Notizie Locali


SEZIONI
Catania 13°

Covid-19

Catania, tracciamento Covid in affanno: 18mila test in ritardo e malati già “dimessi”

Di Mario Barresi |

CATANIA – L’urlo di disperazione arriva da un camice bianco in prima linea: «Se cominciamo a confondere i guariti con i malati, qui crolla tutto».

Succede a Catania, che secondo l’Iss è la provincia siciliana più in affanno su tracciamento e gestione degli asintomatici in isolamento: di un paziente su tre non si conoscono né la data di inizio dei sintomi, né lo «stato clinico sintomatico» degli ultimi 30 giorni.

Succede a Catania che, anche per l’impossibilità di smaltire un arretrato di 18mila tamponi «non esitati» (cioè: in attesa di referto o addirittura ancora da eseguire), a un certo punto si decide di cambiare strategia. «Dobbiamo smetterla di fare tutti questi tamponi», è il messaggio – tanto informale quanto categorico – del commissario per l’emergenza Covid, Pino Liberti, ai maggiorenti della sanità etnea. Tanto più dopo la plateale strigliata di Nello Musumeci, che lunedì, nel confronto con i manager di Asp e ospedali siciliani, ha chiesto «risposte immediate» su centinaia di casi di “prigionieri” del Covid, molti dei quali segnalati direttamente al governatore, invocando un «sistema più snello ed efficace» nella gestione dei circa 30mila siciliani in quarantena.

E così a Catania succede che si registri un’improvvisa impennata di provvedimenti di «conclusione dell’isolamento domiciliare fiduciario»: 2.400 nelle ultime due settimane, quasi 300 soltanto ieri. Un via libera, firmato dal commissario Liberti, allo scoccare esatto del ventunesimo giorno di quarantena, ai pazienti riconosciuti come «caso positivo a lungo termine», quello in cui cioè «in assenza di sintomatologia», anche «dopo due tamponi positivi», «il paziente è libero di abbandonare il proprio domicilio», anche «in assenza di esito negativo» dell’ultimo tampone. Ma, nella smaniosa esigenza di fare presto, a Catania succede anche che lo stesso atto arrivi anche al domicilio della signora M. A, catanese, classe di ferro 1938. La quale, al momento della notifica della “liberazione”, non è in casa, in quanto intubata al reparto di terapia intensiva del San Marco. I suoi familiari, va da sé non l’hanno presa bene.

Il commissario Liberti minimizza, definendo a LiveCatania il caso «isolato e fortuito», un’(auto)assoluzione per un «errore» favorito anche da «un automatismo» creato dalle ultime regole nazionali, fissate dall’Iss e recepite da un recente Dpcm.

Eppure, come apprende La Sicilia da fonti qualificate dell’Asp, risultano diversi casi di “guariti immaginari”, fra i quali oltre una decina di altri pazienti tutti ricoverati (in rianimazione, in reparti Covid e in strutture a bassa intensità di cure) con sintomi. C’è anche una coppia di coniugi: lui ancora al Garibaldi, lei tornata a casa ma ancora con evidenti sintomi.

Ma, al di là della beffarda situazione – un misto fra Kafka e Molière – di vedersi dichiarare ex pazienti quando ancora si è in un letto d’ospedale, c’è un altro aspetto che non quadra. Ed è legato proprio alle regole Iss. Una circolare del direttore generale Giovanni Rezza prescrive che, in assenza di tampone negativo, l’interruzione dell’isolamento al 21° giorno è un criterio che va «modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e virologi/microbiologici, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate», con l’esplicita indicazione che «nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato». E, in ogni caso, l’ultimo tampone negativo (che manca fra i liberati etnei) è «raccomandato» nei casi di ex pazienti, o presunti tali, che «vivono o entrano in contatto regolarmente con soggetti fragili e/o a rischio complicanze».

E non è solo per questo che, al di là della suggestione ricoverati-guariti, il problema si pone anche in centinaia di casi meno clamorosi. «Per legge so che gli ultimi sette giorni senza sintomi. Mi aveva appena chiamato la dottoressa dell’Asp – ci racconta R. – ed era preoccupata per il fatto che avessi ancora tosse molto forte e continui mal di testa. E mi aveva detto: “Non la metto in fine isolamento, aspettiamo i risultati del tampone per vedere la carica virale”. Ma appena avevamo finito di parlare mi è arrivato il foglio di via libera. Io da un lato sono contenta, perché significa che mi posso spostare. Ma se dal tampone mi risulta una carica virale alta e io nel frattempo sono andata in giro, è da denuncia penale. Non basta il foglio di fine isolamento, mi mettano per iscritto che io con sintomi e senza aver fatto l’ultimo tampone negativo, e quindi senza conoscere la carica virale, posso andarmene in giro, al lavoro o a contatto con parenti anziani. Se no li denuncio tutti, faccio la terza guerra mondiale».

Succede a Catania che si passi dalla rivolta dei guariti reclusi in casa alla protesta dei malati che non vogliono essere liberati.

Twitter: @MarioBarresi

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA