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Coronavirus, tutte le richieste della Sicilia e cosa è davvero arrivato da Roma

Di Mario Barresi |

CATANIA – Cita un vecchio adagio siciliano: «Voi stari bonu? Curati in salute». E, nel giorno in cui la Sicilia supera la quota (ieri), non soltanto psicologica, dei mille contagiati (170 in più in un giorno), Nello Musumeci continua a rassicurare: «Siamo pronti al peggio. Oggi, la situazione rispetto al resto di Italia diciamo che è sotto controllo. Lavoriamo anche a un piano B. Abbiamo pochi decessi, ma ogni decesso è una sconfitta».

Il governatore, ieri ospite in collegamento a Pomeriggio Cinque, conferma la strategia operativa della Regione contro l’escalation attesa ad aprile: «Noi abbiamo immaginato un picco di 7mila contagiati, quindi il massimo che si possa immaginare in una condizione di dilagante epidemia, con 2.800 posti letto per gli ospedalizzati, cioè positivi che non avranno bisogno di andare in terapia intensiva, e con 600 posti di rianimazione».

Ma c’è un ma enorme. «Qualunque sforzo previsionale di programmazione per un piano di contrasto pubblico e privato già attivato è vano – sbotta Musumeci – se combattiamo una guerra con le fionde. Io continuo a chiedere materiale per poter attrezzare i nostri ospedali aperti e quelli da aprire, ma da Roma non rispondono. Se lo Stato non è presente in periferia anche attraverso queste iniziative la gente perde la fiducia». E il presidente della Regione, nel salotto pomeridiano di Canale 5, snocciola alcuni esempi: «Abbiamo chiesto a Roma 362 aspiratori elettrici e ne sono arrivati zero, abbiamo chiesto kit diagnostici, ventilatori dei polmoni e non ne hanno mandato. E su 5 milioni di mascherine richieste ne hanno mandato 41 mila».

Sui presidi sanitari ritenuti necessari dalla Regione, la forbice fra richieste alla Protezione civile nazionale e materiale effettivamente consegnato diventa ancor più preoccupante a leggere il report sul tavolo dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza. Lo “zero” più inquietante riguarda i ventilatori polmonari, strumenti fondamentali per i pazienti da intubare: in Sicilia non ne è arrivato neanche uno sui 416 chiesti per le terapie intensive e 400 per le sub-intensive. Nessuna traccia neppure dei 237 letti, così come dei 35 moduli per l’isolamento e delle 37 centrali di monitoraggio.

In atto i ricoverati in terapia intensiva sono 68. E i posti effettivamente predisposti 220, come confermato mercoledì dal governo regionale nell’incontro con i leader dell’opposizione all’Ars. Come si potrà arrivare ai 598 annunciati nel «secondo step» previsto per metà aprile? «Per ora ci siamo riusciti con le nostre sole forze», ammette l’assessore Razza. Aspettando che da Roma si muova qualcosa. Una delibera della giunta ha autorizzato delle spese straordinarie (4 milioni il plafond iniziale) per l’emergenza coronavirus direttamente alla Protezione civile regionale.

Gli altri numeri che impressionano riguardano le dotazioni-simbolo dell’emergenza. Le mascherine, ad esempio. La Regione ne ha chieste oltre cinque milioni degli ormai celebri modelli FF2 e FF3, ottenendone appena 40mila del primo tipo e 2.000 del secondo. Poco più del 10% le consegne di mascherine chirurgiche: 174mila su un fabbisogno di oltre 13 milioni. In compenso, però, da Roma ne sono arrivate 410mila “tipo monrasio” (non destinate al personale sanitario), definite «panni per pulire» dallo stesso Musumeci in un’altra recente ospitata in tv. Di queste, però, la Sicilia non ne aveva chiesta nemmeno una. E infine i preziosissimi tamponi, invocati anche nell’Isola da migliaia di categorie a rischio oltre che da potenziali infetti: richiesti 500mila, consegnati 4.200. «Gli attacchi di Musumeci al governo nazionale fanno male ai siciliani e non sono utili a fronteggiare l’emergenza», commenta il capogruppo del Pd, Peppino Lupo, che denuncia «la strage degli innocenti» in corso all’Oasi di Troina.

Con questi dati sarà difficile per la Sicilia prepararsi al previsto picco di contagi. L’assessore alla Salute Ruggero Razza ha comunque assicurato che «laddove la Protezione civile nazionale dovesse ritardare nella consegna di tutte le componenti elettromedicali, le stesse potranno essere reperite attraverso l’utilizzo delle stesse tecnologie presenti nelle sale operatorie non utilizzate, così come già sperimentato in Lombardia». 

In tv Musumeci torna anche sul tema dei controlli. «Le misure di sicurezza nell’accesso alla Sicilia siano state fino a qualche giorno fa carenti e lacunose, e quanto accaduto con la signora di Modica arrivata contagiata dopo avere attraversato tutta l’Italia», dice. E poi affonda: «Noi possiamo emettere tutte le ordinanze che vogliamo e il governo puoi emettere tutti i decreti che vuole, ma se non c’è la sufficiente forza per fare i controlli, con le sanzioni conseguenti per chi non rispetta le norme, non abbiamo fatto niente. La Sicilia ha bisogno di avere i militari in gran numero. Io ho chiesto l’intervento dell’Esercito e mi hanno dato purtroppo solo qualche centinaio di uomini, ma non bastano perché serve una mobilitazione generale». E poi il cavallo di battaglia: «Io l’ho denunciato mille volte – rivendica – e quando il 27 febbraio ho detto che dal Nord non dovevano arrivare sono stato aggredito da tutti». A proposito: nelle prossime ore dovrebbe partire la fase operativa del progetto “Sicilia SiCura”: l’app predisposta dall’assessorato alla Salute che prevede anche l’eventuale geolocalizzazione dei positivi . Anche i 41mila siciliani registrati nel portale regionale dopo il rientro, dovrebbero ricevere a breve un sms per scaricare l’applicazione sul telefonino. E, se autorizzata, la Regione avrà un’arma hi-tech per controllari i furbetti della quarantena.

Twitter: @MarioBarresi

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