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Coronavirus, l’autorevole studio inglese che in Italia prevede quasi 6 milioni di contagiati

Di Redazione |

ROMA – «E’ appena uscito uno studio sull’epidemia di Covid-19 in Europa degli epidemiologi dell’Imperial College di Londra, tra i più bravi del mondo. Contiene tanti dati dei quali parleremo, ma ora voglio farvi notare la stima del numero di persone che sono state infettate in Italia al 28 marzo 2020. Questa stima corrisponde al 9,8% della popolazione, quindi intorno a 5,9 milioni di casi. Capite perchè i numeri che sentite in tv ogni giorno alle 18 non hanno molto significato?».

Lo scrive questa mattina su Facebook il virologo Roberto Burioni e per far capire quanto gli studi dell’Imperial London College – che collabora con l’Organizzazione Mondiale della Sanità – siano presi in considerazione dalla comunità mondiale, non solo scientifica, basti pensare che è stato proprio uno studio di questo istituto a far tornare suoi suoi passi ieri il presidente della Stati Uniti Donald Trump che al contrario di quanto annunciato ha deciso di prolungare le restrizioni per gli americani in quanto le proiezioni delle vittime basate sullo studio dell’Imperial parlando di 2,2 milioni in assenza di restrizioni. E sempre le stime dell’Imperial hanno fatto cambiare idea a Boris Johnson che prima di chiudere tutto aveva sposato la controversa strada dell’immunità di gregge.

Tornando invece allo studio sui paesi Europei, l’Imperial College di Londra prevede – sulla base dell’analisi matematica dei dati – per l’Italia e in altri Paesi europei milioni di contagiati dal coronavirus. 

In Italia – come sottolineato da Burioni – potrebbero essere 5,9 milioni le persone che finora hanno contratto il virus SarsCoV2, in pratica il 9,8% della popolazione, mentre le misure di contenimento del contagio avrebbero salvato circa 38.000 vite.

In Italia, come in altri Paesi europei, «stimiamo che le infezioni riconosciute siano di diversi ordini di grandezza inferiori rispetto a quelle reali, soprattutto per la presenza di soggetti asintomatici o con pochi sintomi oltre che alla limitata capacità di fare test», scrivono i ricercatori.

Lo studio si basa sull’analisi matematica dei dati forniti quotidianamente dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie circa i decessi legati a Covid-19 in 11 Paesi europei colpiti dall’epidemia: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito.

«I nostri risultati suggeriscono che gli interventi come il distanziamento sociale o il lockdown hanno già salvato molte vite e continueranno a farlo», spiega Axel Gandy, docente di statistica al dipartimento di matematica dell’Imperial College.

Secondo le stime del suo gruppo, le restrizioni attuate negli 11 Paesi europei «eviteranno 59.000 decessi entro il 31 marzo. Molte altre saranno evitate se le misure verranno mantenute fino a quando diminuirà la trasmissione. Stimiamo – scrivono i ricercatori – che negli 11 Paesi tra i 7 e i 43 milioni di individui siano stati infettati da SarsCoV2 fino al 28 marzo».

La fetta di popolazione colpita (che gli esperti definiscono come “tasso di attacco”) sembra essere più alta in Spagna (15%) e Italia (9,8%), mentre è più bassa in Germania (0,7%) e Norvegia (0,41%). 

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