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«Sì, il coronavirus ha allentato la presa, a metà giugno ne saremo fuori»

Di Giuseppe Bonaccorsi |

Dare a Cesare quel che è di Cesare. E al dott. Carmelo Iacobello, primario delle Malattie infettive del Cannizzaro, va dato atto di essere stato tra i primi in Italia ad aver parlato di un Covid che ha perso aggressività. Iacobello lo aveva già affermato in una nostra intervista settimane fa quando si è accorto che i ricoverati diminuivamo,ma, soprattutto, che gli anziani non presentavano sintomi gravi come prima. Oggi Iacobello torna a ribadire e spiega: «Ci sono pareri discordanti perché chi fa il clinico ha il polso della situazione e si basa sui numeri, ma chi fa l’epidemiologo non vede pazienti e non si rende conto di quello che sta succedendo. La differenza è tra chi sta sul campo e chi studia le curve epidemiologiche».

E lei dottore cosa vede di differente col passato?

«Quando ho cominciato a trattare i primi casi Covid devo dire di essere stato assalito da una grandissima preoccupazione perché la possibilità di curare questi pazienti era nulla e questi morivano senza che noi riuscissimo a fare qualcosa. Lo stato di frustrazione in noi era pesante. Ma man mano che sono passati questi 70 giorni dall’arrivo anche in Sicilia dell’epidemia, abbiamo cominciato a verificare che a parità di condizioni in pazienti fragili adesso l’aggressività del virus è diversa rispetto al passato. Nel senso che gli ultimi ricoverati presentano sintomi non gravi».

E quindi?

«Siccome non è ipotizzabile dire che è migliorato il sistema immunitario in questi pazienti fragili l’unica spiegazione che ci siamo dati è che non essendoci oggi una cura diversa rispetto a prima, anche se in effetti è cambiato il tempo in cui fai un farmaco rispetto a prima, l’unica variabile dè causata dal virus. Non abbiamo nessuna evidenza scientifica che il virus si sia effettivamente modificato in senso buono, ma alla fine l’unica spiegazione è che il Covid è variato. Questo ci siamo detti tra colleghi e questo oggi confermo».

Alcuni suoi colleghi, anche a livello nazionale, però sostengono che sono state affinate le cure e i pazienti arrivano prima in ospedale…

«Prendendo in esame la Sicilia vorrei conoscere se le Usca che sono partite soltanto adesso (e non in tutta la Sicilia) già prima somministravano alcuni farmaci ai positivi isolati in casa. Io so di no e allora come ci spieghiamo che i malati non si aggravano più come prima e non finiscono più in rianimazione? ll dato è questo e le cose bisogna valutarle in un determinato meccanismo razionale».

Secondo lei perché c’è resistenza in certi ambienti ad ammettere che forse il virus è cambiato?

«Intuisco un certo catastrofismo intorno al virus e a qualcuno forse dispiace che questa roba possa concludersi magari con una sindrome blanda come sostengono illustri studiosi. Forse è utile questo atteggiamento, ma non capisco il tono sensazionalistico mentre è indubbio che c’è una riduzione del virus. Al contrario quello che può essere oggi un pericolo è l’ingresso di nuovi genotipi virali che possono arrivare dall’estero. Chessò, al momento, i ceppi inglese e americano. Per questo consiglierei ai nostri governi di evitare di aprire prima del tempo le frontiere. Prima sarebbe utile una mappatura di quello che sta succedendo negli altri paesi>.

Secondo lei il lockdown ha giovato per far diminuire la diffusione del coronavirus?

«Ha contribuito a ridurre la circolazione , ma in linea di massima un virus che circola meno è un virus che dovrebbe essere lo stesso. In pratica se il virus non avesse avuto la possibilità di mutare perché non c’erano tante persone da contagiare oggi sarebbe dovuto tornare con la stessa virulenza. E invece è il contrario».

Nove giorni fa c’è stata la riapertura. Dobbiamo attenderci una risalita della curva?

«Suppongo che qualche piccolo incremento lo registreremo, e ipotizzo che ne usciremo a metà giugno».

Si aspettava una riduzione così marcata?

«No, affatto, Anzi ero abbastanza angosciato. Oggi invece ho ancora 14 pazienti anziani, ma tutti stabilizzati».

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