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Tangenziale di Catania sull'orlo del collasso: terza corsia o by-pass?

Bisogna prendere subito una decisione: ecco pro e contro delle due soluzioni

22 Agosto 2025, 15:53

tangenziale

Il rientro post-vacanze paventa incubi quotidiani di file chilometriche e intasamenti. In realtà, pure in questa estate è regnato il caos sulla tangenziale di Catania (Ra15), lunga 24 km, arteria critica per la mobilità siciliana. Durante l’esodo tra 8 e 10 agosto, l’Anas ha rilevato alla postazione di Misterbianco 165.900 transiti in due giorni.

Dati alla mano, il raccordo autostradale ha un traffico medio di veicoli che nel 2021-24 è cresciuto su base annua di 15,56% (leggeri) e di 13,01% (pesanti). Proiettando questi valori all’anno in corso e al 2026, ciò significa rispettivamente oltre 84.000 e 97.000 mezzi al giorno, di cui il 4% pesanti.

A voler esser prudenti nelle stime, la congestione sulla tangenziale di Catania avrebbe un costo sociale giornaliero di oltre mezzo milione di euro (al 2025) e di € 600mila (al 2026), contabilizzando - secondo le prevalenti metodologie impiegate in economia dei trasporti - il tempo sprecato (all’incirca 8/h per passeggero), il maggior consumo di carburante e le emissioni di Co2. Totale: almeno € 200 milioni annui.

I valori reali però sono superiori se si monetizzano i costi di logistica delle imprese (pari al 100% del tempo perso) e tutte le esternalità negative per incidenti, tamponamenti, rumori e manutenzioni. Alcuni studi disponibili stimano il costo totale annuo fino al miliardo di euro.

A bocce ferme, peggiorando di anno in anno, si è vicini al collasso. Trattandosi di un’arteria vitale, il rischio è l’infarto letale al cuore di tutta la mobilità siciliana.

La tangenziale Ra15 collega le due autostrade Me-Ct e Pa-Ct, l’asse per la Ct-Sr, le strade statali 114,121, 192, 194 e 417; lambisce la Plaia, il porto e l’aeroporto; interseca la fascia dei paesi etnei, l’area di Misterbianco e la zona industriale di Catania; è snodo per centri commerciali, magazzini, ospedali ed enti pubblici. Tutti grandi generatori di traffico.

Per ridurre il costo sociale, si discutono da tempo due possibili vie, che abbiamo valutato economicamente.

La prima via è aggiungere una terza corsia. È il progetto dell’Anas, con annesso studio di fattibilità, non ancora approvato dal Cipess. L’investimento, secondo il Piim della Regione Siciliana, si attesta su 350 milioni. Con cantieri che per almeno 5 anni restringerebbero però la carreggiata riducendone la capacità al 68%, a lavori finiti il ritardo medio nei tempi di percorrenza potrebbe scendere dagli attuali 15 a 3 minuti. Il costo sociale diminuirebbe così a 45 milioni l’anno. In 30 anni, con un tasso di sconto del 4%, i benefici dell’intervento supererebbero i costi, anche nell’ipotesi in cui la maggiore capacità (+50%) attirasse fino a 120.000 veicoli al giorno per effetto della “domanda indotta”.

La seconda via è la proposta di un bypass, un nuovo asse esterno tra Giarre (o Acireale) e Motta S.Anastasia che intercetti il traffico di attraversamento. È dell’Ance Catania - manca però lo studio di fattibilità - per un investimento stimato in 600 milioni. In questo caso, ad opera finita, la riduzione degli oneri sociali dipenderebbe dalla quota di traffico deviata. Abbiamo stimato che, se solo il 20% dei veicoli abbandonasse la tangenziale, il costo si attesterebbe intorno a € 66 milioni l’anno; ma con una deviazione del 40% scenderebbe fino a 21 milioni. Anche in questo caso, in 30 anni i benefici dell’opera eccederebbero i costi. Rispetto alla terza corsia, il bypass non rallenta il traffico durante i lavori, ma comporta un investimento più elevato e tempi lunghi (almeno 10 anni).

Bisogna prendere subito una decisione.

Convivere con la situazione attuale significa lasciare che la tangenziale, vicina al collasso in pochi anni, produca una perdita economica sempre più mostruosa con gravi ripercussioni sulla competitività dell’intera Sicilia e sulla qualità della vita di Catania.

La scelta finale sul da farsi dovrà ponderare pure impatti ambientali, consumo di suolo e le alternative di trasporto pubblico (ad oggi davvero limitate).

Investire per ridurre i ritardi è la scelta più razionale; ogni possibile intervento va però accompagnato con politiche di mobilità sostenibile che valorizzino il trasporto collettivo e limitino l’induzione di inutili viaggi in auto.