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C’è anche un catanese dietro le minacce all’imprenditore amico di Renzi

Di Redazione |

Ci sarebbero motivi economici, in particolare un credito di 270 mila euro, messo a rischio dalla richiesta di fallimento per bancarotta fraudolenta della Coam, dietro gli atti intimidatori di cui è stato oggetto, a gennaio scorso, l’imprenditore fiorentino Andrea Bacci.

Contro la sua auto, e l’insegna della pelletteria AB Florence a Scandicci (Firenze), furono esplosi colpi di pistola. Ora, con l’accusa di concorso in estorsione continuata e porto illegale di arma da fuoco, sono stati arrestati Pasquale D’Alterio, 44 anni, un imprenditore di origine napoletana residente nel Pistoiese noto anche per essere un pluricampione mondiale di bocce, e Giuseppe Raffone, 48 anni, originario di Catania.

Altre due persone risultano indagate. Gli uomini del Gico e del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno anche effettuato alcune perquisizioni.  Le indagini avrebbero permesso di appurare che Bacci, noto anche per la sua amicizia con Matteo Renzi, e l’amministratore della Coam, Fabio Bettucci, erano stati minacciati pesantemente da un personaggio, poi risultato essere Raffone, che avrebbe agito per conto di D’Alterio, fino ai colpi di pistola del 23 gennaio.

Tutto sarebbe stato ricostruito grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza a Scandicci, ma anche grazie a una serie di intercettazioni telefoniche. Le minacce, prima velate poi più dirette (“dovete stare attenti, io di voi so tutto, anche dove abitate”), erano arrivate anche in un paio di incontri tra Bettucci e Raffone.

Tra la Coam e la Fcm di D’Alterio era stato raggiunto un accordo prima della richiesta di bancarotta: a parziale copertura del credito Bacci gli avrebbe ceduto un appartamento in costruzione a Livorno (valutato 180 mila euro). Al compromesso non fece seguito il contratto proprio per l’inchiesta della procura. Dopo i colpi di pistola, secondo quanto appreso alla Fcm arrivarono comunque circa 60 mila euro direttamente da un’azienda che doveva la stessa cifra alla Coam. Per il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo «il cerchio non è ancora chiuso: le indagini vanno avanti su un fatto grave e insolito per la Toscana». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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