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Coronavirus, il racconto del nisseno guarito in Lombardia: «Hanno fatto molti errori»

Di Redazione |

Si chiama Marco G., è nato, cresciuto e ha studiato in provincia di Caltanissetta, e ora vive a Cernusco sul Naviglio nel Milanese. E’ lui, insieme alla compagna Marika, l’uomo che sta inguaiando la gestione della sanità in Lombardia. La sua intervista con Selvaggia Lucarelli è stata pubblicata sul Fatto Quotidiano

La sua odissea è cominciata il 20 febbraio, lo stesso giorno in cui al famoso paziente 1 di Codogno, verrà diagnosticato il Coronavirus. «Quel giorno – ha raccontato Marco – dopo cena ho avuto una leggera nausea. Nelle giornate seguenti sentivo le ossa rotte, poi la febbre a 38,5. C’erano i primi casi a Codogno, ma io ci ridevo su con gli amici. Intanto però la febbre non calava. Domenica 26 chiamo il numero dell’emergenza per chiedere il tampone. “Se non sei stato in Cina o a Codogno, niente”, mi rispondono».

Marco, dopo l’ennesimo no al tampone, ha deciso di fare i raggi X e l’esito è stato terribile: polmonite interstiziale. E nemmeno a quel punto è stato sottoposto al tampone: «Lei non viene dalla Cina o da Codogno».

Poi prosegue il racconto sempre al Fatto Quotidiano: «Domenica 1 marzo sto malissimo, mi alzo per fare colazione e svengo. Viene l’ambulanza e mi portano al San Gerardo di Monza. Mi hanno chiesto se conoscessi qualcuno di Codogno e io terrorizzato dall’idea che non mi facessero il tampone ho risposto di sì, e a quel punto il tampone è stato positivo e mi ricoverano. Mi chiama poi mi moglie e mi dice che ha la febbre. Eravamo preoccupatissimi per i bambini (ne hanno 2 di 2 e 5 anni, ndr), perché se anche lei fosse finita in ospedale non avremmo saputo a chi lasciarli. Tra l’altro erano potenzialmente infetti».

Marzo dopo una settimana di ossigenoterapia migliora e l’ospedale preannuncia la dimissione: «Ma non sapevano ancora se mia moglie e i miei figli fossero positivi».

A quel punto Marco è riuscito ad avere il numero dell’assessore alla Sanità Gallera, è la moglie a inviargli un messaggio su whatsapp: «Sono disperata, ho due bambini, mi sta tornando a casa un positivo al Coronavirus». E la risposta di Gallera qual è stata, gli chiede Selvaggia Lucarelli: Gallera ha risposto l’opposto di tutto quello che dice in tv. E cioè che il tampone non è previsto se non hai febbre e difficoltà respiratorie, altro che controllo dei contatti. In più ci ha scritto che se venivo dimesso significava che ero guarito. Invece ero positivo e lo sono stato ancora per 20 giorni. Gallera ha anche consigliato a mia moglie di fare la quarantena all’ospedale di Baggio. Ospedale poi chiuso giorni dopo perché si erano infettati tutti. Qui in Lombardia non c’è stata una strategia iniziale per arginare il fenomeno che poi ha provocato tutti quei morti. Se un virus arriva dalla Cina in poche settimane, come fai a non preoccuparti del contagio che avviene nelle famiglie?».

E non è finita: «Mia madre era stata qui mentre ero infetto, ed è tornata in Sicilia con l’aereo da Bergamo a fine febbraio. Abbiamo comunicato ad Ats che forse ero infetto e che lei era stata qui, che doveva prendere un aereo per la Sicilia. “Stia tranquillo” mi hanno detto. Chissà se era asintomatica, se ha infettato qualcuno in aeroporto, in aereo, boh. Io 10 marzo sono tornato a casa e mi sono chiuso in camera. Il 17 il tampone era ancora positivo. Il 30 finalmente ero negativo. Siamo dei miracolati. Gallera deve ammettere gli errori che hanno fatto. Ci sono troppi testimoni in Lombardia. E posso garantire che non è un caso di delirio collettivo causato dal Coronavirus».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA