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Catania, nelle carte dell’«albanese» i segreti dello spaccio a Galermo

Di Concetto Mannisi |

CATANIA – Se è vero che Marco Battaglia (raggiunto da una distinta ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip Loredana Pezzino) ha rappresentato una figura di assoluto rilievo nel quartiere popolare di San Giovanni Galermo, una delle più grandi e redditizie piazze di spaccio della Sicilia, grazie anche alle sue spiccate doti da broker, l’operazione Skanderbeg ha portato in evidenza soprttutto la figura di Michele Lorenzo Schillaci, 52 anni, detto “l’albanese”, vero deus ex machina dei traffici illeciti nel cuore di Trappeto nord.

Il suo profilo viene ben tratteggiato dai collaboratori di giustizia e, sopratutto da Dario Caruana e Silvio Corra, i quali raccontano come Schillaci fosse un uomo vicino alla famiglia Mirabile (poi caduta in disgrazia dopo la morte del boss Alfio e il pentimento di alcuni suoi congiunti) e che fosse poi transitato nel gruppo dei Nizza, divenendo il referente di zona anche col beneplacito di “Saro ‘u rossu” Lombardo.

Gli stessi collaboratori raccontano che, però, di recente, anche la leadership dello Schillaci sarebbe stata oggetto di discussioni e ridimensionamenti. E ciò perché l’uomo non soltanto avrebbe tagliato gli stipendi di alcuni detenuti, ma anche perché avrebbe avviato una relazione con la moglie di un affiliato detenuto e perché si sarebbe impossessato di alcuni incassi spettanti alla famiglia Nizza per ristrutturare la propria abitazione di via Fratelli Gualandi, sempre a Trappeto nord.

I guai più grossi per lo Schillaci risalgono comunque all’8 novembre dello scorso anno, quando veniva tratto in arresto per porto abusivo di arma. Nell’occasione, però, in una cassaforte nascosta sotto un pavimento gli investigatori rinvenivano anche 60.000 euro in contanti di cui soltanto in parte l’uomo era in grado di provare a giustificare («sono i proventi dell’attività commerciale di mia figlia»), la “carta degli stipendi”, la “carta delle estorsioni”, e la “carta delle piazze di spaccio”.

Inoltre veniva trovata una lettera, il cui mittente sarebbe al momento sconosciuto, in cui gli si sollecitava un intervento al fine di sfrattare da un alloggio popolare i parenti di un collaboratore di giustizia, forse Davide Seminara, che avevano occupato quell’appartamento in danno dei familiari dello stesso anonimo richiedente: «Tu puoi farlo, tu oggi rappresenti la famiglia – scrive questa persona – nessuno ti può legare le mani, ma sei tu che può negare le mani ad altri».

Significativa la lista degli stipendi sequestrata in quell’occasione. La riportiamo senza nulla aggiungere, ricordando che alcuni dei destinatari delle somme di denaro erano indicati con iniziali e abbreviazione di soprannomi (ciò non ha frenato gli investigatori), nonché che ci sono differenze fra soggetto e soggetto in base al ruolo: Daniele Nizza (Da) 2.500 euro, Andrea Nizza (And) 2500, Saro Lombardo (Saro) 2500, Salvatore Nizza ‘mpapocchia (Mpap) 2500, Dario figlio di Salvatore (Dario Mpap) 800, Giovanni Nizza (Banana) 2500, Orazio Magrì (Orazio) 2500, Carmelo Puglisi (Melo Sugg, da Melo ‘u suggi) 2500, Franco Magrì (Franco M.) 800, Eros Salvatore Condorelli (Cicero, dal soprannome) 800, Giovanni Cavallaro (Giov.Cav.) 800, Giovanni Privitera (Giov. Nak. detto Nacchio) 800, Danilo Scordino (Danilo) 800, Giuseppe Boncaldo b(Bicil. detto Bicicletta) 800, Giuseppe Privitera (Ricc. detto Ricciolino) 600, Giuseppe Catalano (Catalano) 600. Dell’elenco facevano parte anche Silvio Corra, Marco Romeo e Francesco Conte, detto Caca Playa, cancellati poiché scarcerati a ridosso del gli arresti dello stesso Schillaci. Erano circa quarantamila euro, così, i soldi che venivano corrisposti ai detenuti.

Oltre ai detenuti, facile immaginare come questi denari potessero finanziare altre attività illecite. Ma anche come potessero contribuire al sostentamento di interi nuclei familiari, come dimostra l’operazione Skaderbeg, in cui si sono ritrovate agli arresti anche diverse donne. 

Ma quali sono le dodici piazze di spaccio chiuse nel corso del blitz dai carabinieri? Il Gip Simona Ragazzi, sulla scorta della richiesta della Procura guidata da Carmelo Zuccaro, a sua volta successiva alla imponente informativa dei carabinieri del comando provinciale, presenta un quadro assai dettagliato, sottolineando come la gran parte di tali piazze fossero posizionate al di sotto del serpentone di palazzi di via Capo Passero, quelli meglio controllabili dalla vedette con ricetrasmittente collegate con i responsabili di area.

La prima piazza presa in esame è quella del civico 113 di via Capo Passero, che prevedeva una infinità di turni gestiti da più figure: marijuana e cocaina la droga in vendita in fasce orarie comprese fra le 8 e le 13, le 13 e le 15, le 15 e le 18, le 18 e le 19,30, le 19,30 e le 21, le 21 e l’una del mattino, quindi dall’una alle 6.

Meno intensa l’attività al civico 129, anche in questo caso gestita da più figure in turni che andavano dalle 7,30 alle 13, quindi dalle 13 alle 15 e poi dalle 19,30 alle 21. Tale ultima fascia, certamente remunerativa anche per la posizione della piazza, prossima al viale Tirreno, sarebbe stata gestita da Filippo Gennaro, cognato proprio di Marco Battaglia.

Al civico 169 era possibile trovare esclusivamente cocaina nel turno compreso fra le 23 e le 3 del mattino (gestore indicato Salvatore La China), mentre al civico 73, dalle 14 alle 17,30, si sarebbe spacciata soltanto marijuana. Ciò sotto il controllo dei gemelli Di Pasquale, figli di quel “Giorgio Armani” ucciso nel 2004 nell’ambito delle frizioni registrate a quel tempo in Cosa nostra catanese.

Affari d’oro al civico 81, quello di stretta pertinenza del boss Michele Lorenzo Schillaci, per lo smercio di cocaina e marijuana durante i turni compresi nelle fasce orarie 5-14, 14-17,30, 17,30-1 e 1-5. Ventiquattro ore su ventiquattro, quindi.Meno chiari i turni, ma non certo i reati, legati alla piazza di spaccio compresa fra i civici 12 e 33. Qui a disposizione dei clienti c’era soltanto la marijuana, nell’arco di tempo compreso fra le 8 e le 20. Soltanto cocaina, invece, nella fascia compresa fra le 21 e l’una, al civico 20, controllato da Samuele Zuccaro, figlio del più noto Enzo.

L’attività illecita, come è noto, interessava anche altre aree limitrofe: il civico 14-18 della via Egadi, in cui si spacciava cocaina dalle 14 alle 4 sotto la supervisione di Pinuccio Sapuppo; il civico 21 della via Ustica, dove dalle 10 alle 24 si vendeva marijuana sotto il controllo di Fabio patti; il civico di via Pantelleria 23 in cui Pietro Masci sovrintendeva la vendita di marijuana e cocaina dalle 18 alle 2; e, infine, in via Pantelleria 15, dove Antonino Sanfilippo coordinava le attività di vendita di cocaina e marijuana dalle 13 alle 18.

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