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Festa della mamma, il medico Tania: «Due anni lontano da mio figlio: mi hanno salvato le videochiamate»

Di Rossella Jannello |

«Ho studiato a Catania – racconta la dott. Tonzuso – e mi sono laureata nel 2005. Nel 2012 mi sono specializzata in Medicina Interna e Medicina d’urgenza e ho nel mio carnet anche due master in Ecografia e Medicina d’Urgenza. Nel frattempo, nel 2010 mi sono sposata e nel 2012 è nato nostro figlio». «Dopo il primo periodo di maternità – continua Tania – mi sono guardata attorno e le prospettive mi sono apparse subito nere: i concorsi nella Sanità in Sicilia erano bloccati, c’era poco o nulla sul territorio. Che cosa dovevo fare? Appendere a un chiodo la laurea, tanti anni di sacrifici e una sincera passione per la Medicina d’Urgenza?».

Così, la professionista («mio figlio era troppo piccolo, non potevo fare altro») accetta un incarico a tempo determinato nel Pronto soccorso dell’ospedale di Lentini («un ospedale piccolo – ricorda – ma nel quale ho imparato tanto») e di rinnovo in rinnovo, a Lentini rimane per quattro anni. «Ma era una strada senza sbocco – ammette – e i dubbi e le apprensioni su quello che volevo fare della mia vita professionale tornavano periodicamente, tormentandomi». Così, Tania Tonzuso si rimette sui libri e partecipa a un concorso («il primo che ho trovato») della regione Marche, per il pronto soccorso dell’ospedale di Pesaro. E lo vince. Così, due anni fa, la dottoressa lascia la sua città, suo marito e soprattutto il bambino, che ha quattro anni ed è attaccatissimo alla mamma e comincia la sua nuova avventura professionale a 1057 chilometri da casa.

«Un periodo difficile – ricorda – perché sono andata via a malincuore dalla mia famiglia, dalla mia terra, dalle mie radici. Anche se – continua – mio marito è un padre affettuoso e i nonni, materni e paterni, ci hanno dato una grossa mano con il bambino. Io lavoravo sodo, radunavo qualche giorno libero e cercavo di scendere, fra difficoltà logistiche e tariffe aree elevate, almeno una volta al mese per stare con la mia famiglia. E a volte non ci riuscivo neanche, perché in Pronto soccorso è difficile programmare anche le ferie. Ma, anche se ho mancato a volte l’appuntamento con feste e ricorrenze familiari, per il compleanno di mio figlio ci sono stata sempre. Per il resto, ci hanno salvato le videochiamate…». Così, fra momenti bui («provavo un’enorme sofferenza a stare lontana da loro…») e l’ipotesi, caldeggiata anche dal primario del Ps marchigiano, di trovare un lavoro a Pesaro anche per il marito di Tania («ma è ingegnere edile e aveva già cominciato a inserirsi professionalmente qui, sarebbe stata una follia») il tempo passa.

Nel 2018 la dott. Tonzuso risponde a un bando di mobilità in entrata dell’azienda Cannizzaro che, in ossequio alle direttive regionali di «riportare a casa» le risorse mediche e infermieristiche disperse negli anni bui del blocco dei concorsi, ha programmato di rinforzare il dipartimento di Emergenza-Urgenza. Comincia così un lungo dialogo bucrocratico a distanza fra l’azienda catanese che la vuole, subito, e l’azienda pesarese che non la vuole lasciare andare, ma alla fine il nulla osta marchigiano arriva e Tania può tornare a casa. «Grazie al direttore generale, il dott. Salvatore Giuffrida che ha voluto riportare a casa i medici che si erano dispersi. Non sono l’unica, infatti. Insieme con me, per esempio, sono tornati 20 colleghi anestesisti. E poi – sorride – così ho fatto in tempo per accompagnare mio figlio, che nel frattempo ha fatto sei anni, al suo primo giorno di scuola…».

Adesso la dott. Tonzuso è finalmente più serena. Sul piano umano e su quello professionale. «In Pronto soccorso, il settore che ho scelto fin dal primo incarico si lavora bene: è un microcosmo e una sorta di grande famiglia e non potrebbe essere diversamente per affrontare, come facciamo ogni giorno, drammi e sofferenze senza andare in burnout. E poi il progresso tecnico e gli investimenti aziendali hanno fatto sì che oggi si disponga di una serie di ausili migliori e più efficaci rispetto al passato. Certo, rispetto a Pesaro, qui si fa un uso a volte distorto del ricorso al Pronto soccorso, visto che il territorio non offre molto altro, ma noi accogliamo tutti e in fondo siamo qui anche per rassicurare le persone».

E a casa? «Non è stato facile – ammette – ricostituire gli equilibri familiari e organizzare la mia nuova vita. Ma mi sono ricordata gli insegnamenti della prof. Daniela Catalano, professionista e madre di famiglia che negli anni di università ci esortava a far coesistere la sfera privata con quella professionale. Così, compatibilmente con i turni e gli imprevisti, cerco di fare una vita normale e di farla fare alla mia famiglia. Mio figlio? Non mi ha mai detto nulla di preciso dopo il mio ritorno – dice – ma quando entra in casa, leggo nei suoi occhi la paura che io non ci sia. E quando mi vede, mi abbraccia – conclude Tania -e si scioglie in un gran sorriso».

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