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Coronavirus in Sicilia, il rientro dal Nord non è un esodo: si sono registrati in 1150

Di Mario Barresi |

Presidente Nello Musumeci, ci chiarisca subito un concetto: ma la Sicilia, per chi vuole rientrare, è chiusa, socchiusa o aperta?

«Si è fatta una gran confusione, in questi giorni, sui cosiddetti “casi di necessità”, che non sono stati mai sospesi. Anche nei momenti di preoccupazione per la diffusione dei contagi rimaneva aperta la finestra che prevedeva l’accesso per particolari motivi familiari. È chiaro che quella finestra adesso diventa una porta».

Una porta aperta per pochi, visto che non sembra che ci sia un controesodo biblico…

«Dalla mezzanotte di ieri (domenica per chi legge, ndr) abbiamo registrato sul nostro sito il rientro di 1.150 persone. Per fortuna non si tratta di un esodo, ma di un numero assolutamente controllabile».

Forse adesso c’è il problema opposto: ci sono pochi mezzi per tornare. Dal ministero dei Trasporti trapela che è già pronto un decreto per aumentare voli e traghetti.

«Noi abbiamo chiesto al ministero il raddoppio dei voli, da quattro a otto, fra Roma e Sicilia, ribadendo ad Alitalia di evitare speculazioni sul costo dei biglietti, e l’aumento delle corse sullo Stretto, dalle attuali cinque a otto».

Cosa deve fare, in pratica, chi torna nell’Isola?

«Bisogna dichiarare se si è residenti in Sicilia o se si è nell’Isola per ricongiungersi con i familiari. Chi arriva sullo Stretto viene sottoposto alla misurazione della temperatura corporea e poi sottoporsi a quarantena e osservare le prescritte norme di sicurezza».

Lei è stato fra i governatori più rigidi nella fase del lockdown e ora è fra quelli più aperti nella fase 2. Oltre alle condizioni epidemiologiche, pesa anche la percezione dell’opinione pubblica su questo cambio di linea?

«La fase 2 continua a tenere i siciliani divisi in due grandi partiti: il partito del “riapra tutto” e quello del “chiuda tutto”. Naturalmente il mio compito è quello di non iscrivermi a nessuno dei due partiti, ma di trovare il giusto punto di equilibrio fra le legittime esigenze degli uni e degli altri. Il compito del mio governo è quello di assecondare l’avvio della fase 2 e l’abbiamo fatto con l’ordinanza del 30 aprile, che senza dover dichiarare guerra al governo nazionale ha consentito alcune aperture. Non tutte in verità, perché se fosse dipeso da me avrei autorizzato anche altro».

Cosa, ad esempio?«La riapertura dei saloni dei parrucchieri per uomo e per donna, di bar e ristoranti e del commercio al dettaglio, con i dovuti accorgimenti che devono accompagnare ogni altra ripresa di attività. Penso anche i locali dove si fa cultura, teatri e cinema. E vorremmo farlo, noi governatori, in piena sinergia con il governo nazionale. Ci dia Roma le linee generali all’interno delle quali ogni Regione si muoverà in autonomia in base alle specifiche esigenze del proprio territorio. Anche sulla riapertura dei cimiteri abbiamo chiesto ai sindaci di decidere perché non sappiamo in ogni singolo comune di quali risorse umane disponga per la corretta gestione del camposanto. Perché è chiaro che in questo momento quello che serve alla Lombardia, al Piemonte o al Veneto, serva anche alla Sicilia, che ha 2.200 positivi a fronte dei 60mila di queste tre regioni messe assieme».

La Sicilia e i siciliani sono pronti ad affrontare la fase 2?«Ora diventa quasi fisiologico doverlo fare, proprio perché i numeri sono dalla nostra parte. E per evitare che tornino a crescere serve tanto, ma tanto, senso di responsabilità da parte di tutti. La Sicilia è l’esagerazione dell’Italia e noi siciliani siamo esagerati in ogni cosa. Non vorrei che dal rigoroso rispetto delle norme restrittive da parte della comunità siciliana si passi al concetto del “liberi tutti”. Vedevo in queste ore macchine in doppia fila lungo le strade delle città siciliane, segno evidente che il sentimento di paura è passato. E questa non è una buona notizia».

Lei ha detto: «Godiamoci l’estate, perché in autunno il virus tornerà e sarà ancora più violento». C’è qualcosa che sa e che non ci ha rivelato?

«No, io non sono un infettivologo. Però gli esperti dicono che con l’abbassarsi della temperatura possa tornare il Covid, non si sa con quanta virulenza. Il che ci porta a pensare che in autunno possa esserci una replica del virus, che naturalmente stavolta ci troverà preparati perché ne sappiamo qualcosa di più. Anche se dovremo conviverci fino a quando non arriverà il vaccino».

Non le sembra che siamo un po’ tutti concentrati sulle curve e sulle riaperture e poco attenti, invece, alle conseguenze economiche pesantissime di questi mesi? Cosa pensa di fare?

«Nell’affrontare la fase dell’emergenza crediamo di essere stati la prima Regione d’Italia, deliberando per una sostanziosa risorsa finalizzata a immetere liquidità nel circuito e quindi a consentire alle famiglie senza reddito di entrare nell’assistenza alimentare. La finanziaria, proposta dal governo regionale e integrata dal parlamento, consente di intervenire con sovvenzioni e prestiti a interessi zero a favore di imprese, operatori economici e famiglie. Ma anche questa avrà un orizzonte temporale limitato».

E allora qual è il piano a medio-lungo termine?«C’è un piano di ricostruzione economica e sociale e di efficientamento burocratico, perché pensiamo in un orizzonte di tre anni di lavorare per accelerare la spesa destinata a investimenti, che serve non solo ad ammodernare la Regione, ma anche a sostenere il tessuto imprenditoriale e quindi ad aumentare i consumi delle famiglie».

Quanto costa un piano del genere?

«Dipende da quello che deciderà Roma. Se dovesse lasciarci con le attuali norme procedurali, dovremmo fare i conti con una serie di lacci e lacciuoli assolutamente incompatibili con l’accelerazione della spesa pubblica. Se invece Roma dovesse accettare, come noi da settimane chiediamo, di esportare il modello Ponte Morandi a tutte le altre Regioni, in Sicilia potremmo, sbloccare circa 180 opere pubbliche d’interesse nazionale ferme da anni, che rimetterebbero subito in circuito almeno un miliardo di euro. Il modello è chiaro: nomina di un commissario straordinario a un rappresentante istituzionale, deroga nel rispetto della trasparenza e possibilità di riattivare in alcuni mesi tantissimi cantieri. Mi si dirà che “non possiamo generalizzare” e io dico: non dobbiamo generalizzare! Si stabilisce la tipologia del cantiere e in funzione di essa si affida il commissariamento. Io mi auguro che a Roma non abbiano la concezione di due Italie a velocità diverse».

È appena uscito un sondaggio di Demopolis per il circuito web Today: il 57% dei siciliani dice di avere fiducia in lei, 15 punti in più di un anno fa. Quanto la ripaga delle sofferenze e dello stress di questi mesi?«Il sondaggio mi fa piacere, ma lo lascio commentare a voi. Per il resto, è stato un periodo di stress mai conosciuto, anche in chi come me ha tanta esperienza in politica. Mi sono trovato a compiere scelte importanti, che non riguardano la mia salute, ma quella di milioni di siciliani».

«Mi auguro che di lei e di quelli come lei possa presto occuparsi ben altro Palazzo». Se potesse tornare indietro, direbbe di nuovo queste parole a Luca Sammartino?

«Senza dubbio ripeterei la condanna alla richiesta di voto segreto, che è e resta una macchia nella storia del parlamento siciliano. Ma confido molto nel presidente dell’Assemblea e in tutti i gruppi affinché possa essere presto modificato. Quanto alla frase che evoca il Palazzo, a sangue freddo non l’avrei detta».

Qualcuno, nel centrodestra, comincia a porre il tema del “dopo di lei”. Cosa risponde a chi esprime dubbi sulla sua ricandidatura nel 2022?«Le risposte di chi governa si chiamano fatti. Alla fine contiamo le parole e contiamo i fatti. Tutto il resto è noia».Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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