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Mario Biondi a Sanremo: «Adesso canto in italiano con la mia isola nel cuore»

Di Mariella Caruso |

Non ricevi mai qualche richiesta di canzone italiana?

«Tendenzialmente chi compra un biglietto per i miei concerti sa che sta venendo a sentire me e conosce il mio repertorio. Qualche volta, però, è capitato che mi hanno chiesto qualche pezzo italiano. In quei casi si tratta di superclassici come “Volare” in Russia. Quando succede, però, non mi sottraggo. Anzi, canto e mi diverto con i miei musicisti e il pubblico. Da ora in poi, però, non mancherà più l’italiano nei miei concerti, sarà d’obbligo inserire “Rivederti” in ognuno dei miei spettacoli e sono sicuro che diventerà un must».

Come stai vivendo questo tuo primo Sanremo?

«L’emozione è davvero molto forte. Sono qui perché ci tenevo a dimostrare che sono italiano e canto in italiano. Ho deciso di venire qui con una canzone che ho scritto circa un anno fa che mi fa sentire molto a mio agio sul palco, parla di un incontro tra due persone che si sono amate e che continuano ad avere un feeling fra loro, che poi è quello che fa scaturire quella meravigliosa avventura che è l’amore».

Per il duetto di stasera hai chiamato la cantante Ana Carolina e Daniel Jobim, nipote di Tom Jobin, al pianoforte. Come mai?

«“Rivederti” è una ballad intensa e sofisticata che nelle sonorità richiama il legame stilistico tra il cantautorato italiano degli anni ’60 e i creatori della bossa nova brasiliana. Nel testo ho inserito anche una citazione-omaggio di “Luiza”, uno dei capolavori di Antonio Carlos “Tom” Jobim. Il pezzo sarà inserito nell’album “Brasil” in uscita il 9 marzo, progetto di inediti e rivisitazioni che omaggia in mondo culturale brasiliano che da sempre contamina la mia musica. La presenza di Ana Carolina, che in Brasile è una cantante mainstream, e Daniel Jobim, si lega a questo e l’esecuzione di stasera insieme a loro renderà il pezzo unico. Insieme sfoggeremo qualcosa di molto particolare».

Non hai paura che questa svolta italiana possa non piacere ai tuoi estimatori?

«Non voglio piacere a tutti, io devo presentare me stesso, non qualcosa di me stesso che compiaccia qualcun altro».

Cosa rispondi a chi non considera “Rivederti” una canzone sanremese?

«Penso che le etichette che vengono incollate alle canzoni facciano parte del percorso personale della gente. Ognuno può sentire quello che vuole in un brano. Per me “Rivederti” è un pezzo di gusto con tanta attinenza alla musica d’Oltreoceano e una forte componente tradizionale italiana. Inoltre basta ascoltare “E se domani” o “Tutto quello che un uomo” di Sergio Cammariere, canzoni passate dal Festival che fanno parte della nostra tradizione per capire che Sanremo non ha etichette. Però i “camurriusi” ci sono sempre…».

Andiamo di dialetto! Tu sei rimasto legato a Catania?

«Forse amo più Catania adesso che non ci vivo più, rispetto a quando ci vivevo. Stando lontano ho imparato ad apprezzare molte più cose e ho conosciuto incredibili angoli della città, come l’Odeon e il Teatro Romano, solo quando l’ho lasciata perché mi ci ha portato un amico».

C’è qualcosa che ti manca della città?

«L’aggregazione, l’empatia fortissima della gente, quell’essere già amici cinque minuti dopo essersi conosciuti, il parlarsi anche se non ci si conosce. Tutte cose che è molto difficile trovare fuori dalla Sicilia».

Da qualche tempo stai collaborando con Marcella Bella. Si era anche parlato di un progetto sanremese, che fine ha fatto?

«Il progetto c’era e l’abbiamo presentato, ma era un progetto autonomo con Marcella al centro, non abbiamo mai pensato a un duetto. Sarebbe stato uno “spreco” per lei non andare da sola, io credo molto nell’individualità e poi Marcella è una grande artista».

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