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Cursoti-Milanesi: la faida per la linea di successione

Fucilate, fughe e i verbali di un pentito raccontano le tensioni interne al clan

Laura Distefano

29 Giugno 2025, 13:08

Cursoti-Milanesi: la faida per la linea di successione

Una guerra intestina per lo scettro del comando. Quando Saretto Pitarà (‘u furasteri) muore è caos all’interno dei Cursoti Milanesi. È il dicembre 2020. Ardizzone - uomo di Distefano ‘pasta ca sassa - e i fratelli Licciardello - nipoti del defunto boss - sono ai ferri corti. Ognuno di loro spinge per avere il diritto a dirigere la famiglia mafiosa creata da Jimmy e Nuccio Miano. I fratelli Licciardello entrano in pieno scontro con Distefano e creano una loro cellula autonoma, forti del “sangue” Pitarà che gli scorre nelle vene. Ma le tensioni portano alle armi. E si arriva anche a veri e propri agguati. È solo un caso che non ci siano morti.

Il 19 aprile 2022 Licciardello - hanno ricostruito gli inquirenti - spara dei colpi di pistola contro il negozio del padre di Gabriele ed Emanuele Strano. «Ma vedi che mi ha sparato qua “u Merluzzo”», dice il padre al figlio inconsapevole di essere intercettato. «Lui ora questa la deve pagare perché io non c'entro niente…», continua. Ardizzone, con Giuseppe Piterà, Rosario Piterà e Gabriele Strano, decide di rifiguarsi ad Acireale per ripararsi da altre ritorsioni di Licciardello. La fuga «del gruppo - annota la gip nell’ordinanza - si desume dalla sequenza di telefonate registrate per la prenotazione delle camere e dal segnale delle celle di aggancio rimandato dai telefoni cellulari degli indagati nonché dalle immagini che danno atto delle posizioni degli stessi». Ma come importante elemento di riscontro sono arrivate le dichiariazioni di Stefano Sciuto, figlio del boss ormai scomparso Sebastiano “Nuccio Coscia”.


«Dopo la mia scarcerazione - racconta ai pm - un gruppo di sei sette ragazzi dei Cursoti, tra cui Ardizzone, si legò molto al mio gruppo, grazie all'amicizia nata con Carmelo Grasso con cui uscivano e si recavano in discoteca. In quel periodo, questi ragazzi, con a capo Giuseppe Piterà, frequentavano anche le nostre zone, procurandoci dello stupefacente del tipo skunk. Poi ebbero un conflitto a fuoco a Librino e, temendo ritorsioni, chiesero aiuto a noi e, in tutta fretta, li nascondemmo alcuni giorni a Villa Corallo. Debbo precisare che di questo nostro legame con i Cursoti si era lamentalo con me Orazio Finocchiaro detta "iattaredda", con cui mi ero incontrato, perché i Cursoti erano un clan mafioso loro avversario e con cui c'erano dei contrasti».

Gli spari al negozio sarebbero stati la risposta al pestaggio subito da Carmelo Tiralongo, che sarebbe un appartenente della fazione di Licciardello.