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In Italia 1,4 milioni di persone hanno “incontrato” il covid, in Sicilia solo l’1%

Di Manuela Correra |

ROMA Sono 1.482.000 gli italiani che risultano IgG positivi, ovvero che hanno incontrato il nuovo coronavirus SarsCov2 sviluppando gli anticorpi ad esso: 6 volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente durante la pandemia. Forti sono però le differenze regionali, con la Lombardia che raggiunge il valore massimo di sieroprevalenza – cioè di cittadini con anticorpi – pari al 7,5% , che è 7 volte il valore rilevato nelle regioni a più bassa diffusione come quelle del Mezzogiorno dove, in generale, la sieroprevalenza è sotto l’1%.

E’ questa la prima mappa della diffusione del virus in Italia secondo i risultati dell’indagine di sieroprevalenza con test sierologici del ministero della Salute e Istat effettuata a campione nel Paese dal 15 maggio al 15 luglio ed i cui esiti, ancora provvisori, sono stati presentati oggi dal ministro della Salute Roberto Speranza insieme ai responsabili Istat.

Dati che giungono mentre, secondo la rilevazione quotidiana del ministero, in Italia i contagi sono ancora in calo: 159 in un giorno, ma si registrano 12 morti. Solo 24 mila, però, i tamponi fatti. In 5 regioni nessun nuovo positivo. I risultati dei test sierologici, non definitivi, sono invece relativi a 64.660 persone che hanno effettuato il prelievo e il cui esito è pervenuto entro il 27 luglio. La conduzione della campagna in condizioni emergenziali non ha permesso di raggiungere la numerosità originariamente programmata del campione, e pari a 150mila soggetti.

Tuttavia le tecniche adottate hanno permesso la produzione di stime «coerenti». Si tratta di una proiezione statistica che, partendo da un campione statisticamente rappresentativo di tutta la popolazione, di 64.660 soggetti, porta appunto a 1.482.000 gli italiani che si stima siano entrati in contatto col virus. Un’operazione fondamentale, oltre che per avere un quadro della diffusione del virus, anche per la messa a punto di programmi sanitari al fine di prevenire future ondate pandemiche. Il primo dato che emerge, ha spiegato in conferenza stampa al ministero la direttrice dell’Istat Linda Sabbadini, è la grande variabilità tra le regioni e anche intraregionale: dopo la Lombardia (si va dal 24% di Bergamo al 19% di Cremona) , la Regioni con maggiore prevalenza è la Valle D’Aosta (4%), mentre al Sud il valore è sotto l’1% con la sieroprevalenza minima in Sicilia e Sardegna .

Uomini e donne, inoltre, sono stati colpiti allo stesso modo dal virus, senza sostanziali differenze di genere. Meno colpiti invece bimbi (1,3%) e over-85 (1,8%), probabilmente perché più protetti durante la pandemia. Quanto alle professioni, tra i lavoratori della sanità si registra la sieroprevalenza più alta (5,3%), seguono gli addetti ai servizi di ristorazione (4,2%). Inoltre, ha sottolineato Sabbadini, «la trasmissione intrafamiliare è molto elevata, e il 41% tra chi ha avuto un familiare convivente è risultato positivo al coronavirus». Altro dato importante: «Gli asintomatici, che possono infettare, arrivano al 27,3% che non è una quota bassa. Quindi – ha avvertito l’esperta – è molto importante la responsabilità individuale e il rispetto delle misure». Quanto ai sintomi -. oltre a febbre, tosse e mal di testa – alcuni sono maggiormente associati alla positività, a partire dalla perdita di olfatto e gusto. Ma come leggere il dato generale? «il dato del 2,5% di sieroprevalenza puo sembrare piccolo ma può trasformarsi in qualcosa di problematico se non rispettiamo la prudenza – ha ammonito il presidente Istat Gian Carlo Blangiardi -.vuol dire cioè che se incontro 20 persone, ho il 50% di possibilità di incontrare una persona positiva». Invita alla prudenza anche Speranza, che ricorda come si stia oggi vivendo uno dei momenti più difficili sul piano internazionale: «Il governo continuerà a muoversi con determinazione sulla linea della cautela, che – ha detto – ha saputo piegare la curva. Senza le misure avremmo avuto dati di diffusione del virus molto più alti in tutta italia, incluso il Sud». Lo studio ha infine permesso di definire in modo più preciso il tasso di letalità che scende al 2,5%.

Questi dati di sieroprevalenza, ha concluso il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, «indicano dunque il fatto di ‘aver incontrato il virus, che è però cosa molto diversa dal conferire qualsiasi patentino di immunità», poichè su tale aspetto le conoscenze non sono ancora sufficienti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA