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Samara, lo scherzo che fa paura: «Si fussi statu malatu ‘i cori ci arristava»

Di Concetto Mannisi |

«Era tardi – racconta – avevo da poco concluso il mio turno di lavoro e stavo tornando a piedi verso casa. In via Velletri, in un tratto particolarmente buio anche per la mancanza di una lampadina, ho visto la figura di una donna. Molto alta, con un vestito che non mi è sembrato affatto bianco. Aveva i capelli molto lunghi, questo sì, e mi sembrava pure assai elegante nelle movenze. Le sono passato non distante, chiedendomi cosa ci facesse una donna sola in strada a quell’ora e con quel buio, poi sono stato distratto dal passaggio di due ragazzi in Vespa: per fortuna, ho pensato, non siamo soli». «Ad un tratto – continua – alle mie spalle ho sentito “crish crish”, come se qualcuno stesse calpestando del fogliame. Mi sono girato e ho visto questa figura che avanzava verso di me urlando. Ci rissi “ahu”, poi ho cominciato a urlare anche io, soprattutto per la paura, e visto che la signora continuava ad avanzare verso di me ho compreso che la strategia migliore era quella di cominciare a correre per prendere le distanze. In qualche frazione di secondo, non sacciu mancu comu fici, mi sono ritrovato in via Villa Glori. Da lì, co cori ca m’abbatteva ‘nto pettu, mi sono diretto verso la mia abitazione. Ero terrorizzato, che canni arrizzati, e mi è bastato scorgere la mia ombra nell’androne ppi sautari ‘nta l’aria. Trimava comu na fogghia magari sutta ‘a doccia».

«Non ho raccontato niente a nessuno per vergogna – riferisce Maurizio – soltanto l’indomani sera, dopo essere stato accompagnato a casa da un collega e avere riscontrato che la lampadina della zona buia stavolta era accesa, ho raccontato ogni cosa a mia moglie. La quale, al solito suo, mi ha risposto: “Chissà chi t’ansunnasti”… Ci ha pensato mio figlio a spiegarmi cosa sta accadendo in questi giorni e a farmi comprendere che questa gente va in giro a fare queste cose. Uomo o donna? Non saprei dirlo, la paura era troppa. E la avverto anche adesso, che di giorni dall’accaduto ne sono trascorsi diversi. A chiamatili sghezzi… Cunnuti».

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