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Messina lascia Meloni: «Nessun collegamento con l’indagine all’Ars»

Il deputato catanese annuncia le dimissioni dal gruppo di Fratelli d'Italia: «Ho tolto alcuni sassolini che tenevo da tempo nelle scarpe»

Laura Distefano

01 Agosto 2025, 12:54

Giorgia Meloni e Manlio Messina

Quando ieri Giorgio Mulè, in veste di presidente di turno alla Camera dei Deputati, ha annunciato l’adesione di Manlio Messina al “gruppo parlamentare Misto” è calato il gelo a Montecitorio. Ieri l’ex assessore regionale al Turismo ha deciso di lasciare Fratelli d’Italia. E lo ha annunciato con una nota striminzita inviata alle agenzie di stampa: «Comunico la mia decisione di lasciare il partito Fratelli d’Italia e di rassegnare le dimissioni dal gruppo parlamentare. Non aderirò ad altri partiti, né ora né in futuro. Nei prossimi giorni valuterò con senso di responsabilità se proseguire il mio mandato parlamentare, continuando a sostenere il presidente Giorgia Meloni e il suo Governo, oppure se concludere anticipatamente questa esperienza, lasciando anche il ruolo da deputato. Un’esperienza intensa, che ha rappresentato la mia passione e il mio impegno più autentico verso la politica, a cui ho dedicato gran parte della mia vita».

Un divorzio inaspettato. E improvviso. Anche se Messina invece garantisce che è stata una decisione che nasce da una precisa riflessione. «Mi sono liberato di qualche sassolino dalle scarpe che avevo da tempo», è l’unico commento che riusciamo a strappare. Non ha voglia di parlare l’ex assessore regionale al Turismo. Che ora addirittura sta meditando di abbandonare lo scranno alla Camera. «Ha avuto un acceso confronto con alcuni colleghi di partito e ha fatto una scelta istintiva. Ma considerando il rapporto che ha con Giorgia Meloni può anche essere che lo strappo si possa ricucire», dice un politico da Roma. Per qualcuno però sono voci diffuse per depistare dal vero motivo della rottura. Che molti collegano a quello che sta accadendo in Sicilia. E in particolare a Palermo. E cioè l’inchiesta sulla corruzione all’Ars che ha investito il presidente Gaetano Galvagno e anche l’assessora Elvira Amata. Indagine che è partita nel 2023 dopo che è scoppiato il caso Cannes, con l’affidamento alla società lussemburghese Absolute Blue. Un progetto quello legato al Festival del Cinema con la creazione di “Casa Sicilia” a cui Messina ha sempre creduto fortemente. Il ponte di collegamento fra i due filoni investigativi è Sabrina De Capitani che approda a Palermo proprio con progetto Cannes. E poi è venta la portavoce di Gaetano Galvagno. Intercettando la “califfa” i pm hanno aperto i capitoli investigativi che da poco si sono chiusi. Il deputato Messina - va precisato - non è indagato dalla procura di Palermo. Il suo nome però è citato più volte dai protagonisti: «Messina comanda, Amato (Marianna, ndr) è cosa di Messina». Nelle carte, da Cannes a Galvagno, è presente. Ieri mattina, caso ha voluto, c’è stata (seppur da remoto) anche l’audizione del presidente dell’Ars con i probiviri di FdI.

«Non credo alle coincidenze», mormorano da Roma. E pure da Palermo. Ieri nell’arco della giornata si sono fatte ipotesi, ricostruzioni. Alcune anche senza fondamento. Qualche politico siciliano è andato a spulciare gli articoli della riforma Cartabia per capire quali sono gli step normativi previsti per poter procedere nei confronti di chi gode dell’immunità parlamentare. «Succederà qualcosa», è la previsione di un giovane professionista che bazzica fra tribunali e istituzioni. Che aggiunge: «Non scendi da quel cavallo se non hai il rischio che ti disarcioni».
Ma Messina smentisce qualsiasi legame con l’inchiesta all’Ars. Su questo dato è lapidario: «Si tratta di una scelta politica, non c’è alcun collegamento con la vicenda giudiziaria di Palermo. Anche perché non sono fatti che mi riguardano non essendo indagato». Non scopre le carte il deputato. Forse prima di qualsiasi coming out vuole confrontarsi con Giorgia Meloni. Ancora ipotesi.
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