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Raccolta a Catania, «I dati sono falsati dai rifiuti “pendolari”»

Di Cesare La Marca |

Catania – Prima per quantità di rifiuti prodotti, con la stratosferica quota di 683,12 chili pro capite annui, e ultima come percentuale di raccolta differenziata, con un modesto 9,93%, lontano anni luce dalle percentuali “svizzere” dei primi tre comuni della Srr Catania Area Metropolitana, ovvero Zafferana (81,79%), Aci Bonaccorsi (74,53%) e Aci Castello (74,50%). I dati della Srr relativi al primo semestre del 2019 confermano le criticità della raccolta a Catania, aggravate dal gentile contributo dei residenti dei comuni di prima fascia, che “esportano” i loro rifiuti nei cassonetti dei quartieri di confine a est, nord e ovest dell’area urbana (peraltro diminuiti con l’estensione del porta a porta in città) accrescendo l’indifferenziata e i costi del capoluogo; problema a cui va aggiunto l’allarmante fenomeno dello scarico di ingombranti “organizzato” dall’hinterland fino ai quartieri e al centro di Catania.

È anche questa, e non solo, la piaga che ha innescato l’emergenza con cui si è aperto l’anno scolastico al plesso di Canalicchio della scuola dell’infanzia “Parini” di via Pernet – dove ieri genitori degli alunni e residenti hanno protestato per la microdiscarica cronica nei pressi dell’istituto – che ha il problema di trovarsi proprio in una delle aree più esposte a est della città, con una bonifica del Comune che si concluderà nelle prossime ore. «I recenti dati della Regione che ci relegano all’11,5% sono falsati da questa vera e propria piaga – dice l’assessore all’Ecologia Fabio Cantarella – con un costo annuo per lo smaltimento in discarica di questa quota extra di rifiuti che su base annua supera i 7 milioni di euro, e che in seguito ai controlli è stata ridotta rispetto al 2018 di 50 kg pro capite, riducendo i danni per oltre 1,8 milioni. Non sempre è vero che i piccoli comuni sono virtuosi, perché così è logico registrare una produzione pro capite dimezzata rispetto alla nostra, quando sono proprio molti residenti di Aci Castello, San Pietro Clarenza, Gravina, Mascalucia e altri comuni a portare qui i loro rifiuti». Insomma la differenziata in città sarebbe ben al di sopra dell’attuale quota senza il “carico” di indifferenziata dall’hinterland, inoltre, anticipa l’assessore, Catania così come fa Palermo vuole cominciare a conteggiare, con un’ordinanza del sindaco Pogliese, anche la differenziata prodotta dai grandi centri commerciali della zona industriale, che hanno loro convenzioni con imprese private. «Queste grandi realtà commerciali devono trasmetterci il loro formulario con dati che incidono sulla percentuale complessiva – aggiunge l’assessore – ma la questione è anche più ampia e riguarda anche Palermo e Messina, perché in questo modo la differenziata anziché una risorsa diventa per noi un costo difficile da sostenere. I problemi riguardano soprattutto l’umido “pulito”, quello dei mercati, che ci costa 90 euro a tonnellata per essere smaltito in piattaforma, e quello domestico, più sporco, che ci costa 110 euro a tonnellata, a fronte di un costo in discarica appena superiore, di 118 euro a tonnellata. Gli ingombranti ci costano 190 euro a tonnellata, ecco perché dobbiamo dotarci di impianti, pubblici ed efficienti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA