UniCt, parla il nuovo rettore Enrico Foti: «Primo scoglio? Il semestre filtro per entrare a Medicina»
I retroscena “finali” svelati e il chiarimento: «Incarichi non ancora decisi»
Saluti, complimenti, auguri. Enrico Foti sorride, ringrazia, promette che richiamerà nel pomeriggio. In 40 minuti di chiacchierata, le interruzioni non si contano. «Ho 400 messaggi ai quali non ho ancora risposto. Lo farò a poco a poco. Comincio ad avvertire un po’ di stanchezza fisica», confessa. La vita del nuovo Magnifico rettore dell’università di Catania è appena cominciata, assieme alla luna di miele con elettorato e ateneo. A proposito: nell’articolo di ieri, si diceva che Pierfrancesco Veroux, sconfitto «per una manciata di voti». Un errore di chi scrive: bisognava aggiungere il riferimento al quorum del secondo turno, quello sì superato per un pelo (Foti ha ottenuto 876 preferenze, gliene servivano 860 per essere eletto già al secondo turno; Veroux ne ha avute 549).
Cominciamo da qui. Soddisfatto?
«Mio figlio e io siamo grandi fan di Fast & Furious, quindi citerò Toretto: “Non importa se vinci di un centimetro o di un chilometro, l’importante è vincere”. Però non ho vinto per un centimetro. Di fatto c’è stato un ballottaggio e ho superato una doppia soglia: quella della vittoria e quella del quorum. Più di così…».
All’apparenza è stata una campagna elettorale tranquila. Dietro le quinte, invece, l’esatto contrario.
«È stata molto dura.Parlo con cognizione di causa, perché ne avevo già fatta un’altra. Quella del 2016, poi vinta dal professore Francesco Basile, al confronto di questa è stata da lord inglesi. Qualcuno tra i supporter ha interpretato la competizione anche come prevaricazione dell’avversario, ci sono stati atteggiamenti pesanti. Ma adesso guardiamo avanti, è il momento del futuro».
Prima diamo i retroscena. Si aspettava che il prof Veroux non si ritirasse?
«Il giorno prima del voto, lui e io ci siamo visti. Siamo andati a prendere una granita da Duci. Ci siamo salutati stringendoci la mano, aspettavo la sua lettera con il ritiro dalla competizione. Tant’è che ho cominciato a telefonare al mio gruppo, per ricordare che bisognava comunque andare a votare, perché c’era il quorum da raggiungere. Quando è arrivata la lettera, peraltro irrituale, che annunciava al contrario la permanenza in corsa non me l’aspettavo. Posso capire che la sua squadra lo abbia spinto o che lui stesso abbia cambiato idea, ma non mi ha avvisato. Mi è dispiaciuto dal punto di vista dei rapporti personali, ma non mi sono preoccupato. Non avevo dubbi sulla vittoria. Certo, il ritiro avrebbe dato un segnale di coesione all’ateneo».
Lei ha chiamato accanto a sé i professori Salvatore Baglio e Ida Nicotra. I detrattori dicono che adesso l’università sarà, in qualche modo, serva di tre padroni.
«Non è vero. E aggiungo che, molto signorilmente da parte di tutti, non c’è stato nessun mercato delle vacche per gli incarichi. Con loro abbiamo preso un cordialissimo caffè, che fossimo d’accordo su molte cose era chiaro già da prima. Così come era chiaro che portare il confronto più avanti avrebbe inasprito i toni e reso più difficile tornare indietro».
Cosa risponde a chi, magari dall’area umanistica, teme di avere la vita difficile dopo questa campagna elettorale?
«Ognuno misura le cose col suo metro. Posso dire che quel meccanismo che altri temono non appartiene al mio modo di pensare. Sarò il rettore di tutti, non sarò un sostituto dei direttori. I rettori devono ragionare su scala d’ateneo».
Avrà una prorettrice?
«È una possibilità. È naturale che io voglia attorno le persone che hanno lavorato con me, pancia a terra, a questa campagna elettorale, alla stesura del programma. Forse, però, le medaglie da appuntare saranno meno dei petti disponibili. Ammetto che ci dovrò pensare bene, partendo dalle competenze».
E il direttore o la direttrice generale?
«A ogni giorno il suo problema. Il direttore generale in carica scadrà a dicembre 2026, ci penserò allora. Ho detto più volte che dovrà essere un interno, e del personale tecnico-amministrativo».
Il mandato del rettore Francesco Priolo scadrà il 18 settembre, se lui non deciderà di lasciarle spazio prima.
«Speriamo di no. Così almeno mi faccio qualche giorno di vacanza quest’estate! (ride, ndr) Penso sia giusto che finisca il suo percorso. Ci sentiremo presto in un’ottica di collaborazione, per un passaggio di consegne soft e pensare a un affiancamento, necessario, della mia squadra con la sua».
Non sarà ancora in carica, ma il tema di Medicina la riguarderà da subito.
«Il semestre filtro, si chiama così, per l’iscrizione a Medicina è la vera bomba atomica di questa fase. Ho parlato con i colleghi e con le colleghe, mi sono fatto spiegare bene, so che se ne stanno occupando in maniera puntuale e sono sicuro che saranno prese le decisioni migliori. Le lezioni cominceranno l’1 settembre e termineranno entro il 30 novembre. Quindi me ne dovrò occupare da subito. Se vuole la mia opinione, questa organizzazione ministeriale è folle: io avrei fatto una commissione nazionale, con lezioni a distanza, per tutti. Così non ci saranno disparità tra un dipartimento e l’altro, tra un ateneo e l’altro. Che diremo quando gli studenti di Catania passeranno tutti e tra quelli di Bologna, invece, nessuno? Sto facendo un esempio a caso, eh. È solo per dire che così gli esiti dei test dopo il semestre potrebbero anche dipendere dalla scelta di centrare gli insegnamenti sulla preparazione ai test, più che sulle materie nel complesso. Ci sarà da gestire anche l’ingresso poi negli altri corsi di studio, e non si sa bene come, perché non ci sono esperienze precedenti. Quello che mi consola, se così si può dire, è che è un problema che mette in grosse ambasce tutti gli atenei».
Avete stimato quanti aspiranti medici si iscriveranno a Catania?
«Tra i quattro e i seimila. Confermo quello che dicevo prima: è il primo serio pensiero che avrò da rettore».