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Nuova ondata Covid, la Sicilia prova a resistere: cosa aspettarsi dal Dpcm in vigore fino a Pasqua

Di Antonio Fiasconaro |

PALERMO – A un anno esatto dal primo caso di Covid-19 registrato in Sicilia, nella notte fra il 23 e il 24 febbraio del 2020, quello di una turista bergamasca di 66 anni in vacanza a Palermo con il marito, l’Isola si interroga su come sia stata affrontata l’epidemia e soprattutto come ci stiamo comportando per tentare, si spera, di uscire quanto prima dal tunnel.

La parola d’ordine è proteggersi e proteggere e, nello stesso tempo, cercare di contenere l’evoluzione del virus attraverso le eventuali varianti.

La curva epidemiologica ormai dallo scorso 17 febbraio sembra essersi stabilizzata, così come sta tenendo anche il tasso di positività. Le armi per cercare di reprimere sul nascere nuovi contagi rimangono sempre le stesse: l’isolamento dei focolai, la vaccinazione di massa e la protezione individuale: mascherina, distanziamento e la cura dell’igiene personale.

«Non c’è dubbio che la politica di rigore adottata dal presidente della Regione Nello Musumeci e dall’assessore alla Salute Ruggero Razza così come scientificamente suggerita dal Comitato tecnico scientifico con una durata di 3-4 settimane (quando eravamo in zona rossa e poi passati in arancione, ndr) sta producendo gli effetti sperati anche supportati da una puntuale campagna vaccinale. È altrettanto evidente che altre regioni che erano in giallo stanno declinando verso l’arancione, l’arancione scuro e il rosso», evidenzia il professore Cristoforo Pomara, ordinario di Medicina Legale all’Università di Catania e componente del Comitato tecnico scientifico della Regione tra i più accaniti sostenitore del lockdown per il contenimento dei casi.

«Fintanto che il sistema non è organico sul territorio nazionale e le decisioni si prendono per finestre di 7-15 giorni come fatto a livello nazionale e in altre regioni, sebbene i numeri tendano a decrescere – aggiunge Pomara – si assisterà ad un andamento sempre scostante. Difficile fare previsioni a livello regionale perché molto dipenderà dalla fornitura dei vaccini e solo da quella dacché la Sicilia ha dimostrato almeno fino ad oggi, di essere assolutamente in grado di gestire la campagna vaccinale».

Ma d’ora in poi quali possono essere i rischi? Cosa possiamo fare per proteggerci ancora di più? «Un dato è evidente quando cala il livello di occupazione dei reparti ospedalieri e delle terapie intensive cala il numero dei decessi a riprova che un letto non fa un medico! Il rischio dei cambi di colore e di passo ormai li conosciamo tutti: varianti virali che potrebbero vanificare l’azione dei vaccini e prolungare questa drammatica situazione. Il problema – aggiunge ancora il professore Cristoforo Pomara – non va affrontato a livello regionale ma nazionale con una seria programmazione. L’Inghilterra era partita malissimo, ha fatto ammenda dei propri errori e oggi ha dato un calendario preciso alla popolazione e alle attività commerciali per la uscita dal tunnel. Qui in Italia si introduce il tema economico per le scelte ma bisogna essere seri e concreti con il mondo economico: rischiare di continuare così per uno due anni o uscircene? Inoltre non faccio il politico né il decisore ma molti commercianti e imprenditori con i quali mi sono confrontato, mi hanno tutti detto le stesse cose: abbiamo bisogno di programmazione, non dovremmo pagare bollette o tasse visto che siamo chiusi e abbiamo bisogno di certezze. Come dargli torto».

A livello nazionale la situazione è differente. La variante inglese, a maggior diffusione, sarà presto prevalente. L’Rt si appresta a superare la soglia 1. Le terapie intensive in 5 regioni sono sopra la soglia critica del 30%. Con questi dati, «non ci sono le condizioni per allentare le misure di contrasto alla pandemia». E il nuovo Dpcm che entrerà in vigore dal 6 marzo, coprirà anche le vacanze di Pasqua, fino a martedì 6 aprile. E’ stato netto ieri il ministro della Salute Roberto Speranza nel ribadire al Parlamento la linea della prudenza, in continuità col Conte 2. Mentre il leader della Lega Matteo Salvini continua a reclamare «un cambio di passo» e nella maggioranza si allargano le richieste di riaperture serali di ristoranti ed altre attività. Per una definizione del Dpcm si attendono i dati del monitoraggio settimanale del venerdì ed il premier Mario Draghi tesse la sua tela europea in vista del Consiglio straordinario di domani e dopodomani.

Speranza offre però una prospettiva positiva: si vede «finalmente la luce in fondo al tunnel». Il Covid, grazie alla progressione della campagna vaccinale, «può essere arginato». Ma, avverte, «in questo ultimo miglio non possiamo assolutamente abbassare la guardia. Non ci sono oggi le condizioni epidemiologiche per allentare le misure di contrasto». Sottovalutare i rischi, dice il ministro, porterebbe ad «una nuova diffusione incontrollata del contagio, che metterebbe nuovamente in crisi i nostri ospedali e renderebbe più difficile la nostra campagna di vaccinazione». Ecco perchè, osserva, «sarebbe un grave errore se all’improvviso, senza una chiara evidenza scientifica», ci fosse un cedimento delle prescrizioni adottate. La strada è invece quella di continuare a differenziare le misure sul pano regionale, agendo in modo proporzionale alla situazione di contagio di ciascun territorio: strategia che «ci ha permesso finora di non ricorrere ad altri lockdown generalizzati».

Se la Sicilia continuerà quindi a mantenere la curva del contagio stabile e un Rt basso, potrà sperare di rimanere in zona gialla sebbene negli ultimi giorni è stata segnalata, da parte di cinque Regioni la necessità di 25 zone rosse per contenere focolai. Si tratta, evidenzia Speranza, di «misure restrittive indispensabili», pur nella consapevolezza che comporteranno sacrifici. In proposito il titolare della Salute ha assicurato che il Governo è impegnato a promuovere «congrui ristori» per le attività colpite. Ma la bussola nella scrittura del nuovo Dpcm sarà «il principio di tutela e salvaguardia del diritto fondamentale alla salute», perché «non ci può essere vera crescita, senza sicurezza sanitaria».

In Gazzetta Ufficiale, intanto, è stato pubblicato il decreto legge che proroga il divieto di spostamenti tra le regioni fino al 27 marzo, consentendo comunque «il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione». Le faq – non aggiornate – presenti sul sito del Governo precisano che anche le seconde case rientrano in questa definizione. Ma le ordinanze regionali o locali che hanno istituito le zone rosse o “arancione rafforzato” vietano questi spostamenti e dunque vanno rispettate perchè più restrittive delle norme nazionali.

Oggi Speranza e la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini, si confronteranno con Regioni, Province e Comuni sulle nuove misure da adottare.  Dai territori sale forte la richiesta di inserire nei provvedimenti anche i ristori per le attività economiche che vengono temporaneamente colpite dalle chiusure. L’apertura dei ristoranti a cena viene invocata dalla leader di FdI, Giorgia Meloni. Insiste sulla linea “aperturista” anche Matteo Salvini. Nessuna marcia indietro del governatore dem dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che ieri aveva appoggiato la posizione del leader leghista. Anche il sindaco di Firenze Dario Nardella, invita a riaprire i ristoranti la sera. Una speranza anche del governo Musumeci se la curva epidemiologica dovesse consentirlo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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