Il volto nascosto dell'agricoltura catanese nel rapporto Flai Cgil: tante vertenze e pochi ispettori del lavoro
Il dossier è il frutto dell’attività sul campo delle Brigate del lavoro e contiene un’analisi del settore basata su dati Inps e testimonianze dirette
Braccianti, generico
«Il lavoro agricolo nella provincia di Catania è un sistema che si regge ancora oggi su precarietà, sfruttamento e silenzi istituzionali». Lo afferma la Flai Cgil che ha presentato il nuovo Rapporto sul lavoro agricolo all’assemblea generale del sindacato. Il dossier è il frutto dell’attività sul campo delle Brigate del lavoro e contiene un’analisi del settore basata su dati Inps e testimonianze dirette.
«Ma i numeri - spiega Giuseppe Glorioso, segretario Flai Cgil Catania - non bastano a raccontare tutto. Il cuore del rapporto è nelle storie dei braccianti, raccolte nei campi e nei ghetti informali. Una tra tutte, quella di Mohamed Mouna, 24 anni, ucciso per essersi rifiutato di sottostare ai ricatti del caporalato. A lui è dedicato questo lavoro di denuncia e proposta. La baraccopoli di Ciappe Bianche a Paternò è il simbolo di un’emergenza umanitaria ignorata».
Secondo i numeri resi noti dal sindacato, tra il 2020 e il 2024 gli operai agricoli in provincia sono passati da 30.395 a 26.789, con una perdita dell’11,86%. Oltre il 97% degli occupati lavora con contratti a tempo determinato. Il tasso di irregolarità ha superato il 20% e le retribuzioni restano tra le più basse del mercato del lavoro. I migranti rappresentano il 19% della forza lavoro e, ricorda la Flai Cgil, spesso vivono in condizioni di vita estreme. Rimangono esclusi da queste statistiche, sottolinea il sindacato, le centinaia di lavoratori irregolari privi di permesso di soggiorno che «vengono sfruttati da caporali spesso loro connazionali, che li pagano meno di un euro per ogni cassetta raccolta».
Giovanni Mininni, segretario Flai Cgil nazionale, che ha evidenziato "l'importanza strategica di attivare le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità" osservando che «il loro corretto funzionamento permetterebbe ispezioni più mirate, perché sono organismi radicati nei territori, con la partecipazione di Inps, Inail e Ispettorato del lavoro».