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Il catanese "Scarface" nel consorzio delle mafie in Lombardia

Tra i 143 imputati che rischiano il processo a Milano c'è anche William Cerbo, ritenuto la voce dei Mazzei nella federazione criminale. La difesa: «Accuse infondate»

Laura Distefano

12 Aprile 2025, 15:04

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William Cerbo, battezzato dai cronisti lo “Scarface catanese” per la fissazione spasmodica al personaggio interpretato da Al Pacino, rischia il processo a Milano nell’ambito dell’inchiesta Hydra sulla federazione delle mafie in Lombardia. William Cerbo occupa il posto 36 nel lungo elenco di 143 imputati per cui i pm Alessandra Cerretti e Rosario Ferracane hanno chiesto il rinvio a giudizio. L’accusa per il catanese è associazione mafiosa: sarebbe la voce del clan Mazzei - meglio conosciuto dalle nostre parti come i “carcagnusi” - nel consorzio criminale. Assieme al 43enne, molti siciliani che farebbero parte di «una imponente e capillarmente strutturata associazione mafiosa operante tra la città di Milano e la sua provincia, Varese e hinterland, costituita da Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra, avente una struttura confederativa orizzontale, nell’ambito della quale, i vertici di ciascuna delle tre componenti mafiose operano allo stesso livello, contribuendo alla realizzazione di un sistema mafioso lombardo».

La corrente mafiosa siciliana sarebbe costituita dalla famiglia palermitana Fidanzati (Stefano Fidanzati, Giuseppe Fidanzati, Antonio Galioto, Pietro Mannino), da esponenti della famiglia di Trapani (Paolo Aurelio Errante Parrino, Bernardo Pace, Michele Pace, Domenico Pace, Rosario Bilone, Giovanni Abilone, Diego Cislaghi), dai Rinzivillo di Gela, nel Nisseno (Dario Nicastro, Fabio Nicastro, Rosario Bonvissuto) e infine dai Mazzei di Catania. La famiglia mafiosa catanese conquista un posto nella corte di Cosa Nostra siciliana con la pungiuta di Santo Mazzei, avvenuta in piena stagione stragista dei corleonesi negli anni ‘90. Arrivò a Catania Leoluca Bagarella in persona per la cerimonia dell’uomo d’onore.


William Cerbo finì nei guai oltre dieci anni fa: lo arrestarono nel 2014 i finanzieri di Catania proprio nell’operazione denominata “Scarface”, l’ispirazione arrivò quando gli investigatori trovarono un trono uguale a quello del film cult di Brian De Palma e il progetto di una villa simile al narcotrafficante Tony Montana. Fu considerato una sorta di boss in giacca e cravatta dei Mazzei. L’imputato ha finito di scontare la condanna per mafia (su fatti risalenti al 2013) e si è trasferito a Milano. Ma qui i problemi giudiziari sono tornati: finì coinvolto in un’inchiesta sulle truffe durante la pandemia Covid. E quando i finanzieri entrarono nel suo appartamento milanese trovarono dei quadri con le scene del film Scarface.
Cerbo è al momento detenuto al carcere di Genova per questa indagine. Il gip in prima battuta ha respinto la richiesta di custodia cautelare dei pm milanesi. Ma la procura ha impugnato davanti al Tribunale del Riesame, che invece ha emesso la misura poi confermata dalla Cassazione. Nel corso delle indagini dell’operazione Hydra gli investigatori milanesi documentano dei contatti tra Cerbo e altri co-imputati che farebbero parte del “consorzio delle mafie”.

Per il difensore, l’avvocato Alessandro Coco, «le accuse nei riguardi del mio assistito sono destituite di ogni fondamento. Il gip di Milano Tommaso Perna, nel respingere inizialmente la richiesta del pm, ha adottato un provvedimento impeccabile. Inspiegabile - afferma il legale - il ribaltamento del Tribunale della Libertà di Milano che, in accoglimento dell'appello cautelare del pm, ha disposto la custodia cautelare. Abbiamo avuto modo di accertare diversi errori, specie nella trascrizione delle intercettazioni e nella loro conseguente interpretazione. Siamo certi - conclude l’avvocato Coco - di chiarire al più presto la posizione di Cerbo, ma mi fermo qui per adesso per rispetto del lavoro degli inquirenti e perché desidero non anticipare la strategia difensiva».