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Maniace, schiaffi al sindaco e gare d’appalto irregolari: cosa c’è dietro lo scioglimento del Comune

Di Luigi Saitta |

Maniace (Catania) – Una relazione “pesante” di ben 60 pagine, quella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, che riporta le motivazioni dello scioglimento del Comune di Maniace, per accertata infiltrazione della malavita locale. Una relazione che conduce maggiormente alle attività di un assessore, legate soprattutto alla raccolta dei rifiuti. Situazioni gravi, che oltre a rappresentare uno stato di terrore e sottomissione, addirittura in una pre giunta, secondo la relazione – l’assessore schiaffeggia il sindaco, è ancora più grave per l’atteggiamento omertoso dello stesso sindaco e di alcuni dipendenti. Una relazione che ha trattato gli anni dal 2015 al 2019, e che riporta fatti chiari ed inequivocabili. Tra le irregolarità emerse, l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, appaltato per 32 giorni, e che invece ha visto la ditta, peraltro già gravata da problemi che le impedivano di contrarre rapporti con le pubbliche amministrazioni, e a cui viene affidato il servizio nel 2016. Stessa cosa nel 2019 con il cambio di ditta.

Qui è accaduto un fatto ancora più grave, con un dipendente che nel passaggio ha avuto una riduzione del compenso, e con le minacce dell’assessore affinchè la ditta ripristinasse lo stipendio al dipendente, oltre che un sicuro avvertimento, con un mezzo della ditta fatto a segno da colpi di arma da fuoco. Ma non c’è solo questo nella lunga relazione degli ispettori. Infatti è stato riscontrato un acclamato uso di affidamenti diretti delle gare di appalto, con i soliti beneficiari, che hanno praticamente azzerato la possibilità di risparmi e in molti casi, hanno affidato il servizio ad imprese risultate vicine ad ambienti malavitosi. Infine per ultimo, ma non meno importante, il rilascio di un’autorizzazione per un’area destinata ad attività mobile, il cui affidatario risulta parente di un assessore, così come i lavori svolti da ditte vicine alla stessa persona. Da una ispezione sul campo della suddetta attività, è risultato una non conformità col progetto presentato, aggiungendo alle già gravi irregolarità, anche l’omesso controllo da parte dell’Ente preposto.

La cosa più inquietante scritta sulla relazione, che evidenzia il modus operandi, il mancato accesso dal 2016 alla banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia; cioè non è stato mai controllato se le ditte aggiudicatarie di appalti avessero i requisiti antimafia richiesti dalla legge. Da ciò è venuto fuori che molte di esse non avevano tali requisiti, ma hanno regolarmente preso in affidamento le gare. Un quadro chiaro e indiscusso che ha giustamente portato al commissariamento dell’Ente per 18 mesi, come si legge nell’ordinanza, che potrebbero anche essere prorogati. Il sindaco uscente, Nino Cantali, nega sia lo schiaffeggiamento da parte dell’assessore, che altre situazioni riportate dalla relazione. “Le gare sono state svolte con regolarità – dichiara – e comunque erano seguite dagli uffici e dai dirigenti preposti. Se un ufficio non controlla la documentazione o non richiede il certificato antimafia la colpa non può essere dell’Amministrazione. Posso dire che molte cose riportate non sono vere, ma di questo ho interessato i miei legali e richiesto un accesso agli atti per avere un quadro chiaro della situazione e capire cosa realmente sia successo”. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA