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Covid, molto caos e poche mascherine in Centro storico a Catania

Di Maria Elena Quaiotti |

Catania – Viste le premesse si prevede una strada in salita per far rispettare l’ultima ordinanza antiCovid del governatore Musumeci: già mercoledì sera, quindi non il tipico giorno da “movida”, si è avuto un anticipo di quanto accadrà nel fine settimana, qualche mascherina in più si è vista, ma ancora troppo poche (forse uno su cinque “ce la fa”) e chi la indossa spesso non lo fa correttamente, vanificandone l’efficacia. Diversi gruppetti di ragazzi e giovanissimi (tutti congiunti?) erano in giro già in orario post cena, pronti a riversarsi nei luoghi della movida, piazza Teatro Massimo, piazza Scammacca e via Gemmellaro su tutte. Di certo non aiutano a controllare gli assembramenti le “promozioni” speciali dei locali (“shottini – bicchierini di superalcolici da bere tutto d’un fiato – gratis ogni tot consumazioni”) e chi già nella prima sera di validità dell’ordinanza regionale si aspettava una presenza massiccia di forze dell’ordine (alle quali, secondo Musumeci, è affidato il controllo dell’osservanza) è rimasto deluso.

La “notte” della città etnea è finita sotto la lente anche a livello nazionale con il servizio realizzato proprio mercoledì sera e trasmesso ieri pomeriggio nella trasmissione de La7 “Tagadà”, nel quale particolare rilievo ha assunto via Gemmellaro, nostra “osservata speciale” ormai da settimane. Proprio lì, dove nessuna regola viene considerata, figuriamoci l’ordinanza. E difatti già intorno alle 22,30 la strada pedonale (mai rispettata di giorno, ma solo di sera e solo perché i tavolini dei locali che sforano regolarmente il suolo pubblico concesso non lasciano certo spazio al passaggio di macchine o motorini, figuriamoci a un eventuale mezzo di soccorso) era invasa di “aficionados degli shottini”.

Le mascherine? «Da seduti non servono», rispondono, peccato che nessun distanziamento tra le sedie e i tavoli (come previsto) venga rispettato e, forse per aggirare il divieto di stazionamento fuori dai locali, una distesa di tavolini ha invaso praticamente tutta la strada, lasciando solo il passaggio per una-due persone a piedi. «Guardi io ce l’ho», contestano i ragazzi a piedi: per averla ce l’hanno tutti, ma tenuta in tasca (con quale igiene?) serve a ben poco. A osservare e denunciare la situazione, e non da oggi, sono le associazioni spontanee dei residenti di diverse zone del centro storico, da via Sangiuliano a via Landolina, a via Auteri, via Gisira e piazza Mazzini solo per citarne alcune, accomunate dal «mancato rispetto di aree pedonali e zone a traffico limitato, sprezzo dell’autorità e “mala movida”, abusi di suolo pubblico e installazioni su palazzi storici senza autorizzazioni», (nella fattispecie tendoni). Esempio plastico di come non si possa cenare tranquillamente in una Ztl si è avuto sempre mercoledì sera tra via Euplio Reina, piazza Ogninella e piazza Scammacca, dove la telecamera del varco di accesso alla Ztl da via Pulvirenti è ancora disattivata, sono ripetuti e pericolosi i passaggi in mezzo ai tavoli di motorini con in sella ragazzini (in due e senza casco) quasi a “controllo del territorio”, spavaldi e pronti a atti di soverchieria verso i venditori ambulanti, oltre a una serie di macchine, per giunta in controsenso.

«Abbiamo sperato, e crediamo ancora, che il Covid e la necessità di tutelare la salute possa essere la svolta che attendiamo – dicono le associazioni dei residenti – chiediamo il rispetto della legalità e delle regole, anche a un’amministrazione che, in realtà, se ne sta fregando. Non servono “pratiche alleggerite” e incomplete alle attività produttive solo per riempire il centro di locali dove si consuma alcool, ma un vero sostegno al commercio, all’artigianato e alla mobilità sostenibile. Lei sa quante attività non riescono più a lavorare nemmeno di giorno e sono a rischio chiusura? Già prima del Covid si era capito che la movida, come fatta a Catania, di fatto impoverisce il centro e lo degrada. Noi ricordiamo bene i caffè concerto, ed erano ben altra cosa rispetto a quanto si vede oggi».

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