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Quando il cibo è condivisione senza barriere

Di Carmen Greco |

Se ne è accorto a sue spese, Nino Aloisio, 36 anni, macellaio, titolare dell’omonima “involtineria” in via Vincenzo Giuffrida. Nino è un appassionato bongustaio «l’ultimo piatto che mi ha colpito?, una zuppetta di Pino Cuttaia (lo chef di Licata due stelle Michelin ndr)» e, ogni domenica, porta fuori a pranzo papà Vincenzo e mamma Margherita per degustare assieme a loro le novità dei cuochi più creativi. La sua iniziativa, #4ruote a tavola, è nata proprio da una “brutta sorpresa” in un ristorante, nel giorno dell’ultina edizione della festa della mamma.

«Avevo invitato i miei genitori in un ristorante di Taormina – racconta – e siccome sono camurriusu ho telefonato prima per accertarmi che avessero la pedana. Mi hanno risposto di sì, ma quando siamo arrivati là era talmente in pendenza che nemmeno uno stambecco sarebbe potuto salire facilmente. Così, dopo un primo momento di delusione e rabbia, invece di fare le solite polemiche, ho deciso di fare qualcosa in modo che altri non fossero costretti a vivere la mia stessa esperienza, così è nato il progetto #4ruoteatavola».

Cioè?

«Semplicemente chi come me vuole andare a mangiare al ristorante, alpub, al bar, deve essere informato sinceramente sulla situazione logistica che troverà, in modo da potersi godere la visita al ristorante come un cliente qualunque».

Che parametri deve avere il locale?

«Diciamo che ogni disabilità è diversa e ci possono essere dei requisiti diversi. Io, per esempio, se trovo il terreno accidentato sono in difficoltà. Quindi vorrei che ci fosse semplicemente un quadro chiaro di quello che il cliente disabile troverà».

Per esempio?

«I requisiti che io chiedo affinché un ristorante entri nel progetto sono: una porta abbastanza larga, più di 80 cm; un parcheggio in pianura, per intenderci, non potrei posteggiare sulla salita di Sangiuliano; spazi ampi all’interno del ristorante con margini di manovra di almeno un metro e 20; il bagno per i disabili, anche se quello dovrebbe già esserci per legge. Basta così. Dove tutto questo non dovesse esserci, sono pronto a fornire una consulenza gratuita per dotare il locale al meglio di tutti gli accorgimenti e siccome c’è anche gente che se ne approfitta, sono disposto ad aiutare i ristoratori a trovare, per esempio, delle pedane ad un prezzo mediamente economico. Molte volte vengono spese cifre esorbitanti per un elevatore automatico che costa 7.000 euro, quando una pedana da 1.000 euro risolverebbe il problema ed è anche più comoda».

Come hanno reagito i ristoratori?

«Fino ad ora ho avuto più adesioni fuori Catania che in città. Catania, a parte qualche eccezione, è troppo chiusa per alcune cose, i ristoranti di nuova concezione ci sono però – mi spiegava un ristoratore – se uno ha acquistato una licenza vecchia, riesce a dribblare certe regole che adesso la legge impone di rispettare. Tanti però, purtroppo, non si aggiornano. Vede, il punto non è solo trovare qualcuno che fuori dal locale ti dice “Ti aiuto io” e magari solleva con buona volontà ma con mani inesperte la sedia a rotelle sballottandoti, è tutto un insieme di cose che va rivisto».

Finora quanti ristoranti si sono “associati” e il progetto vale su tutto il territorio nazionale?

«Al momento ce ne sono 14, di cui solo 4 a Catania città. Non sono uno chef, ma sono riuscito ad avere il patrocinio della Fic (la Ffederazione italiana cuochi – Dipartimento solidarietà), e ora ne faccio parte come membro onorario. L’obiettivo è far crescere il numero di adesioni e anche raccogliere proposte da parte di altri frequentatori disabili di locali in genere. Mi piacerebbe avere dei suggerimenti da parte di altri ragazzi, non è giusto che i disabili debbano limitarsi ad andare in quei due tre locali risaputi. Nel mio progetto c’è anche l’idea di segnalare nei menù anche l’eventuale grado di difficoltà di assunzione del cibo. Ci sono alcuni tipi di disabilità che comportano problemi nella masticazione. Un determinato alimento duro o gommoso può rovinare la visita al ristorante. Mi piacerebbe che ci fosse anche una precisazione del genere, ma questa è una mia visione personale».

Nino Aloisio con il papà Vincenzo

Chi è

Nino Aloisio, 36 anni, è titolare assieme al padre Vincenzo della macelleria che “sfama” a suon di involtini (e non solo) generazioni di catanesi. Nino ha una malattia genetica, l’atrofia muscolare spinale di tipo 2, che lo costringe da sempre su una sedia a rotelle. Appassionato di ristoranti gourmet gira la Sicilia e l’Italia in compagnia della sua famiglia per degustare i piatti degli chef più prestigiosi. Di qui l’idea di #4ruoteatavola che è una pagina facebook. Ha anche un sito internet www.semplicementenino.com nel quale si racconta. Il suo motto è: «L’unico handicap nella vita è un atteggiamento negativo». Per entrare a far parte del progetto #4ruoteatavola si può visitare la pagina fb oppure si può scrivere a: antonino.aloisio@gmail.com

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