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Sicilia, Razza, il Covid e la mozione di censura: «Ho lavorato tanto, farò ancora di più»

Di Mario Barresi |

Assessore Razza, mercoledì prossimo all’Ars si discuterà la mozione di censura presentata nei suoi confronti dalle opposizioni. Al di là dei numeri in Aula, lei si sente con la coscienza a posto? Sul fronte Covid ha fatto tutto quello che c’era da fare?

«Per mesi, dallo scorso febbraio, abbiamo lavorato senza tregua. Ma non devo dirlo io, che sono certamente di parte. Penso di avere onorato, tra mille difficoltà, il mandato ricevuto dal presidente della Regione, soprattutto nel dovere affrontare un evento di portata storica come una pandemia».

C’è una sua circolare sull’applicazione del piano anti-Covid, datata 11 settembre. Cosa s’è fatto in estate, quando comunque la seconda ondata era più che prevedibile?

«Intanto partiamo da prima dell’estate: se in questi anni non avessimo aperto strutture nuove e se non avessimo investito in riqualificazione, come la Sicilia avrebbe affrontato lo scenario attuale? Capisco la rimozione di massa degli eventi vicini, ma se, per fare solo un esempio, a Catania non avessimo aperto il San Marco, qualcuno ricorda quanti erano i posti di terapia intensiva al Vittorio Emanuele? In estate, poi, abbiamo avviato opere strutturali, aumentato posti letto di terapia intensiva e rafforzato con oltre 3mila persone le dotazioni organiche, solo per fare altri due esempi. Anche le Rsa Covid e gli Hotel Covid svolgono una funzione importante per garantire il ricambio in corsia. Alcuni si sono dimenticati che da noi le strutture di bassa complessità, invocate adesso dal governo nazionale, esistono dal mese di aprile…».

Il presidente Musumeci, in un’intervista al nostro giornale, le ha esternato «rinnovata e convinta fiducia». Ma più volte esponenti del centrodestra hanno criticato alcune scelte. «Vogliono smarcarsi dal fallimento dell’assessore», dice il dem Cracolici. Lei è un problema per la maggioranza? E l’opposizione? Non poteva essere più coinvolta nelle scelte?

«Sono grato al presidente e per il resto accetto ogni critica. So che sono tutti in buona fede, anche se qualcuno non sa di esserlo».

Una delle maggiori preoccupazioni è la capienza delle terapie intensive e delle degenze Covid. La scorsa settimana è scaduto il primo step del suo piano, che Musumeci ha chiesto ai manager di anticipare rispetto alla seconda scadenza del 30 novembre. Ci può dire, numeri alla mano, qual è la situazione in questo momento? Quanti posti sono effettivamente disponibili e quanti occupati in terapia intensiva e reparti Covid?

«Abbiamo presentato un piano a più step. Al 15 novembre eravamo già oltre il primo e gli indici di occupazione sono stabilmente sotto le percentuali degli indicatori ministeriali. Al 30 novembre attiveremo, con un ulteriore incremento, i posti disponibili raggiungendo il target di oltre tremila posti letto. Io ricordo bene quanti posti di terapia intensiva ho trovato al mio insediamento, certamente meno di 400, altri sembrano averlo dimenticato».

Secondo l’Iss il principale tallone d’Achille della Sicilia è la capacità di tracciamento: su 7.061 nuovi casi, secondo l’ultimo report, ben 5.521 sono «non associati a catene note di trasmissione». Da cosa dipende questo preoccupante gioco a “mosca cieca” col virus?

«Noi siamo stati molto seri e abbiamo risposto ai dati richiesti in modo molto preciso. La nostra Regione, ad esempio, fa tanti tamponi di screening secondo le linee guida del Cts, quindi individua tanti casi che non hanno una riconducibilità a un focolaio noto. Anche l’Iss si è reso conto della necessità di rivedere i famosi 21 indicatori, proprio perché risalgono al 30 aprile, quando il contesto diagnostico ed epidemiologico era molto diverso».

L’altro risvolto del tracciamento in affanno sono i cittadini “prigionieri” in casa, talvolta per settimane, in attesa del tampone ufficiale dell’Asp o del via libera dopo la guarigione. In redazione continuano ad arrivare decine di segnalazioni. L’assessorato ha annunciato un potenziamento delle Usca, ma basterà?

«Il numero degli isolati al domicilio, che comprende anche i loro contatti stretti, è cresciuto di molto e, quindi, si sono realizzati, in Sicilia come in tutta Italia, disservizi che speriamo di azzerare anche grazie il ricorso ad un nuovo servizio di call-center e al coinvolgimento dei medici di famiglia. Noi abbiamo potenziato le Usca aumentando il numero nel rapporto di popolazione. Ma i casi crescono e, quindi, bisogna fare ancora di più. Il presidente ci ha chiesto uno sforzo ulteriore e dobbiamo realizzarlo».

Un effetto collaterale della pandemia è la riconversione di interi reparti per l’emergenza. Lei continua a ripetere che la Sicilia è una delle poche regioni a non sospendere le cure extra-Covid, ma ci sono manager che hanno sospeso i ricoveri non urgenti, su indicazione dell’assessorato. Cosa non sta funzionando?

«Che la Sicilia non abbia sospeso tutta l’attività ordinaria è un fatto, non una suggestione. Questo è il dato regionale. Dove si è convertito l’attività di interi reparti o dove sono stati accorpati può esservi stato un rallentamento, ma solo in queste ultime settimane. Stiamo assistendo migliaia di persone e siamo nel mezzo di una emergenza sanitaria che sta paralizzando la sanità di tutto l’Occidente. Ogni tanto è come se ce ne dimenticassimo».

Una delle cure che sembra più efficaci, soprattutto in casi più gravi, s’è dimostrato il plasma superimmune. In Sicilia, adesso, ci sono nove centri autorizzati alla raccolta. Ma il sangue, per la cosiddetta “titolazione”, viene inviato a Pavia. Altre regioni si sono attrezzate in primavera, perché la nostra ancora non può fare la certificazione?

«Perché la notizia non sono tutti i centri trasfusionali aperti, la generosità delle persone, le cure già prestate? Presto ci sarà un laboratorio siciliano, ma ora utilizziamo quello dove è nata la sperimentazione. Buon senso…».

Fra qualche giorno si ridefiniscono i colori della mappa del rischio. La Sicilia, con un indice Rt fra i più bassi d’Italia e ora “scenario 2”, può ambire a una promozione in giallo?

«Non mi appassiona e non mi ha mai appassionato la tavolozza dei colori. E non mi pongo neppure il problema. Abbiamo tanti mesi davanti di pandemia e servono comportamenti individuali e collettivi. Alcuni sembrano non averlo capito e, quindi, s’impongono misure di contenimento».

Senza scomodare il teorema di Ingroia, secondo cui la ‘ndrangheta ha avuto un «ruolo nel creare il virus», è chiaro come mafia e corruzione puntino al business dell’emergenza. La Sicilia ha il “vaccino”? Non sembra…

«Durante le emergenze c’è chi lavora, chi piange e chi si sfrega le mani. Spero vivamente che ci sia responsabilità da parte di tutte le centrali di acquisto, nazionali e regionali. Bisogna moralizzare la spesa sanitaria e impedire che qualcuno possa pensare di fare affari. Non ci siamo dimenticati di fatti e comportamenti che non fanno onore alle istituzioni».

Twitter: @MarioBarresi

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