce su uno dei crack più scandalosi degli ultimi tempi per le spregiudicate modalità con le quali sono stati dissipati i beni della banca. Gli investigatori cercano di scoprire le cause delle gravi anomalie della gestione dell’istituto etneo per cercare di capire i motivi per cui sono state sottostimate le perdite insite nel portafoglio crediti (perdite per diversi milioni di euro, addirittura 2,8 milioni solo nel 2017) e se tali perdite siano state dolosamente causate.

L’indagine coinvolge anche – come abbiamo scritto in precedenti articoli – delle anomale cessioni di credito perché, oltre a quella di crediti esigibili effettuata nei confronti della Protobé (società che aveva all’interno i medesimi soggetti di Banca Base), è saltata fuori un’altra operazione con la quale Banca Base provvedeva a trasferire alla napoletana Cooperfin (con sede legale a Modena ma operante a Napoli) crediti ipotecari che venivano poi recuperati per importi di gran lunga più alti rispetto al valore di cessione, con un conseguente notevole ricavo per la Cooperfin ma con un’inevitabile e ingiustificata perdita per Banca Base. All’esame c’è un contratto di cessione di crediti del 30 marzo 2016 rogitato dal notaio Giuseppe Balestrazzi di Catania, n. 7207/4858, registrato a Catania il 4 aprile 2016.

E mentre la Procura etnea con l’ausilio del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catania ricompone il mosaico dei fatti e delle responsabilità che hanno portato alla perdita di oltre 16 milioni in capo ad azionisti risparmiatori, la Cassazione dà il via alle azioni di risarcimento contro la Consob, la quale, secondo i giudici del supremo consesso, è tenuta a tutelare i risparmiatori azionisti e dunque a risarcirli se non ha esercitato in modo tempestivo i suoi poteri di vigilanza, così da impedire il crack. Nel caso di Banca Base la Consob non avrebbe mai effettuato alcun atto di vigilanza aspettando semplicemente i resoconti delle ispezioni effettuate dalla Banca d’Italia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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