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«La gastronomia siciliana sia patrimonio Unesco»: la proposta dello chef Vissani

Di Daniela Accurso |

È esploso dentro. Come un amore inaspettato e forte che rapisce improvvisamente e si posiziona nel ricordo di un sentimento a tinte romantiche .

Un colpo di fulmine? Sì, ma anche una percezione di ragione. Marzamemi, con la magia delle casette colorate, i suoi vicoli in fiore, il mare, quasi dentro casa, è il luogo in assoluto che ama di più.

Il suo buen retiro che per adesso mette da parte, perché riapre il suo ristorante a Baschi, in provincia di Terni. Dopo una stagione inerme, la ripresa in grande stile, passando per protocolli sanitari e rivendicazioni accese da paladino della categoria, attraverso interviste nei media.

Gianfranco Vissani, classe 1951, è lo chef che ha sdoganato fornelli e pietanze per esaltare un nuovo modo di intendere pietanze, dosaggi e sapori.

Pioniere del patriottismo gastronomico confessa la sua passione per la Sicilia che dice di conoscere bene. Dalle saline di Marsala, alle bancarelle di pesce appena pescato della Vucciria, passando per le Eolie e le Egadi.

Il maestro non si ferma mai. Ha anche puntato anche su un nuovo locale romano “Il tuo Vissani” a due passi dal cuore della Capitale. Una posizione strategica che si raggiunge a piedi da piazza Navona e Campo dei Fiori. Insieme al titolare della location, Domenico Iozza, imprenditore nel settore caseario, oggi dedito alla ricezione a 5 stelle.

Da sempre lo chef coniuga il paradigma gusto e lusso. Una chicca su tutte? Il suo personale, professionale e oltremodo gentile, offre agli ospiti i porta mascherine. Non appena i clienti si accomodano al tavolo, non sanno mai dove posizionare la protezione per naso e bocca. Ci pensa lui. E una coccola che fa la differenza e che ovviamente è griffata… Vissani, un treno in corsa, un caterpillar, come lo hanno definito. In questo periodo si scaglia contro le misure restrittive del Governo, a causa del Covid, e i mancati aiuti da parte dello Stato. Come un moderno Marquis de La Fayette, combatte tempo e disordini politici, incassando sempre consensi. Ce la faremo, si autoconvince lo chef, sfoderando cauto ottimismo .

Il suo motto: rimanere e lottare. Non è un segreto che gli intenditori della gastronomia da oltre 20 anni si sobbarchino viaggi oltreoceano per il piacere di gustare i suoi piatti. Vissani, però, resta con i piedi piantati per terra. Si potrebbe definire uno chef naif. Nel senso che mette al bando nouvelle cousine e gastronomia molecolare, da discutibili radici nella chimica e nella fisica.

Che ne pensa ?

«La natura è così generosa che non occorre prendere in prestito chissà quali alchimie».

Niente sovrastrutture gastronomiche per Vissani. Meglio andare per sottrazione mirando alla concretezza dei prodotti e ai gusti reali, ma di gran classe.

Si sente di dare un consiglio ai suoi colleghi siciliani?

«Certamente. Hanno un grandissimo patrimonio non solo storico. Mi riferisco al mio settore. Ad esempio il suino nero dei Nebrodi e i pistacchi di Bronte. Che meraviglia! Ecco cosa devono fare i ristoratori, sfruttare quello che la terra si prodiga ad offrire in ogni stagione, scoprendo le materie prime semplici».

Niente voli pindarici, dunque, ai fornelli?

«No. La Sicilia dovrebbe essere proprio per la gastronomia patrimonio mondiale dell’Unesco con il primato mondiale per la biodiversità e le eccellenze alimentari. Occorre lavorare su questo».

Quindi una giusta comunicazione e un’adeguata professionalità e l’Isola potrebbe candidarsi a capitale del palato?

«Senza ombra di smentita. C’è solo un problema».

Quale?

«I ristoratori siciliani non sanno sfruttare le materie prime».

Grazie allo chef ormai la cultura del food è d’obbligo. Si va alla ricerca dei ristoranti stellati, anche in località non proprio raggiungibili. Si cucina con l’amore di sfornare pietanze di alto gradimento. Ormai il cibo è cultura e business. Ma anche terapia. Tantissimi uomini e donne si rilassano davanti ai fornelli. Prima era quasi una imposizione. Oggi è un vero piacere.

Una curiosità, che rapporto ha con i fast food?

«Conosco personalmente gli amministratori delegati di MacDonalds. Se la gente apprezza, perché no?»

In questo momento cose le manca di più?

«Il turismo internazionale. indiani, pakistani, cinesi, americani. Tutti loro apprezzano e fanno pazzie per la cucina italiana».

E gli europei?

«Non fanno la differenza. Il loro è un turismo di massa. Se girano, mangiano il panino o la pizza. Altrimenti fanno le cene a casa. Non esiste per loro, la cultura del cibo stellato».

Il suo piatto forte?

«Il pane di semola di grano duro che è presente anche in Sicilia. il mio cavallo di battaglia. Con il lievito madre è semplicemente armonia».

La Sicila con quale piatto viene identificata da Gianfranco Vissani?

«Con la mitica cassata».

Tornerà a Marzameni?

«Chissà. Certo è stata la mia fonte d’ispirazione. Davanti a quel mare ricordo che scrissi 30 pagine di menu».

Quando Vissani parla di cibo, fa venire propria la voglia di godersi un piatto, arricchito anche per le decorazioni. Un semplice merluzzo in guazzetto servito con capperi ed olive è buono due volte. Con una magia segreta diventa un piatto da urlo. Provare per credere….COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA