Duplice omicidio Vecchio - Rovetta: trovate due armi a casa del "negoziatore" del pizzo
Il cold case del 1990. La Procura Generale sta analizzando il materiale sequestrato a Messina.
Duplice omcidio Vecchio Rovetta
Le coincidenze strane. E inquietanti. A casa di Vincenzo Vinciullo, l’imprenditore ottantenne di Messina destinatario di una perquisizione disposta nell’ambito delle indagini per il duplice omicidio di Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio del 30 ottobre 1990, gli investigatori hanno trovato due pistole calibro 38, legalmente detenute.
Le pistole
Lo stesso calibro (38 special per la precisione) dei proiettili trovati nei cadaveri dei due manager delle Acciaierie Megara. Ed è qui l’inquietante coincidenza. La Procura Generale - che qualche mese fa ha avocato le indagini dopo che la procura etnea aveva avanzato richiesta di archiviazione al gip - ha disposto (ma è un atto dovuto) di fare degli accertamenti balistici sulle armi che sono state sequestrate assieme a documentazione e telefonini. Sui cellulari è stata fatta copia forense, al fine di poter verificare se nella memoria ci siano dati utili all’inchiesta. Il legale del professionista messinese, l’avvocato Isabella Barone del foro di Messina, ha presentato ricorso al Riesame contro il sequestro di alcuni incartamenti e dispositivi, ma poi vi ha rinunciato considerando che il dissequestro (della parte d’interesse dell’indagato) è arrivato prima della fissazione dell’udienza.
Il negoziatore
Ma chi è Vinciullo? Nel 1990 era l’agente di commercio di Megara. La mattina dell’omicidio si era visto con Alessandro Rovetta. Il suo nome addirittura emerge nei pizzini che Bernardo Provenzano inviava a Gino Ilardo, l’infiltrato Oriente di Cosa Nostra che è stato ammazzato il 10 maggio 1996 a Catania. Le rivelazioni di Ilardo sono finite nel dossier Grande Oriente redatto dal colonnello Michele Riccio, che ha gestito il confidente per parecchi anni.
Vinciullo è protagonista di un’intercettazione captata pochi giorni dopo l’agguato mafioso alla zona industriale in cui persero la vita Vecchio e Rovetta. Dialogando con Aldo Campione (ormai defunto) parlano di quello che appare il pagamento di un’estorsione. Ed è questo il movente individuato dalla procura generale. I due manager sarebbero stati ammazzati per aver detto no al pagamento del pizzo agli Ercolano. Vinciullo - secondo la ricostruzione investigativa - sarebbe stato il “negoziatore” della tangente mafiosa. Appena dopo il duplice delitto, i bresciani di Alfa Acciai (che deteneva le quote di Megara, oggi Acciaierie Sicilia) hanno pagato un miliardo di lire alla mafia prendendole dalle provviste in nero create proprio a questo scopo. Nel fascicolo dell’ indagine, coordinata dai sostituti Pg Nicolò Marino e Giovannella Scaminaci e condotta dal Gruppo interforze di polizia giudiziaria della procura generale e la Dia, ci sono le dichiarazioni di Amato Stabiumi ed Ettore Lonati che ammettono di aver versato il pizzo a Cosa Nostra tramite Vincenzo Vinciullo.