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Anche le celle telefoniche per stanare chi è rientrato in Sicilia di nascosto

Di Mario Barresi |

CATANIA – «Caro cittadino che sei ritornato in Sicilia negli ultimi “X” giorni, ti ricordiamo che c’è l’obbligo di segnalare il rientro registrandoti a www.siciliacoronavirus.it e la possibilità di scaricare l’app “Sicilia SiCura” per tutelare la salute tua e degli altri. Firmato: la Protezione civile regionale». Dovrebbe essere grosso modo questo – al netto del “tu” colloquiale e di qualche altra licenza poetico-burocratica – il testo di un sms che nei prossimi giorni potranno ricevere i residenti in Sicilia “rimpatriati” più o meno in costanza di emergenza coronavirus. E non solo quelli che si sono “autodenunciati” iniziando la quarantena (il testo di quel messaggio sarebbe pleonastico, di fatto inutile), ma tutti. Proprio tutti. Compresi, sopratutto, quelli che per i motivi più svariati sono al di fuori dei 42mila ufficiali (dei quali 14mila hanno scaricato l’app della Regione, acconsentendo alla geolocalizzazione tramite smartphone per il periodo dell’isolamento obbligatorio), e soprattutto gli irriducibili furbetti della (mancata) quarantena.

L’assessorato alla Salute, infatti, sta per avviare un altro monitoraggio che vede la Protezione civile in prima linea. È tramite quest’ultima, infatti, che la Regione ha chiesto alle quattro principali compagnie nazionali di telefonia mobile l’autorizzazione a inviare l’sms di “alert” attraverso i gestori (e dunque senza acquisire né maneggiare dati sensibili) ai clienti siciliani che nelle ultime settimane, provenendo da celle telefoniche al di fuori dell’Isola ne avessero agganciato una all’interno del territorio regionale. Dalle aziende ci sarebbe un via libera di massima, nel rispetto delle norme sulla privacy. «Dobbiamo fare grande attenzione, c’è un ottimismo dilagante che mi preoccupa: se è vero che una parte significativa di chi è rientrato ha completato i 14 giorni di isolamento, ma c’è una quota altrettanto importante che non l’ha fatto. Quindi le misure di contenimento vanno mantenute», ripete l’assessore Ruggero Razza, ieri all’Oasi di Troina (nella foto) per un vertice operativo.

E, oltre alle strategie hi-tech, potrebbero esserci a disposizione anche nuovi strumenti per verificare l’eventuale contagio anche, ma non soltanto, dei “rimpatriati”. Ieri (ma una sostanziosa tranche è attesa per oggi) è arrivato in Sicilia, a bordo di un aereo militare, un maxi-carico di dispositivi medici dalla Protezione civile. Nelle bolle d’accompagnamento si legge anche di migliaia di tamponi: 15mila, secondo quanto trapela da Palermo. Materiale utilissimo per far rispettare nei fatti ciò che è previsto sulla carta di un’ordinanza di Nello Musumeci: tamponi al personale sanitario (con priorità diverse in base all’esposizione), ma anche a chi è rientrato in Sicilia e, se possibile, ai familiari.

Più test per tutti. A maggior ragione se dovesse arrivare – come i beninformati danno per molto probabile – il via libera dei “saggi” della Regione sulla «validazione» di esami diversi dal classico tampone. Il comitato tecnico-scientifico, infatti, dovrebbe esprimersi oggi su due questioni molto delicate: l’utilizzo dei tamponi rapidi (con risultato in un’ora) e dell’esame al sangue, ma limitato soltanto a «soggetti chiaramente sintomatici».

Twitter: @MarioBarresi

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