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Coronavirus in Italia: calano nuovi casi, ma ancora 600 morti

Di Redazione |

ROMA Continua la discesa dei ricoveri in terapia intensiva, torna a diminuire il numero dei pazienti negli altri reparti e per la prima volta da oltre un mese l’incremento del numero di nuovi malati di Covid-19 scende sotto la soglia delle mille unità: nelle ultime 24 ore sono stati solo 675 i tamponi positivi in tutta Italia, un dato che non si registrava dal 6 marzo. I numeri della Protezione Civile confermano come il trend del contagio continui la sua lenta discesa dal plateau raggiunto una quindicina di giorni fa. Ma c’è un dato che frena ogni ottimismo: sono ancora 602 le vittime in un solo giorno, in aumento rispetto a lunedì. La strada intrapresa con le misure di contenimento sta dando i suoi frutti ma è ancora presto per allentare la stretta. Non è un caso che il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, rispondendo a chi in conferenza stampa gli chiedeva se fosse il momento di prenotare le vacanze, ha risposto in maniera laconica ma allo stesso tempo molto chiara: «non so rispondere a questa domanda, ma non credo che nessuno sappia rispondere in questo momento». I dati positivi sono diversi anche se gli ultimi giorni ‘scontanò le festività pasquali, con meno tamponi effettuati (solo 26mila nelle ultime 24 ore, 4 giorni fa erano il doppio): quello dei nuovi malati appunto, 675 in più che portano il totale a 104.291; il fatto che ben otto regioni – Emilia Romagna, Veneto, Umbria, Sardegna, Valle d’Aosta, Basilica, Molise e soprattutto Friuli Venezia Giulia (con 408 casi in meno) – facciano segnare un calo dei malati. E le terapie intensive, che per l’undicesimo giorno di fila registrano un numero totale di ricoveri inferiore al giorno precedente: oggi sono 3.186 i pazienti ricoverati nei reparti, 74 in meno in lunedì. E negli ultimi dieci giorni sono usciti dalle terapie intensive ben 808 persone. «La situazione è in miglioramento – conferma il direttore della rianimazione del Policlinico Gemelli e membro del Comitato Tecnico scientifico Massimo Antonelli – grazie alla collaborazione con la Lombardia abbiamo fatto un paragone: i ricoverati in quella regione sono stati nelle ultime 4 settimane 3.862, i dimessi 1.296, i degenti sono ancora 1.240, con il 65% di sopravvivenza. Nel Lazio in un lasso di tempo simile sono stati 424 i ricoverati in terapia intensiva, un quarto dimesso e un quarto ancora degente. Sopravvivenza al 65%, la stessa». Conclusione: «le misure hanno funzionato per contenere l’impatto in singole regioni e i pazienti, indipendentemente da dove si trovino, con le terapie intensive raggiungono un tasso di sopravvivenza di tutto rispetto». E qui finiscono i dati positivi. Perché il numero delle vittime rimane piuttosto stabile: l’incremento rispetto al giorno prima era di 604 una settimana fa, è di 602 oggi. Il perché lo hanno spiegato più volte gli esperti e anche il giorno di Pasquetta lo ha ribadito il direttore del Dipartimento di infettivologia dell’Istituto superiore di Sanità Giovanni Rezza: “sarà l’ultimo indicatore a deflettere perché il tempo che intercorre tra contagi e decessi è il più lungo». Ci sono poi i dati della Lombardia e del Piemonte che continuano a preoccupare. Nelle due regioni si continua a registrare un alto incremento di nuovi malati: 290 in Piemonte e 428 in Lombardia (anche se, rispetto a lunedì, c’è un leggero miglioramento, con Milano che, ad esempio, ha solo 57 nuovi casi mentre ieri erano 296). Numeri che potrebbero essere in qualche modo legati a quanto rivelato dall’Istat: uno studio sulle attività sospese e attive evidenzia infatti che proprio a Milano oltre il 67% dei lavoratori dell’industria e dei servizi privati (credito escluso) continuano ad andare a lavoro anche con il lockdown, e questo senza considerare lo smart working. Percentuali ancora più alte in altri due focolai del virus: Lodi (73,1%) e Crema (69,2%). 

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