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«Ci hanno rubato l'identità digitale, ora la beffa: imputati per truffa»

La storia paradossale di due coniugi siciliani che si sono visti notificare una citazione a giudizio dal Tribunale di Bologna.

Laura Distefano

24 Aprile 2025, 10:48

truffa

«Curnuto e mazziato». Il detto partenopeo calza a pennello nell’incipit del racconto di questa vicenda giudiziaria che coinvolge una coppia siciliana che si è vista recapitare una citazione a giudizio per truffa aggravata dal Tribunale di Bologna. I truffati in realtà sono stati loro. Ma vallo a spiegare al pubblico ministero che non ha ritenuto nemmeno di interrogare i due imputati.

Tutto cominciato nel 2020

Tutto è cominciato nel 2020. Da un regalo. Una busta con cento euro che il marito ha donato alla moglie per togliersi qualche sfizio. Il consorte scoprirà solo dopo un anno che fine avevano fatto quei soldi. La scoperta la farà negli uffici della guardia di finanza di Gallarate, in provincia di Varese, dove nel frattempo si erano trasferiti dal Calatino. Alla signora vengono fatte domande circostanziate relativamente al versamento dei 100 euro a un fantomatico “Alex Dupont”. E, con sorpresa del marito, la donna racconta che aveva visto su internet un messaggio promozionale per ottenere un prestito e così aveva versato la somma per l’istruzione della pratica e inoltre aveva fornito i dati di una PostePay e della carta d’identità.

Perché quelle domande?

Ma perché quelle domande? Il militare ha spiegato ai coniugi che avevano rubato l’identità digitale e clonato la carta di credito. «A quel punto siamo andati all’ufficio postale e abbiamo bloccato la carta», racconta l’uomo. I due però non hanno fatto denuncia. Ma c’è di più, marito e moglie scoprono che alla PostePay era stato associato un numero di cellulare a loro sconosciuto. Un modo per non far arrivare le notifiche dei movimenti che intanto avvenivano sulla carta.

La PostePay

Con la chiusura della PostePay pensavano di aver archiviato la brutta avventura. Alla fine ci avevano rimesso 100 euro. Ma purtroppo non era così. A maggio 2022 è arrivata un’altra chiamata dalla guardia di finanza di Gallarate, ma stavolta la donna non è stata sentita nella veste di informata dei fatti, ma come indagata.
L’interrogatorio è finito nel fascicolo del pm di Bologna. Il famigerato Dupont (nome assolutamente inventato) aveva “spennato” una vittima, che per ottenere un prestito 150.000 euro aveva versato migliaia di euro per i costi d’istruzione della pratica fantasma. L’indagine in cui sono finiti i due siciliani è partita dalla denuncia proprio della donna. La signora siciliana, con gli investigatori, ha ripercorso nuovamente tutta la vicenda. A un certo punto le è stato domandato da chi fosse stata usata la carta postale. La donna ha risposto che qualche volta il marito effettuava dei pagamenti per il carburante dell’auto. E queste affermazioni sarebbero bastate per iscrivere l’uomo nel registro degli indagati. E ora sul banco degli imputati.

Le intercettazioni

In oltre 156 pagine di intercettazioni solo una volta è citato il nome della signora siciliana, ma come titolare della PostePay dove la vittima doveva versare i soldi alla famigerata “Sophie”, che dal suo italiano stentato sembrava straniera. E anche le operazioni risultano di un Paese oltre i confini europei. «Siamo pronti a dimostrare la totale estraneità dai fatti contestati», commenta l’avvocato Gianmaria De Bernardi del foro di Milano, che assiste la moglie.
L’udienza pre-dibattimentale è fissata per l’11 marzo 2026. I due coniugi sono accusati di essere gli autori (assieme agli altri coimputati) del profilo falso Facebook “Alex Dupont” che informava della possibilità di ottenere finanziamenti a fondo perduto dall’Unione Europea a favore di piccoli imprenditori in difficoltà economica. Per la procura bolognese i cinque imputati (oltre alla coppia calatina, c’è anche un agrigentino) avrebbero convinto la vittima a versare le somme in diversi conti e carte. Tra cui la PostePay della signora derubata della sua identità digitale.
Dal danno alla beffa, appunto.