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Sparatoria nel chiosco di Giarre, c'è un altro capitolo: in una casa di un parente del mancato killer trovati "oggetti" interessanti

La perquisizione a Linguaglossa in una casa di un congiunto del 50enne arrestato

Redazione La Sicilia

13 Settembre 2024, 13:30

linguaglossa

Nuovo capitolo della vicenda innescata dalla sparatoria contro un chiosco bar di Giarre, che ha coinvolto il proprietario e anche un carabiniere rimasto ferito e per la quale è stato arrestato dai Carabinieri del Nucleo Operativo un 50enne di Linguaglossa, pluripregiudicato, con l’accusa di tentato omicidio. Sono infatti proseguite le ricerche dell’arma adoperata per il delitto, che l’uomo non ha mai fatto ritrovare. In campo non solo i militari delle stazioni di Linguaglossa e Piedimonte Etneo, ma anche quelli del Nucleo Operativo della Compagnia di Giarre, di quella di Randazzo e dello Squadrone Eliportato dei Cacciatori, di stanza a Sigonella, unitamente al Nucleo Cinofili di Nicolosi. Ricerche che hanno permesso di scovare, in un’abitazione riconducibile al 50enne arrestato, documenti di identità falsificati, un dispositivo per sbloccare le serrature delle auto e ben 40 talloncini che attestano l’avvenuta revisione di veicoli.

In particolare, i carabinieri hanno deciso di svolgere alcune perquisizioni domiciliari, tra cui quella che ha riguardato un appartamento di Linguaglossa dove risiede un congiunto 53enne del posto, dell’arrestato per la sparatoria, anch’egli pregiudicato.

L’abitazione è stata così battuta “palmo a palmo” dai Carabinieri che, sotto una scala a chiocciola, hanno scoperto un vano segreto.

In particolare, entrati in casa, i militari hanno cominciato a controllare la prima stanza, l’ingresso-soggiorno e, oltre ai mobili, hanno osservato con attenzione anche pavimenti e battiscopa. Giunti in prossimità di una scala collocata in un angolo della stanza, hanno quindi voluto esaminare anche quella parte di battiscopa più difficilmente accessibile, perché collocato proprio dietro i gradini.

E’ stato proprio in quel momento che i militari dell’Arma si sono accorti che un pezzo di zoccoletto si muoveva. Dopo averlo smosso un po', i Carabinieri si sono pertanto resi conto che il pezzo di ceramica era munito di magneti che lo tenevano ancorato alla parete.

Staccatolo dal suo incavo, agli investigatori è apparsa subito chiara la sua funzione: nascondere un vano metallico perfettamente inserito nella parete.

Il nascondiglio conteneva una ulteriore scatola in cartone nella quale erano state occultate 3 carte di identità, tutte valide per l’espatrio e tutte con la stessa fotografia, quella del parente, seppur con dati anagrafici differenti e tre nomi diversi. Documenti ben realizzati che avrebbero potuto ingannare facilmente occhi poco esperti, perché riportavano anche il timbro a secco sulle foto e il timbro ad inchiostro dell’ufficio emittente.

Oltre alle carte di identità, i Carabinieri hanno poi recuperato 40 talloncini per revisioni auto lasciati “in bianco”, ovvero pronti per essere compilati in base ai veicoli per i quali si voleva far credere avessero superato la specifica verifica.

Infine, nella parte finale dell’anfratto, c’era anche un dispositivo chiamato turbo-decoder, che solitamente viene adoperato per aprire le autovetture senza bisogno di chiavi.