Violenza contro le donne, doppio binario per fermare la scia di sangue: «L'unica strada più educazione e certezza della pena»
Si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: numeri agghiaccianti da Nord a Sud, ma anche storie di resistenza e di impegno per una società diversa
Buio fitto. Una stanza nera dove l'aria è rarefatta. La gola sembra piano piano stringersi. Il petto fa fatica ad aprirsi per poter dare potenza ai polmoni. Manca il respiro. Il corpo diventa la tela della violenza. Fisica o psichica cambia poco. Cicatrici sulla pelle, cicatrici sull'anima. Domani è il 25 novembre, data che vuole instillare nelle coscienze il martirio sofferto da milioni di vittime. Ma è anche la giornata per commemorare chi non c'è più: le donne accoltellate, bruciate, crivellate da chi le avrebbe dovute amare e proteggere.
Il nemico, troppe volte, dorme nello stesso letto, respira la stessa aria, condivide la stessa tavola. Lo sanno bene Vanessa, Ada, Jenny, Valentina, Giulia. La lista rossa è troppo lunga. Il vero traguardo da raggiungere è quello di non avere una data rossa da cerchiare sul calendario: la vera vittoria arriverà quando non sarà più necessario organizzare convegni o inaugurare panchine per dire “stop alla violenza”. Perché la violenza sarà stata estirpata.
Domani a Catania ci sarà l'ex generale del Ris Luciano Garofano per partecipare a un convegno che vuole dibattere sul doppio binario del contrasto alla violenza: prevenzione e repressione. E la magistratura e gli investigatori hanno il grande compito di comprendere che non sono solo armi di diritto ma anche sociali. Garofano, infatti, prima di discutere del suo “core business” la prova scientifica, vuole fare una premessa. «Si dovrebbe puntare molto di più sulla prevenzione», dice al telefono. E il terreno fertile dove battere sono i giovani, anzi i giovanissimi. I bambini che sono i nuovi adulti del domani. Ma c'è bisogno di ricucire. «Negli ultimi tempi scuola e famiglia sono sempre più staccati – dice il generale - va ritrovata un'alleanza formativa, perché questi ragazzi vanno seguiti in ogni fase della loro crescita». Nel frattempo però c'è tanta fame di giustizia. La cercano e la invocano soprattutto i familiari di chi ha perso figli, madri, parenti, amici.
«Quando poi accadono le tragedie – afferma Garofano - dobbiamo accettare la sconfitta delle comunità e dobbiamo cercare di porvi rimedio. Ed è necessario dare giustizia alle vittime e ai familiari perché una giustizia giusta diventa anche questo un deterrente alla violenza». La certezza della pena è una delle battaglie principali. E per avere una pena, però si deve affrontare un processo quindi servono prove. E in questi casi «la prova scientifica è stata sempre determinante», argomenta Garofano. Prova scientifica che abbraccia il mondo tecnologico fino a quello biologico. Il generale evidenzia che anche «gli stessi oggetti informatici» diventano strumento investigativo importante per episodi di maltrattamenti o stalking «perché possono rivelare molte cose» sia della vittima che del carnefice. E nei casi più gravi «abbiamo indagini risolte grazie alla prova scientifica e la prova del Dna». Il Dna la regina delle prove scientifiche.
«Oggi abbiamo modi per approfondire che prima non avevamo. Nel tempo queste tecniche sono migliorate e si fanno accertamenti che 45 anni fa era impensabile poter effettuare». Dall'impronta digitale siamo arrivati all'impronta genetica. Ma non solo ,il Bloodstain pattern analysis (Bpa) serve per studiare la dinamica d'impatto delle tracce ematiche sulla scena del crimine. E questa tecnica «ha permesso di risolvere molti casi che si sono poi conclusi con una sentenza, penso ad esempio all'omicidio di Giulia Cecchettin». La prova scientifica ha in qualche modo rivoluzionato il modo di fare indagini, anche se indagare significa che è accaduto qualcosa di drammatico. E quindi dobbiamo «incassare la sconfitta».
Qualche giorno fa Garofano ha tenuto un incontro con centinaia di giovani pugliesi discutendo del suo libro “I labirinti del male”, un testo che parla direttamente alla pancia delle persone dell'atrocità della violenza e fornisce strade per difendersi e non arrendersi. «I giovani vivono in una libertà apparente dove il percorso della parità di genere è ancora incompleto», mormora il generale ritornando alla radice della questione. L'educazione. Vita reale e virtuale non possono coincidere. Questi ragazzi sono «immersi in un pantano senza codici e barriere. Dobbiamo fornire loro gli strumenti per poterci stare dentro senza annegare». I genitori devono vivere e accompagnare e i social non possono diventare una stampella educativa. Educhiamoli «alla solidarietà e al rispetto dell'altro».
E poi è fondamentale spezzare alcuni tabù sui disturbi mentali e psichici. «Anche qui è fondamentale un cambio di passo della famiglia», insiste Garofano. La cura e la rieducazione del maltrattante è un tema poco affrontato. Queste persone vanno aiutate fin dai primi segnali. Offrire loro supporto psicologico significa non solo salvare loro. Ma salvare le future vittime.