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Coronavirus, gradualità e coordinamento: ecco il piano Ue per ripartire

Di Redazione |

«Gradualità» e «coordinamento” sono le parole chiave della strategia preparata dall’Unione europea per l’uscita dalla paralisi del coronavirus. Ad illustrare il piano alla stampa, domani, sarà la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, dopo che le rimostranze di Italia, Francia e Spagna in primis per le mancate consultazioni della settimana scorsa avevano frenato la leader europea, costringendola ad un imbarazzante rinvio.

Fermo restando che le competenze in materia sono dei singoli governi, in un documento di quattro pagine – che l’ANSA può anticipare – l’esecutivo comunitario raccomanda standard e parametri su cui le cancellerie potranno basare le proprie decisioni per ripartire. Ma il come e il quando sarà comunque prerogativa delle capitali, a seconda delle situazioni. Anche se il rischio, avverte Bruxelles, è che «la mancanza di coordinamento possa avere effetti negativi per tutti gli Stati membri», e porti a nuove frizioni.

La Commissione invita ad una ripresa delle attività produttive e sociali per correre ai ripari di fronte al forte shock economico, alla disoccupazione già dai numeri esponenziali e alla frammentazione del mercato unico. Ma stella polare di tutte le azioni dovrà essere sempre il minimo impatto sulla salute dei cittadini. Per questo motivo si indicano come condizioni per le revoche una diminuzione significativa e continuativa della diffusione del virus e una capacità di risposta sufficiente da parte dei sistemi sanitari.

Serve «un’uscita graduale», insiste la Commissione Ue, con restrizioni da rimuovere «passo dopo passo», intervallate da lassi di tempo che permettano di misurarne gli effetti. Iniziative da avviare a livello locale, e solo successivamente da estendere geograficamente, prevedendo anche una progressiva sostituzione delle misure generalizzate con azioni mirate a salvaguardare gruppi più vulnerabili, come gli anziani. Tutte mosse che dovranno comunque procedere in parallelo a misure di accompagnamento, come il rafforzamento dei sistemi sanitari, lo sviluppo di terapie e vaccini e l’aumento dei test. Anche perché, si legge nero su bianco, «qualsiasi allentamento graduale delle restrizioni porterà inevitabilmente ad un corrispondente aumento di nuovi casi». E serviranno una comunicazione trasparente, un monitoraggio costante della situazione e la prontezza a reintrodurre le misure, se sarà necessario.

Tra i primi a cercare una ripartenza in Europa oggi è stata l’Austria, che ha riaperto i negozi sotto i 400 metri quadrati e dal primo maggio conta di far spalancare i battenti anche ai centri commerciali. Da domani in Danimarca torneranno a scuola i bambini al di sotto degli 11 anni. La Polonia, dal 19 aprile, darà il via ai negozi. Mentre in Norvegia i più piccoli torneranno nelle scuole d’infanzia dal 20 aprile. Anche la Spagna, così come l’Italia, ha dato il permesso ad alcune categorie di tornare al lavoro, mentre la Repubblica Ceca ha dato l’ok per attività ricreative all’aperto.

Ma le incognite restano, e sono molte, anche perché in alcuni Paesi la situazione non accenna a migliorare. In Francia è stato registrato un nuovo record, con 762 decessi nelle ultime 24 ore ed un bilancio che sale a 15.729 morti. In Spagna il coronavirus ha ucciso più di 18.000 persone, con 567 nuovi decessi: un leggero rimbalzo rispetto al giorno precedente. Il Belgio ha registrato 262 vittime in più, ed ora sfora il tetto di 4.000.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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