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Torrisi su privatizzazione Fontanarossa: «E’ gioco al massacro contro la società»

Di Mario Barresi |

Catania – Resta «rispettoso della volontà dei soci», ma adesso ha deciso di ribellarsi al «gioco al massacro» e alle «pressioni» alimentate da «interessi esterni al bene di Fontanarossa e della collettività». Nico Torrisi rompe il silenzio. Nei giorni caldi dello scontro fra i soci istituzionali, l’amministratore delegato di Sac ha mantenuto un profilo basso, indossando il “casco blu” per evitare che la rottura fra Pietro Agen (con Salvo Pogliese accanto) e il governo regionale diventasse insanabile. E, dopo che Nello Musumeci ha chiesto (e ottenuto) «un momento di riflessione», Torrisi parla finalmente di privatizzazione. Spiegando, in un lungo colloquio con La Sicilia, cosa c’è dietro la strategia di cedere un pacchetto fra il 51 e il 70% di Sac, scelta «trasparente e in regola con tutte le norme», più volte confermata «all’unanimità» dai soci, una «garanzia per gli investimenti a medio termine».

Torrisi sfodera la semestrale, con dati ufficiali (ma riservati) condivisi venerdì scorso con il consiglio d’amministrazione e con l’assemblea dei soci. Nei primi sei mesi (tradizionalmente i meno proficui) del 2019, la società che gestisce l’aeroporto etneo aumenta i ricavi del 12,25%: dai 34,3 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso sale a 38,5 milioni. Ma è l’utile al netto delle imposte a registrare la crescita più forte: oltre il 60%, dai 3 milioni del 2018 ai 5 milioni al 30 giugno scorso. E poi altri due indicatori significativi. Il primo è il calo degli interessi passivi bancari (-25%, pari a 225mila euro), che ora incidono meno sui ricavi: dal 2,6 all’1,75%. Il secondo fattore, decisivo ai fini del rating di mercato della società, è l’Ebitda. A metà anno, il margine operativo (prima di interessi, tasse, svalutazioni e ammortamenti) è di 10,7 milioni, +27% sul 2018. «Sono molto soddisfatto di dati che – ricorda Torrisi – confermano Sac come volàno di crescita per la Sicilia, un’azienda che crea occupazione e sviluppo con l’impegno di tutti gli operatori aeroportuali e degli enti di Stato».

Tutto molto bello. Ma allora, visto che – per stessa ammissione del manager – Fontanarossa «non è mai stato in salute come lo è oggi», la domanda che si fanno in molti sorge ancor più spontanea: perché vendere ai privati? Perché le istituzioni (Camera di Commercio del Sud-Est, ex Province di Catania e Siracusa, e Regione con l’Irsap) dovrebbero privarsi di un’azienda di fatto pubblica che, anziché essere il solito carrozzone mangiasoldi, funziona e produce utili? Su questi legittimi interrogativi Torrisi fornisce dapprima una risposta da manuale dell’amministratore delegato: «La scelta di mettere sul mercato quote societarie è stata assunta e confermata, più volte e all’unanimità, dall’assemblea dei soci e noi, come Cda, ci atteniamo a questo mandato». Eppure era stato lo stesso braccio gestionale di Sac, su esplicita richiesta dei proprietari, a indicare la cessione di quote di maggioranza come il migliore dei percorsi possibili, preferendolo alla gestione pubblica, ma anche alla quotazione in Borsa. Su quest’ultimo scenario a Torrisi magari frullano in testa le parole di Rosario Crocetta: «Sull’aeroporto di Catania non potevo fae gli interessi di Ivan Lo Bello. No alla vendita di azioni sottobanco, serve una gara internazionale», disse il governatore nel 2016 in un’intervista al nostro giornale, beccandosi una querela dall’ex leader camerale-confindustriale, all’epoca anche deus ex machina aeroportuale.

Ma l’attuale ad di Sac non si nasconde dietro ai tabù del passato. Ammette: «L’azienda è solida, oggi è perfettamente in grado di reggersi sulle proprie gambe». Anche grazie a una liquidità di cassa di circa 50 milioni, l’aeroporto può crescere ancora. Ma è proprio questo il punto. A metà dicembre è già pronta la festa per i 10 milioni di passeggeri, «record impensabile» all’arrivo di Torrisi, quando, pur in ascesa, si era a quota 7 milioni. Sul traffico 2019 «pesa un 35% di passeggeri internazionali, grazie alle nuove 30 rotte, fra cui molte estere come Mosca, Casablanca, Tel Aviv e Marrakech, con l’apertura del diretto per Dubai, importante per l’export di prodotti siciliani e ora strategico in vista di Expo 2020». Torrisi rivendica il ritorno di Air France e l’arrivo, fra le altre compagnie, di Klm, FlyDubai, S7 e El-Al. «Ma verrà un giorno, che è sempre più vicino, in cui la crescita dell’aeroporto sarà arrivata a un punto di saturazione». Ed è qui che, secondo il manager, c’è «necessità di un piano massiccio di investimenti infrastrutturali che gli attuali soci non sono e non saranno in grado di assicurare». Aerostazione, pista, parcheggi e servizi: sul tavolo un’ipotesi di circa 300 milioni «necessari medio termine». Questo è il concetto dei «tre piccioni con una fava»: i soci respirano (CamCom salva il fondo pensioni, le ex Province salvano i bilanci, l’Irsap fa cassa) «cedendo azioni a un prezzo importante»; Sac «potrà pensare all’aeroporto del futuro con un top player, scelto con una gara mondiale, che non verrà certo qui per tarpare le ali di Fontanarossa»; e la collettività, catanese e siciliana, «ne beneficerà in termini di sviluppo e crescita del territorio».

Detta così sembra convincente, ma restano i dubbi. Su quelli della Regione, che «va ringraziata per aver rispettato i dovuti investimenti infrastrutturali», Torrisi mostra «il massimo rispetto». Tanto più che una delle «ragioni politiche» frapposte da Musumeci sembra risolta: «Il sistema aeroportuale integrato Catania-Comiso è di fatto una realtà. Abbiamo approvato, in sinergia col sindaco Schembari, il piano industriale e quello di risanamento». Subito disponibili 5 dei 7 milioni che Sac metterà sul piatto senza pensare troppo al business.

Ma c’è un altro concetto. L’ultimo, il più delicato. La «punta di rammarico» espressa da Torrisi «perché, nonostante la trasparenza ed economicità della gestione, vi sono pressioni orientate a trarre benefici per singole posizioni». E dunque lo sfogo: «Respingo con forza questo gioco al massacro per screditare il nostro impegno. Io non ci sto e lo respingerò con forza al mittente. Queste sollecitazioni provengono da soggetti che hanno a cuore interessi ben lontani ed estranei alla società e alla comunità aeroportuale». E lancia un ultimo messaggio: «Rimango sempre a disposizione delle autorità preposte e della collettività che rappresento per rendicontare l’operato della nostra gestione e ogni impegno di spesa preso, indirizzati esclusivamente a crescita occupazionale e sviluppo turistico-produttivo della Sicilia». Per «pressioni indebite», dunque, citofonare altrove.

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