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“Etna Alcantara Mobility”: «Azzoppato il nostro progetto sul versante Nord»

Di Francesco Vasta |

Castiglione di Sicilia (Catania) – Project o muerte. «Poi non lamentiamoci se i nostri figli se ne devono andare a fare i lavapiatti a Londra». Sono adirati, i registi dell’operazione che prometteva, è il caso di dirlo, mari e monti, e che invece è divenuta l’ennesimo motivo di caos alle falde dell’Etna. Serve un project financing milionario, loro ne sono tuttora convinti, per ridisegnare i trasporti turistici fra il vulcano patrimonio Unesco e il fiume Alcantara, calamite da migliaia di visitatori. Ma i registi del sistema “Etna Alcantara mobility” sono anche pronti a mollare. «A Linguaglossa sono stati fatti dei provvedimenti che azzoppano questa progettazione, la fanno abortire, e non capiamo perché. Eppure l’unica idea in campo che può dare la svolta al territorio è questa».

Incontriamo i soci Luciano Rigaglia, Cettino Bellia e Franco Cannavò dopo le ultime prese di posizione del Comune di Linguaglossa. Il primo è il legale rappresentante della “Mongibello engineering”, la cabina di regia della cordata di imprenditori che ha firmato la proposta di project financing. Il secondo è un vecchio lupo della politica etnea, da anni sulla cresta dell’onda: ex presidente del parco dell’Etna, ex sindaco di Castiglione, ex presidente del Gal Etna Alcantara, è l’uomo che ha messo in moto la macchina. «Da una vita credo nella sinergia fra pubblico e privato, il solo modo per fare sviluppo locale». I propositi di Bellia si sono tradotti in un project da 23 milioni che prevede una cabinovia sul versante nord dell’Etna e altre infrastrutture vicino a Castiglione. L’anello cruciale della catena è però una strada, l’unica che nel comprensorio porta fino ai crateri del vulcano. La stessa strada, appartenente ai Comuni di Linguaglossa e Castiglione, su cui per anni ha fatto fortuna un impero rimasto gravemente ferito negli ultimi mesi. Quello della famiglia Russo Morosoli, proprietaria della funivia sul versante sud dell’Etna e concessionaria fino al 2016 del trasporto ai crateri a nord. Il patron Francesco è stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver tramato per «mantenere il monopolio» del turismo sulla montagna Unesco.

La crisi era in realtà iniziata prima, e Bellia e soci avevano già fiutato l’opportunità. Lo ha documentato la stessa inchiesta “Aetna” della Procura di Catania. Dalle carte emerge il ruolo di Bellia, inizialmente indagato, impegnato nel tessere la trama del project, senza accuse a suo carico in tal senso. Ma proprio i suoi rapporti politici diretti con i due sindaci eletti nel 2017, Salvo Puglisi a Linguaglossa e Antonio Camarda a Castiglione, avevano destato varie perplessità sulla nascente proposta. I sindaci, comunque, emanano più di un anno fa un bando rivolgendosi al mercato proprio per «mettere in connessione l’Etna e l’Alcantara». Sul piatto c’è anche l’eventuale gestione della strada per i crateri, su cui era stata l’Autorità Antitrust ad aprire l’offensiva. Gli appalti del passato, naturalmente alla portata dell’allora monopolista Russo Morosoli, creavano secondo il Garante un collo di bottiglia per la libera concorrenza, da rimuovere con decisione. La soluzione, a detta dei Comuni, era appunto il project financing. Una commissione guidata dall’ex magistrato Michelangelo Patanè stila una graduatoria che vede al primo posto il project di “Etna Alcantara mobility”. Poi, a fine novembre 2018, l’indagine deflagra e tutto rallenta clamorosamente.

Si arriva all’estate con il blocco delle escursioni ai crateri sommitali e la protesta degli operatori turistici di Piano Provenzana sotto la finestra dei due Comuni. Che, a quel punto, litigano sulla possibile exit strategy. Dalla giunta Puglisi arriva la delibera per un appalto lungo sei anni, per concedere a più aziende il trasporto dei turisti. A Castiglione alzano subito le barricate: «Sei anni sono troppi, significa non credere più al project», dice il Camarda. Da ultimo era stato l’assessore linguaglossese Francesco Malfitana a rilanciare la proposta su “La Sicilia”: «Facciamo partire le escursioni per sei anni, in attesa del project che non rinneghiamo». Ma secondo Bellia e soci, quel tenere vivo il project sarebbe solo un proposito apparente. Perché in parallelo Linguaglossa ha deliberato per 17 correttivi al progetto di finanza che ne cambiano gli equilibri. In primis, il Comune etneo vorrebbe consegnare la strada ai privati soltanto dopo che cabinovia e altro siano stati costruiti. Eccoli qua, allora, i provvedimenti “azzoppanti”. «Linguaglossa ha demolito il progetto – dice Bellia supportato dai soci – perché l’impostazione della nostra proposta è chiara: al concessionario va dato il diritto di superficie su aree e spazi nei documenti di progettazione. Se non mi dai questo diritto come faccio a realizzare opere?». Dunque, avere la strada per i crateri e pagare cammello? «Non è un problema economico, ma di fattibilità. Il nostro sistema si basa sulla mobilità integrata, a partire dai servizi, come le escursioni, che attiveremmo dall’anno zero».

Bellia fa anche autocritica: «Noi sbagliando non l’abbiamo fatto, ma anche i Comuni non hanno sentito la necessità di presentare il project all’opinione pubblica». Ma il punto è la «pretestuosità» delle posizioni linguaglossesi: «La legge prevede le osservazioni, è vero, ma nel momento in cui mandi avanti i progetti e spendi i soldi per la commissione, significa che nel loro impianto ti stanno bene». In realtà, quella che viene definita «la giravolta» di Linguaglossa sarebbe solo un ostacolo per lo sviluppo del territorio: «Un progetto così ambizioso viene massacrato come se a proporlo ci fossero un pugno di ladri – dice Bellia – ignorando le ricadute per l’occupazione e l’indotto».

E il punto non sarebbe nemmeno la burocrazia. Come fa, la cordata di “Etna Alcantara Mobility” a non farsi spaventare da un iter che, viste le infrastrutture e la marea di connesse autorizzazioni in ballo, potrebbe prolungarsi per anni? «Il project – spiega l’ex presidente del Gal – si basa su una fidejussione: tu mi consegni le aree e io ti do la fidejussione pari almeno al 10 per cento. Nessuna società accetterebbe di investire 23 milioni senza avere la certezza della consegna delle aree funzionali al suo progetto». I soci di Etna Alcantara mobility, allora, danno sfogo alla loro amarezza. «Mentre sul versante nord “ci scanniamo”, altri si stanno attrezzando sempre più». Chiaro il riferimento alla depressione che vive Piano Provenzana, la stazione turistica di Linguaglossa in crisi di presenze e attrattive, mentre sul versante sud la funivia fa affari d’oro. «Forse non vogliono fare cabinovia, non fare il project, ma che lo dicano! L’importante nella vita – chiosa Bellia – è saper portare i pantaloni».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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