Via i silos dal porto di Catania: così in 112 giorni cambierà lo "skyline" della città
La storia straordinaria della società dei granari siciliani, che dopo 65 anni si prepara ad abbandonare lo scalo cittadino
L’effetto è quello del “Trova le differenze” della Settimana Enigmistica. Quando si finisce per individuare tutti i dettagli più piccoli e poi quello più grande, che è lì, uno non lo vede. Le immagini che mostrano come sarà lo skyline di Catania dopo che i silos del porto saranno demoliti ottengono più o meno lo stesso risultato del gioco. Eppure sarà tutto un altro affaccio sul mare. La società Silos granari della Sicilia srl ha presentato all’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale il progetto per la «demolizione senza ricostruzione dell’impianto industriale di stoccaggio» che attualmente occupa 17.600 metri cubi di spazio, su un’area complessiva di 7.350 metri quadrati. Un’enormità necessaria per depositare fino a 48.500 tonnellate di cereali che, da Catania, sono destinate a spostarsi via mare.
La conferenza dei servizi
Pochi giorni fa, l’Autorità portuale ha convocato la conferenza dei servizi per decidere sulla richiesta dell’azienda, una delle più antiche a operare nell’area portuale catanese. La Silos granari della Sicilia, del resto, è nata nel 1960 sotto l’ala protettrice del gruppo industriale dell’imprenditore ravennate Serafino Ferruzzi. La holding, negli anni Ottanta, guidata da Raul Gardini, scalò Montedison, ne acquisì la maggioranza, seguì da vicino la fusione con Eni, e non sopravvisse (come Gardini, trovato morto nella sua casa di Milano) all’inchiesta Mani pulite e allo scandalo Enimont. Nel 1997 la Silos granari diventa di proprietà di Italcementi e, nel 2012, viene acquisita dal gruppo Casillo, colosso nel commercio mondiale di grano. Un vicenda imprenditoriale che attraversa la storia contemporanea dell’Italia e che atterra sulla banchina 6 del molo Francesco Crispi.
I silos
È lì che si trovano le strutture in procinto di sparire. In totale, i silos sono 26. Sedici di calcestruzzo, ciascuno alto 26 metri. Altri dieci, invece, sono di acciaio: sei hanno una capienza di cinquemila metri cubi l’uno; due di 1.500 metri cubi; due di 500 metri cubi. L’impatto visivo, al di là delle dimensioni, è notevole. Nonostante le opere di street art che li hanno resi più piacevoli alla vista.
Con la concessione demaniale in scadenza alla fine del 2025, la società dei granai prende atto che «sono evidenti fenomeni di degrado del conglomerato cementizio di alcuni pilastri e della base dei silos», si legge in una delle relazioni allegate al progetto di abbattimento. «Il volto del porto di Catania mira verso una continua evoluzione e ora, più che mai, lo skyline dell’area portuale sta per imboccare la via per una nuova trasformazione riguardante la “zona silos”», dicono ancora. Così, alla luce della manutenzione straordinaria che andrebbe fatta, dei trend di traffico dell’ultimo triennio e, soprattutto, della riqualificazione dell’area portuale catanese, la ditta non ha dubbi: buttare giù tutto.
Gli step da seguire
Secondo le informazioni tecniche comunicate, prima della demolizione vera e propria comincerà lo smontaggio di tutte le attrezzature e le infrastrutture meccaniche che possono essere riutilizzate o che devono essere differenziate. Seguirà poi la grande demolizione con macchine dotate di bracci meccanici e, infine, la distruzione di porzioni più piccole di calcestruzzo. In questo modo, dicono gli ingegneri - viste anche esperienze simili in porti come quello di Ancona e di Barletta - sarà possibile separare ferro e cemento, e poi creare un «green field». Cioè un’area priva di contaminazioni, del tutto ripulita e in grado di essere riutilizzata da subito.
In base al cronoprogramma definitivo depositato agli atti, dal momento in cui sarà installato il cantiere a quello in cui, invece, sarà smobilitato passeranno 112 giorni, organizzati in dieci fasi distinte. «Si è certi - prosegue la relazione tecnica - che l’attività di demolizione non avrà impatti sulla circolazione dei mezzi all’interno dell’area portuale e di tutte le attività operative a essa connesse. Nello specifico non si apporteranno disagi al piano del traffico portuale in quanto l’ingresso e l’uscita degli automezzi dal cantiere è limitato a un massimo di circa dieci viaggi al giorno, e pertanto il flusso veicolare del trasporto rifiuti sarà coordinato e organizzato in modo da non creare alcuna difficoltà e interferenza con il normale e quotidiano flusso veicolare portuale». Le stime di progetto parlano della produzione, in tutto, di 12mila tonnellate di rifiuti.
Il cantiere
Una parte del cantiere sarà delimitata con l’obiettivo di essere un deposito temporaneo di quanto prodotto. Viste le dimensioni, è difficile potere immaginare che sarà coperta. «Le macerie dovranno essere costantemente bagnate nelle fasi di movimentazione, carico e scarico». In moto tale che le polveri non si propaghino per via degli agenti atmosferici. Secondo quanto stimato dall’azienda, comunque, tutti i rifiuti prodotti dovrebbero essere classificati come «non pericolosi». A trasportarli sarà la società Metal waste & recycling srl della zona industriale di Catania. Le discariche individuate, invece, non si trovano tutte nel territorio etneo: a parte la Ecoin spa, sempre nella parte sud della città, il materiale di risulta andrà alla Ecosud Italia di Niscemi (Caltanissetta) e alla ditta Larosa Salvatore di Solarino (nel Siracusano).