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Regioni non ci stanno, Zaia accelera e dalle 18 apre

Di Alessandro Galavotti |

TORINO – «Il lockdown, la chiusura totale, non esiste più». A meno di 24 ore dall’annuncio della Fase 2, il Veneto accelera. E, dalle 18 di oggi, consente lo spostamento individuale per attività motoria e all’aria aperta, anche in bicicletta. Via libera da domani anche agli spostamenti verso le seconde case o le imbarcazioni ormeggiate al di fuori del Comune di residenza, ma solo per manutenzione o riparazioni.

«Nessuna prova muscolare», precisa il governatore Luca Zaia, anche se le misure annunciate ieri sera dal premier Conte sembrano avere incrinato il rapporto tra il governo e le Regioni, divise tra chi teme una ripartenza troppo affrettata, come il Piemonte, chi vorrebbe farlo prima, come Sardegna e Umbria, e chi come la Liguria invoca una «maggiore autonomia».

Per il governatore veneto Zaia non ci sono dubbi: le indicazioni nazionali «stanno dando fibrillazione, si poteva e si doveva fare uno sforzo in più. Sappiamo che mangiare può fare male, ma non è che dobbiamo morire di fame – insiste – Sarebbe come dire chiudiamo le strade perché ci sono gli incidenti. Lo scienziato dirà la sua, che bisogna chiudere tutto, che bisogna andare in giro con gli scafandri, ma alla fine spetta a noi trovare una condizione di equilibrio, non politica ma di sostenibilità».

Quello dell’esponente della Lega è un invito alla “ragionevolezza” e al “buon senso”, perché – dice ancora Zaia – «la violenza non serve a nulla». Anzi, «è il sistema migliore per alimentare il conflitto sociale». Critico con l’annunciata fase 2 anche Attilio Fontana, che il 4 maggio in Lombardia avrebbe «riaperto alcune attività commerciali, qualche negozio». Mantenendo sì l’obbligo delle mascherine, che invece in Piemonte non c’è ancora, e magari «non durante tutto l’arco della giornata, alternando mattino e pomeriggio con ingressi limitati e con controlli di chi ci entra». «Non è questione di coraggio, è rendersi conto della realtà in cui viviamo – sostiene il governatore lombardo, anche lui leghista -: se dovessimo aspettare l’R0 non apriremmo più per parecchio tempo…».

Chi avrebbe voluto «un po’ di tempo in più» è il Piemonte, con il governatore Alberto Cirio convinto che si debba ripartire, ma con «prudenza». Sì dunque alla riapertura delle attività produttive, ma niente take away, perché può creare “situazioni di assembramento difficilmente gestibili», né spostamenti verso le seconde case, «che consentiremo in un secondo momento». Non abbandona la possibilità di riaprire le scuola «entro la primavera» la Valle d’Aosta, seppur «con classi dimezzate e orari ridotti».

Parla di «misure discutibili» a proposito del Dpcm firmato la scorsa notte dal premier Conte la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, convinta che le misure non tengano conto della situazione del contagio nei singoli territori e imbavaglino le Regioni, «che posso adottare solamente ordinanze restrittive ma non estensive». «Non si possono trattare in modo uguale territori diversi», le dà ragione il governatore ligure Giovanni Toti. «I diritti costituzionali in una fase di allentamento dell’emergenza devono poter tornare in vigore», sostiene chiedendo «una “via ligure” da poter seguire durante la ripresa».

Vorrebbe allargare le maglie anche il presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas. «Ci attendevamo un Dpcm più ampio nella riapertura di alcune attività e alcuni settori del Paese – dice il governatore sardo -. In verità il testo lascia intravvedere una efficacia e una incisività solo laddove esistono grandi attività industriali e quindi nella parte settentrionale del Paese». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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