«Non era un affiliato del clan, ma un “simpatizzante”»: il profilo criminale dell’ex dipendente Sostare condannato nel processo Sangue blu
Le motivazioni della sentenza della gup Chiara Di Dio Datola che ha inflitto 8 anni per concorso esterno a Domenico Colombo
«Il poderoso compendio captativo prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, la fondatezza dell'ipotesi accusatoria». Il suono del martelletto è pesante. La gup Chiara Di Dio Datola nel motivare la condanna a 8 anni per concorso esterno nei confronti di Domenico Colombo, ex dipendente della Sostare, nel processo “Sangue Blu”.
Colombo è intercettato a discutere, anche di affari illeciti, con diversi esponenti di Cosa nostra. Alcuni membri della famiglia “di sangue”. Di Dio Datola fa i nomi: Francesco Santapaola (ma figlio di Turi Collucci), fratelli e moglie di quest’ultimo. E poi anche «affiliati di spessore» come Enzo Sapia di Lineri. «Le conversazioni dimostrano - mette nero su bianco la giudice - la profonda conoscenza di Colombo della compagine associativa, delle sue dinamiche e dei settori criminali di interesse: estorsioni, stupefacenti e usura».
La gup ritiene «degno di nota la vicenda della programmazione di illeciti insieme a Mirko Famà. Quest'ultimo, nel corso di una conversazione del 25 novembre 2018 proponeva a Colombo di fornire ad altri soggetti degli escavatori per permettergli di rapinare gli sportelli Atm».
A tracciare il profilo criminale dell’ex dipendente Sostare, la partecipata delle strisce blu prima della fusione con Amt, è il collaboratore Silvio Corra (ex reggente del gruppo dei Nizza e cognato del defunto Angelo Santapaola).
«Colombo non è un affiliato ma si mette a disposizione per qualsiasi cosa ai fini di guadagno. Preciso - afferma il collaboratore - che mi è venuto a trovare e mi ha detto che avrei potuto chiamarlo per qualsiasi affare illecito perché era disponibile. Faceva molti favori a Santapaola, ad esempio si occupava di riscuotere denaro provento di estorsioni e si occupava anche di piazzare macchinette da gioco in esercizi commerciali. Colombo si dichiarava cugino di Santapaola (Francesco “Colluccio) ma non so - chiarisce Corra - indicare il legame di parentela».
Su questo legame la gup scrive: «In plurime intercettazioni è emerso il forte legame tra Colombo e Francesco Santapaola (in carcere dal 2016 quando fu arrestato nel blitz Kronos), al quale Colombo doveva tutta la sua riconoscenza per avergli consentito, grazie alla disponibilità e fedeltà sempre mostrata in favore dell'associazione, di arricchirsi. È parimenti provato che Colombo si sia interessato per assicurare il mantenimento della moglie, considerando il vincolo di fedeltà che lo legava a Francesco Santapaola, del quale auspicava la scarcerazione per riportare equilibrio nell'associazione».
Parlando con Sapia, per «dimostrare la vicinanza all'associazione» Colombo utilizza l'espressione “simpatizzante” della famiglia. «Fino alla morte, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore», diceva. E anche sui social (nella foto) ha più volte evocato la sua “simpatia” al “sangue blu” dei Santapaola.