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Sant’Agata, archiviata l’inchiesta sul blocco del fercolo nel 2019

Di Mario Barresi |

CATANIA – La festa di Sant’Agata «nel corso degli ultimi anni» ha assunto «una connotazione quasi “paganeggiante” ove il sincero e vivo sentimento religioso di molti ovvero della maggioranza dei “devoti” cede il passo a manifestazioni di soverchieria e/o sopraffazione di pochi ben individuati soggetti che nulla hanno a che vedere con l’antica e consolidata affezione dei “cittadini” verso la Santa Patrona». Seppur con queste dure parole, la Procura di Catania chiude l’indagine sul clamoroso “moto rivoluzionario” di parte di alcuni devoti, che esattamente un anno fa provarono a rivoltarsi alla decisione del capo vara Claudio Consoli di non far svolgere, per motivi di sicurezza, uno dei momenti più intensi e appassionati della festa: la salita di via di Sangiuliano.

Il gip di Catania, Stefano Montoneri, ha disposto – su richiesta del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e del sostituto Andrea Ursino – l’archiviazione di quattro indagati per turbamento di funzione religiosa: Sebastiano Crisafulli, Danilo Giuseppe Agatino Marino, Orazio De Felice e Alessio Galeano. I quattro sono stati identificati nel gruppo, molto più corposo (c’era una decina di portatori di cordone con i volti coperti da scaldacollo), che rifiutò il percorso scelto da Consoli.

Ore e ore di diversi video spulciati, intercettazioni telefoniche e ambientali non hanno chiarito «se l’azione dei facinorosi – si legge nella richiesta d’archiviazione – fosse stata in qualche modo coordinata (il che avrebbe ovviamente rafforzato l’ipotesi di reato per cui si procede)»; né «fornivano elementi di rilievo» gli interrogatori di alcuni indagati e le testimonianze di personaggi-chiave, fra i quali anche il capo vara Consoli, il suo predecessore, Claudio Baturi, e monsignor Barbaro Scionti, parroco della cattedrale di Catania. Quest’ultimo accolse così i rivoltosi: «Cari delinquenti, siete soli e isolati. Adesso fate silenzio, che dobbiamo pregare!».

Le indagini della polizia, però, non hanno fornito la “tracciabilità” di un collegamento fra la fronda anti-Consoli e una presunta congiura ordita da un gruppo di persone. E così il gip ha accolto la richiesta di archiviazione, poiché «come argomentato condivisibilmente» dai pm, la notizia di reato «deve ritenersi infondata in quanto gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio».

Eppure c’è un altro profilo, distinto da quello penale, nel quale i pm catanesi non risparmiano un pesante giudizio. Infatti, «la grave situazione di tensione» del 6 febbraio 2019, per i magistrati, è «riconducibile alla mancanza di senso civico e di vero sentimento religioso mostrata da tanti sedicenti “devoti”», con l’annotazione che «lungo la salita di via Sangiuliano numerosissime persone – tra cui anche donne, anziani e bambini – ostacolavano il procedere del fercolo posizionandosi tra i due cordoni ed omettendo di allontanarsi benché espressamente invitate dal Maestro del Fercolo e dai suoi collaboratori».E, tra le righe della richiesta di archiviazione per i quattro devoti, c’è anche l’ambizione di un’analisi “sociologica” sulla deriva della festa di Sant’Agata che «si è tramutata da anni – per moltissimi frequentatori – da sentita celebrazione religiosa in una occasione di incontro e di svago»; e ciò, per i pm etnei, «ha determinato, a causa anche della presenza di numerosissimi punti di ristoro (molti dei quali improvvisati ed abusivi) lungo il percorso, un insostenibile prolungarsi della durata della processione». E quindi sono «inutili, in tali condizioni, gli sforzi delle Forze dell’Ordine e del personale addetto alla sicurezza». Ed è a maggior ragione «pienamente giustificata e condivisibile la «coraggiosa ed impopolare» scelta di Consoli e dei responsabili dell’ordine pubblico di vietare la “salita” di Sangiuliano, «essendo ancora vivo – nei veri devoti – il ricordo della tragedia verificatasi in occasione della festa del 2004».

Ma c’è anche una speranza, un antivirus creato proprio dalla Chiesa. I magistrati, infatti, rilevano che la Curia sembra, «dalle parole di padre Scionti» aver «perfettamente individuato questo aspetto di grave criticità della festa» e «ha inteso assumere concrete iniziative finalizzate a meglio disciplinare lo svolgimento della processione onde evitare il prevalere del “folclore” sulla vera devozione».

Twitter: @MarioBarresi

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