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Reddito di cittadinanza, Barbaro: «Anzichè stare sul divano, ripulisco la Scogliera»

Di Carmen Greco |

Catania – Barbaro Mongiovì, ha 24 anni, è disoccupato, ed è uno di quelli che percepisce il reddito di cittadinanza. Se ne potrebbe stare tutto il giorno seduto sul divano, come dicono al Governo, ma lui è uno di quei ragazzi che pensa e che – a parlarci – ti fa credere come non tutto, a Catania, sia perduto.

Abita a Gravina con la madre ed ogni giorno, da poco più di un mese, si reca in quel tratto di Scogliera “cittadina” che si trova sotto via Acque Casse. Un piccolo angolo di paradiso – il cosiddetto “scoglio del carabiniere” – con la roccia lavica scavata dal mare, le correnti d’acqua dolce che scorrono freddissime, e la macchia mediterranea, se non fosse per gli incivili che lo frequentano spegnendo le cicche di sigarette nei “buchi” degli scogli, abbandonando cartoni della pizza, sacchetti di plastica, cartacce e bottiglie. Barbaro, va lì tutti i giorni con secchio e guanti e si china sugli scogli per raccogliere quello che altri hanno lasciato. «Un giorno a casa – racconta – ero sul divano ed ho cominciato a pensare: “ma che ci sto a fare qui a rimuginare?”, e allora, mi sono inventato questo lavoro. Il fatto ch’io non prenda soldi per quello che faccio non significa niente. Il sudore mi cola lo stesso dalla fronte e questo, per me, è già una paga».

L’esempio raro di questo ragazzone con i baffi, il sorriso aperto e la sensibilità contagiosa, non è solo pratico, ma anche “didattico”. Invita i bagnanti a portare il posacenere da casa, spiega come i mozziconi abbandonati siano “veleno” da respirare per le persone prima che per il mare. «Ho la terza media, ma non per questo mi reputo un ragazzo ignorante, sono convinto che non possa essere un pezzo di carta a guidarmi verso un futuro migliore, c’è tanta gente laureata che non si sa rapportare con gli altri, appena parlano esce loro il fango dalla bocca».

Che lavoro vorresti fare?

«Adesso il mio lavoro è cambiare».

In che senso?

«Vorrei cambiare la mia città, in primis, perché penso che dalle piccole cose emergano quelle più grandi. Mia madre non sa nemmeno quello che faccio qui tutti i giorni».

Perché lo fai?

«È una cosa che ho sentito di fare dentro di me, lo faccio per i figli che potrei avere in futuro. Un giorno sono venuto qui con mia madre e il cane e non si poteva camminare, tanto era pieno di vetri rotti. Mi sono detto: “ma io come posso far venire qui, un domani, mio figlio?”. Se io non penso questo, cosa avrò lasciato alle future generazioni? Questa condizione, certo, è colpa di chi è venuto prima di noi, ma se noi non riflettiamo, lasceremo sempre spazzatura su spazzatura, non tanto a noi, quanto ai nostri figli. Ecco io vorrei che il mio lavoro fosse questo: essere una guida».

Vuoi dire idealmente?

«Sì, ma anche praticamente, nel mio piccolo lo sto facendo pulendo questo posto. Non mi piace il lavoro in nero e mi offrivano solo questo. Ora ho il reddito di cittadinanza. Ho fatto per 4 anni il panettiere, conosco il clima che c’è, e so anche che con il lavoro in nero ci sarà sempre il caos. Oggi tutti corrono ed è quello che porta lo scontento. La premura ha fatto i gatti orbi, se stiamo sempre e solo a correre e a cercare il denaro, resteremo sempre ciechi. Chi cerca i soldi cerca la morte come dice un altro proverbio».

Sei un gran filosofo…

«Non lo so, a volte penso come dice una canzone, che non ho i soldi per comprarmi una casa ma ho lo stile per essere un capo. Un “capo” non nel senso di uno che ti dice cosa devi fare, ma un leader, non un boss. Il leader lavora insieme agli altri, il boss ti dice “L’ha fari!”».

Quanta parte di scogliera ripulisci?

«Faccio questo tratto di costa, vorrei andare anche altrove, ma come faccio se poi non riesco a mantenere pulito qui? Tornerebbe tutto come prima».

Che tipo di rifiuti raccogli?

«Ho trovato di tutto e di più. Plastica e cicche non mancano mai, anche siringhe. Di vetro ce n’è a non finire, perché la sera vengono qui a mangiare e portano pizze e birra, ma questa è anche colpa del fatto che non ci sono abbastanza cestini per i rifiuti. Secondo me è una strategia dei politici».

Cosa vuoi dire?

«Meno cassonetti uguale più problemi igienici, più gente che si ammala e più soldi per la sanità. Loro (gli amministratori ndr) pensano “lasciamo la spazzatura”, la spazzatura “squaglia” e inquina, noi respiriamo tutto ciò e ci ammaliamo. Tutto quello che sta a terra, prima o poi, risale nell’aria».

Dopo tutto l’abbiamo causato noi non rispettando le regole…

«Esatto, ma secondo me chi lo fa è anche portato a non rispettarle. Se ci fossero tot cestini ogni tot metri e ci fossero telecamere e controlli…».

Continuerai per tutta l’estate?

«Penso di sì, perché sono senza un lavoro, anche se questo, per me, lo è».

Vuoi lanciare un messaggio?

«Le persone “spacchiose” come ci riteniamo di essere, non lasciano spazzatura per terra, non provocano malcontento. A chi sporca voglio dire non state rispettando il prossimo, ma non state rispettando i vostri figli che sono le persone più “prossime” che avete. Un domani voi non ci sarete, ma le malattie che avrete trasmesso ai vostri figli sì, e sarà colpa vostra».

Il tuo sogno?

«In realtà ne ho molti».

Il più importante?

«Essere qualcuno con l’umiltà di chi è nessuno. Tutti ci reputiamo persone rispettose, tutti ci consideriamo umili, rispettosi, però poi non è così. Dico questo perché secondo me solo chi è veramente nessuno è umile, i poveri o chi è calpestato, per esempio. Chi dichiara di esserlo, secondo me, non lo è, e forse non lo sono nemmeno io in questo momento. Poi ho anche un sogno infranto. Volevo fare il cantante, ma non ho mai avuto la possibilità e lo spirito di credere in me stesso. Continuo a scrivere ma solo per me».

Che genere di musica ascolti?

«Rap. Fabri Fibra mi ha fatto entrare in questo mondo, e poi mi piacciono Eminem, Marracash e Guè Pequeno, MadMan, Gemitaix, Nitro. Anche L’Elfo e Reiven, due rapper catanesi, mi ritrovo nelle loro strofe».

Dove ti vedi fra dieci anni?

«Fra dieci anni? A cambiare questo mondo».

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