Notizie Locali


SEZIONI
Catania 19°

Archivio

“Momenti di trascurabile felicità”, la fiaba palermitana di Pif e Thony

Di Maria Lombardo |

Catania – Si può immaginare che gli sceneggiatori di “Momenti di trascurabile felicità” (da giovedì in sala) abbiano pensato a Pif per il ruolo di Paolo, protagonista del film, anche per aver letto “…che Dio perdona a tutti” romanzo di recente pubblicazione di Pier Francesco Di Liberto dove si racconta la crisi di risveglio di una coscienza che prende atto dell’ipocrisia della società in cui vive. Certo il Paolo del film, scritto da Daniele Luchetti che ne firma la regia e da Francesco Piccolo (autore dei due romanzi “Momenti di trascurabile felicità” e “Momenti di trascurabile infelicità” qui fusi in unica storia) è un tipo leggero ma aver sbattuto la testa a causa di un brutto incidente che lo manda nell’aldilà e poi lo rispedisce indietro (la memoria va all’Oscar “Il Paradiso può attendere” con Warren Beatty) lo fa rinsavire facendogli prendere coscienza della propria ipocrisia nei rapporti familiari. Ironia e grottesco dominano la vita di Paolo e di sua moglie Agata (interpretata da Thony bravissima attrice quanto lo è come cantante).

Nella cifra artistica di Pif dominano paradosso e autoironia, caratteristiche che l’hanno rivelato come conduttore televisivo de “Il testimone” su Mtv e poi portato al successo anche come regista de “La mafia uccide solo d’estate” e di “In guerra per amore”. Diretto da Luchetti, Pif è solo attore come lo era stato per Fausto Brizzi in “Pazze di me”. Adesso con una maturità tutta nuova. Pif e Palermo nel film la fanno da protagonisti assoluti. Senza trascurare il bravissimo Renato Carpentieri.

Fare l’attore è mettersi al servizio del regista ma qui regista e sceneggiatore nella scrittura del film si sono messi al tuo servizio, modellando la storia sulle tue qualità di interprete. Quale onore!

«Per me è stato utile anche psicologicamente. Essere chiamato è meglio che andare a bussare e chiedere “prendetemi”. Interpretare Paolo è stata una grandissima esperienza. Daniele l’avevo conosciuto anche girando spot di pubblicità assieme. Mentre nello spirito di Piccolo mi rivedo molto. Sapevo che avrei imparato tantissimo anche in vista dei miei prossimi film».

L’autoironia è tua cifra d’attore e autore. Autoironia genuina? Insomma, Pif, ci sei o ci fai?

«E’ la domanda delle domande. Un po’ e un po’. Capisci che è una forma di difesa. Parti da una cosa tua e la usi per difenderti dal resto del mondo».

Come Paolo?

«Nella vita sono bacchettone, non dico che non sono peccatore come Paolo, sono il re dei sensi di colpa, lui invece ne è privo. Alla fine vive meglio lui. Le cose che faccio nel film, nella vita non mi verrebbero mai».

Paolo è proprio cucito su di te. Ma in che senso rispetto ai libri cui la sceneggiatura s’ispira?

«La fortuna è che i libri – li ho letti entrambi ovviamente – sono una serie di riflessioni, di aforismi, più o meno lunghi. Non c’è un personaggio vero e proprio. E’ stato creato dal nulla. C’è evidentemente l’ombra dell’autore dei romanzi, Francesco Piccolo, ma Paolo nasce quasi dal vero, è un personaggio molto libero rispetto al protagonista dei due romanzi».

Con Thony c’è un’ottima intesa sullo schermo. E’ stata scelta perché palermitana anche lei? Per dare il colore della città?

«L’ha scelta il regista ma sono convinto che se Thony fosse stata milanese avremmo avuto la stessa sintonia. Il fatto di essere palermitani entrambi ha tuttavia agevolato il nostro rapporto».

Palermo c’entra in quanto avendo scelto te, ti si è voluto creare l’ambiente tuo. In che misura Palermo sta al film e il film a Palermo?

«La storia si poteva girare anche altrove, in qualunque città, non c’era una necessità narrativa essere a Palermo. Ma la scelta l’ha fatta Luchetti che si era trovato qui e ha pensato che poteva funzionare. Una scelta non banale, né furba. Nel film non ci sono cartoline per i turisti. Viviamo in Sicilia semplicemente, io e Agata, ma non si parla di mafia. E’ una città credibile. Oggi ci si può permettere di mostrare una Palermo che non sia la solita dei film di mafia. E’ grazie al cambiamento che la città ha registrato in questi anni come capitale della cultura».

Il paradosso e il grottesco di questa storia stanno bene a Palermo e alla Sicilia, vi si coglie l’ombra di Pirandello, la surrealtà raccontata da molti scrittori.

«Sì è vero. In una terra così drammatica ed estrema nei sentimenti, probabilmente la storia fa un certo effetto che in un altro contesto non avrebbe fatto. Una Palermo sanguigna dove si esplorano i sentimenti delle persone».

E la città che s’intravvede è bellissima – da piazza Politeama, al Foro Italico, da Villa Giulia ai vicoli della Kalsa, da piazza Rivoluzione a piazza Pretoria – pulita e splendente. Per Alessandro Rais, responsabile della Sicilia Film Commission che ha sostenuto la produzione e che era presente alla prima palermitana «finalmente la città è coprotagonista di una favola, alternanza di elementi dolci e amari, al di fuori dei cliché». Stasera Daniele Luchetti e Pif – che ieri a Palermo erano accompagnati anche da Thony – presentano il film al pubblico di Catania (Cinecity Ariston ore 20,30).COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA