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Uova, cinque consigli per scegliere sempre le più fresche

Di Redazione |

Oggi la qualità delle uova è migliorata molto rispetto al passato, grazie  a nuove tecniche di allevamento, all’attenta selezione  delle razze di galline ovaiole e alla qualità dei mangimi. Tutto ciò ha permesso di arrivare a un prodotto con più proteine, meno colesterolo e una migliore composizione in acidi grassi. Questo non significa che non bisogna stare attenti quando si sceglie un cartone di uova al supermercato o quando si prende un uovo dal fondo del frigo per consumarlo. Resta però importante essere in grado di valutare che tipologia di uova si ha davanti prima di acquistarle o consumarle.

1. Le categorie

La prima cosa da prendere in considerazione è la freschezza. Le norme comunitarie e la nostra legislazione classificano le uova in tre categorie di qualità: «A», uova fresche; «B», uova di seconda qualità o conservate; «C», uova declassate, destinate all’industria alimentare. Le uova freschissime sono classificate come categoria «A extra», cioè uova freschissime: non refrigerate, con camera d’aria non superiore a 4 mm, e utilizzabili fino al settimo giorno dall’imballaggio o al nono giorno dalla deposizione. Trascorso questo periodo possono ancora essere commercializzate con il solo riferimento alla categoria «A» e vendute non oltre 21 giorni dalla data di deposizione.  Oltre che in base alla qualità, le uova vengono classificate anche  secondo il peso, in quattro diverse taglie: piccole sino a 53 g, medie da 53 a 63 g, grandi da 63 a 73 g, grandissime oltre i 73 g.

2. Le regole generali

In linea teorica, l’uovo ha una durata di 28 giorni dal momento della deposizione. In pratica, meglio di mangiarle nel giro di 15-20 giorni al massimo dalla data di deposizione, per preservarne anche le proprietà organolettiche. Le uova che si acquistano al supermercato riportano per legge sulla confezione e sul codice stampigliato sul guscio la data di scadenza. Molti produttori, inoltre, aggiungono anche la data di deposizione. Con queste informazioni si hanno generalmente tutti gli elementi per capire se le uova sono ancora buone o meno. 

3. Il codice sul guscio

Sul guscio di ogni uovo deve trovarsi un codice che è una vera e propria carta identità, uno strumento studiato per permettere al consumatore di fare acquisti consapevoli e informati. Il primo numero stampigliato sul guscio indica infatti dove è stata allevata la gallina che ha deposto l’uovo: “0” indica che l’allevamento è biologico, con spazio all’aperto e massimo sei galline per mq quando sono al coperto; “1” indica un allevamento con spazio all’aperto, ma grande circa la metà di quello biologico; “2” indica che si tratta di un allevamento a terra, ovvero in capannoni al chiuso, ma senza gabbie; “3” indica, infine, un allevamento in gabbie impilate l’una sull’altra». I caratteri seguenti indicano il Paese di produzione, il comune, la provincia, il nome dell’allevamento e la scadenza.

4. I trucchi per scoprire se è fresco

Un rimedio per determinare se un uovo è fresco consiste nell’immergerlo in una brocca contenente un litro d’acqua e 25 grammi di sale. L’uovo freschissimo si depositerà sul fondo, l’uovo fresco (ha da 1 a 4 giorni) galleggerà sul fondo, l’uovo non fresco (ha circa 20 giorni) resterà in sommità, ma senza affiorare, mentre l’uovo vecchio (non commestibile) galleggerà in superficie. Se l’uovo è stata già aperto un altro metodo per misurare la frescezza di mettere un uovo su un piatto: le uova fresche hanno il tuorlo a cupola tenuto insieme da un anello di albume. Se il tuorlo è piatto e l’albume acquoso, l’uovo non è fresco ma potrete mangiarlo comunque, non dimenticando di cuocerlo a lungo. Se il guscio è lucido non sono fresche. L’ultimo consiglio: mettete l’uovo controluce, se è vecchio si noterà che la camera d’aria all’interno del guscio è più ampia nell’uovo vecchio e più piccola in quello fresco.

5. I metodi di allevamento

Oggi la maggior parte delle uova, pur provenendo da allevamenti intensivi, non arriva più da galline cresciute in batteria. Questo perché la direttiva UE 1999/74 sul benessere animale, a tutela delle galline ovaiole, ha stabilito che entro il 2012 tutti gli allevatori italiani dovevano eliminare le gabbie di batteria e introdurre le cosiddette «gabbie arricchite», recinti che ospitano normalmente colonie tra le 60 e le 80 galline ciascuna con una superfice a disposizione per ognuna di 750 cm2. Secondo i dati di Ismea le uova di galline allevate a terra (ma al chiuso) rappresentano il 31% di quelle acquistate in Italia, mentre solo il 2% proviene dall’allevamento all’aperto. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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