I pirati dello streaming: «Siamo un'organizzazione, c'è un boss e cinque capo decine»
Ecco i nomi degli otto indagati finiti ieri ai domiciliari. Alcuni vivono all'estero.
«Su ste cose bisogna essere seri e parlare poco». Omertà era una delle regole della cupola dello streaming illegale. E se non si rispettava si rischiava «una brutta fine». Parlavano così gli indagati del gruppo criminale, transnazionale, dedito alla pirateria delle paytv come Sky, Netflix, Dazn, Mediaset Premium, Amazon Prime sgominato dalla polizia postale di Catania nell’ambito dell’inchiesta Gotha 2, coordinata dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Francesco Camerano. Un nome non a caso quello scelto dagli investigatori: infatti è il sequel dell’operazione che scattò il 22 novembre 2022 con 70 operazioni in tutto lo stivale. E che portò al sequestro dei dispositivi, soprattutto di telefonini, da cui sono stati estrapolati dati, chat Telegram e WhatsApp che assieme alle intercettazioni hanno composto il puzzle indiziario che ha fatto scattare i domiciliari nei confronti di otto persone.
I nomi dei pirati delle paytv
L’ordinanza firmata dal gip Luca Lorenzetti è stata emessa nei confronti di Emanuele Di Paola, di Pedara (CT), Sergio Caponetto, di Pedara (Ct), Luciano Vacca, di Roma, Alessandro Laurino, di Salerno ma residente in Gran Bretagna, Roberto Cutrona, di Catania ma residente in Germania, Giuseppe Tata, di Floridia (Sr), Domenico Bertolo, di Aci Catena (Ct), Nucio Tuttobene, di Enna ma residente nel Bresciano. Il capo del polo catanese è Di Paola, mentre quello di Roma-Tunisia è Vacca. Lo streaming inglese è nelle mani di Laurino, quello tedesco invece in quelle di Cutrona. L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla diffusione illecita di palinsesti televisivi con pay-tv, cui si aggiungono anche l'accesso abusivo a sistema informatico e la frode informatica. La struttura era gerarchici: dal capo al suo vice fino alle mansioni più operative di master, admin, tecnici e distributori, che seguivano un preciso catalogo di regole per eludere le indagini.
Le intercettazioni e il sistema illecito
Gli indagati si paragonavano a Cosa Nostra: «Ormai siamo un’organizzazione, mica bau bau micio micio... con un boss e 5 capo decina».
Da quanto emerso dall’indagine il sistema ideato da Di Paola (che si faceva chiamare Mr Nomad) e company sarebbe stato responsabile del 70% delle trasmissioni web illegali in Italia, a cui erano connessi quasi un milione di utenti. Il fatturato avrebbe superato i 10 milioni di euro, con un danno per le paytv del triplo. Il cyberclan si serviva di numerosi server noleggiati all’estero. Per bypassare le indagini i criminali avrebbero usato chat crittografate, false identità e documenti, allo scopo di utilizzare utenze telefoniche, carte di credito, abbonamenti televisivi e noleggio di server. Le partite erano le più fruttuose fondi di guadagno. Nel 2022 Di Paola inviava al romano Vaca un link seguito dal messaggio in merito a una partita della squadra rossazzurra: «Il Catania, pensami poi per 1 onboard» «È stata una complessa attività investigativa coordinata dalla procura distrettuale di Catania contro la pirateria audiovisiva - ha commentato Marcello La Bella, dirigente del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Catania - che ci ha consentito di mettere in luce un'organizzazione criminale che gestiva flussi illegali di Iptv per parecchi milioni di euro al mese, con un elevatissimo numero di utenti. L'associazione era organizzata in modo gerarchico, con ruoli ben distinti e definiti».
Le reazioni delle paytv danneggiate
«Questa nuova operazione è la prova dell’efficacia dei nuovi strumenti investigativi e dell’impegno costante con cui si sta combattendo questo grave fenomeno», commenta Andrea Duilio, amministratore delegato di Sky Italia. «L’impianto normativo italiano per il contrasto al fenomeno è tra i più evoluti d’Europa», ha dichiarato Federico Bagnoli Rossi, presidente della Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali.