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Posti Covid in Sicilia, i conti non tornano E il dirigente cancella l’ultimo sms in chat

Di Mario Barresi |

Catania. Arrivano i nostri. O i loro? Sì, perché il primo punto da chiarire – nel giorno della bufera sui posti in terapia intensiva e reparti Covid comunicati dalla Regione a Roma – è chi controllerà cosa e perché.

Roberto Speranza invia gli ispettori ministeriali, che, in compagnia del Nas dei carabinieri, dalla prossima settimana faranno chiarezza sui dati. E non solo. Ma la scelta, sofferta, è del ministro della Salute. Che aveva già deciso di verificare la situazione siciliana, prima che Ruggero Razza glielo chiedesse con una lettera e in una «cordialissima» (così la definiscono a Roma) telefonata mattutina. «L’ispezione è un atto dovuto deciso dal ministro in autonomia alla luce delle notizie apparse su “La Sicilia”. Razza invece cerca di confondere le acque», scandisce Erasmo Palazzotto, deputato di Leu, sin dalle prime ore della mattinata in contatto con il titolare della Salute. Sul tavolo di Speranza, infatti, il dossier Sicilia era aperto già da qualche tempo. Anche su sollecitazione del suo vice grillino, Pierpaolo Silieri, compulsato da alcuni deputati nazionali e, soprattutto, regionali del M5S. «Non voglio aprire un altro caso Campania, non è il momento», la giudiziosa resistenza di Speranza, con esplicito riferimento all’unica regione in cui sono stati finora spediti gli 007 ministeriali. Ma ieri, a maggior ragione dopo la telefonata con Palazzotto, era già tutto deciso. «Voglio vederci chiaro».

È durissimo, invece, l’intervento di un altro ministro, il dem Francesco Boccia, confermando «accertamenti immediati» sulla vicenda, affonda il colpo. E dopo averlo ascoltato su lasicilia.it, definisce l’audio del dirigente generale del Dipartimento pianificazione strategica, Mario La Rocca, «grave e inaccettabile». Per il ministro degli Affari regionali «non è possibile che ci sia qualcuno che rischia di vanificare gli sforzi fatti in questi mesi: serve immediata chiarezza, è intollerabile provare ad aggirare i parametri sul monitoraggio dei dati Covid». E visto che le accuse arrivano da chi ha il rango di un ministro, a rispondere, rompendo il silenzio, è Nello Musumeci. «La Sicilia è governata da persone perbene. E questo dovrebbe averlo già capito il ministro Boccia. Abbiamo chiesto noi a Roma, ormai una settimana addietro, che si mandino dieci-cento ispettori per fare chiarezza sulla gestione dei numeri nella gestione dell’epidemia in Sicilia: non temiamo alcun controllo e mettiamo così fine a ogni tentativo di speculazione. Per noi leale collaborazione istituzionale significa questo».

Fin qui la politica. Che, in un sabato avvelenato, s’azzuffa. Ma non entra nel merito. Ci pensano i medici, però. «Risultano sicuramente operativi in Sicilia, e dedicati ai pazienti Covid19, 344 posti letto intensivi quindi con ventilatore, monitoraggi, sistemi infusionali e specialista in anestesia e rianimazione dedicati, di cui 242 occupati alle 10 di stamattina (ieri, ndr)». È il dato fornito in tempo reale da Antonello Giarratano, vicepresidente nazionale di Siiarti, la società scientifica di anestesisti e rianimatori. Il che, in parte, risponde all’interrogativo del gruppo m5s dell’Ars: «Per fare un modulo di 8 posti letto di terapia intensiva occorrono, minimo, ben 12 medici anestesisti rianimatori. Se è vero che ha aumentato di quasi 300 unità i posti letto di terapia intensiva, Razza deve anche spiegare come ha fatto a trovare ben 450 anestesisti rianimatori». E non a caso, infatti, anche l’assessore sbandiera il dato di Giarratano, che è anche componente del Cts nominato dalla Regione, come una «certificazione» della Siiarti che «ha detto che siamo noi dalla parte della realtà». Non per la matematica. Perché, basandosi sui dati messi nero su bianco nel decreto assessoriale dello scorso 19 giugno, i posti di terapia intensiva effettivamente attivati in epoca pre-Covid (a fronte dei 529 programmati nella rete ospedaliera del 2019) sono in tutto 418. Se a questi si aggiungono i 344 «dedicati ai pazienti Covid» “certificati” da Giarratano, si arriva a 762. Che sono già di più dei 720 programmati nel medesimo decreto. Ma meno degli 831 dell’ultimo flusso trasmesso a Roma – dati «certificati dal ministero, dalle nostre direzioni generali, dall’Agenas», come dice l’assessore – sui quali si basano le scelte del governo. Ne mancano altri 69, uno scarto molto inferiore ai 210 «immaginari» denunciati dal Cimo, il sindacato dei medici ospedalieri. Ma non sono pochi. E, soprattutto, non rientrano nel novero dei «posti immediatamente attivabili» di cui parla Razza in conferenza stampa. Quelli vanno a parte. E sono altri 200, secondo i dati trasmessi dalla Regione al ministero, che infatti venerdì sera aveva nel database un totale di 1.031 posti in Sicilia, fra operativi e «immediatamente attivabili».

Se ne occuperanno ispettori del ministero e Nas? Sì, anche se quello dei reparti Covid è un cantiere in continua evoluzione. E sarà arduo, anche se non impossibile, scoprire cosa sia successo dopo le sollecitazioni a «caricare i posti» di Mario La Rocca nella chat con i manager di ospedali e Asp. L’eventuale escalation di cifre, dopo il 4 novembre, fino a prova contraria è da considerarsi effettiva. Ma agli investigatori romani – e magari alla Procura di Palermo – potrebbe interessare molto anche ciò che rivela all’Ansa il dirigente generale dell’assessorato. «Pur di non svuotare alcuni reparti, per destinare i posti letto ai pazienti Covid, c’è chi ha scritto nelle cartelle cliniche diagnosi inventate, ne ricordo una che parlava di tubercolosi, ma non era vero», è la difesa-attacco del super burocrate, che parla di «ostruzionismo» da parte di alcuni medici per impedire l’attivazione di posti Covid e di manager «incapaci» di applicare il piano del governo regionale. Un gran commis come La Rocca, col senso delle istituzioni che tutti gli riconoscono, se già non l’ha fatto, dovrebbe denunciare ai magistrati questi gravissimi fatti. Con la stessa trasparenza con cui, nell’audizione dello scorso 10 novembre in Antimafia regionale, avrebbe ammesso l’esistenza in Sicilia di «ventilatori non ancora utilizzati» perché «non ci sono posti fisici».

Intanto la chat degli “Avengers” della sanità siciliana s’è silenziata. Cancellato, a cura dell’autore, l’ultimo messaggio col quale La Rocca chiudeva alle 23,36 quel tormentato 4 novembre. Non sapremo mai cos’abbia detto (o scritto) dopo una sfilza di «fatto», «fatto», «fatto», con cui i direttori generali avevano risposto alla sollecitazione di «calare i posti». Nella bufera di ieri, in attesa che della vicenda si approprino magari i salotti tv, tutti continuano a guardare il dito (l’audio del dirigente) e non la luna, ovvero le reazioni di alcuni destinatari di quell’invito. La Sicilia s’è fermata sul limite di voci che chiedono l’anonimato. Ma i mal di pancia dei manager, sollecitati dalle accuse – ritenute «generiche» – di La Rocca, potrebbero diventare logorroiche diarree.

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